Il 24 Agosto scorso il centro Italia è stato colpito da un forte terremoto di magnitudo 6.0 e sul posto sono accorsi prontamente Vigili del Fuoco, Croce Rossa e Protezione Civile, ma anche le prime unità di aiuto psicologico, i volontari della SIPEM ( Società Italiana Psicologia dell’Emergenza).
Siamo portati a individuare le conseguenze dei grandi disastri nel danno economico e nell’impatto sulla salute dei superstiti, ma per quanto si tratti dell’approccio più diffuso, rimane riduttivo. Infatti, le calamità naturali, come appunto il terremoto, costituiscono un trauma per gli individui coinvolti che vedono compromessa la propria integrità, tanto sul piano fisico quanto su quello psicologico. Le reazioni da stress sono immediate e naturali, dal momento che gli individui si trovano di fronte ad una situazione nuova, inattesa, dolorosa e irreale, e rappresento inizialmente il tentativo un po’ maldestro della nostra psiche di proteggerci. Alla luce di ciò, gli interventi di sostegno psicologico devono essere programmati rapidamente per evitare che il disturbo acuto da stress (ASD) possa trasformarsi con il tempo in un disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
Il primo è caratterizzato da reazioni di paura intensa e possibili sintomi dissociativi, tra cui l’amnesia dissociativa, ovvero l’ incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma, accompagnato dallo sforzo del soggetto di evitare qualsiasi ricordo dell’evento. Il disturbo dura al minimo 2 giorni e al massimo 1 mese e si manifesta entro 4 settimane dall’evento traumatico. È in questa prima fase che l’intervento degli psicologi dell’emergenza è fondamentale per evitare l’insorgenza di disturbi più gravi. Circa dopo un mese dal trauma, infatti, vi è la possibilità che si presenti un disturbo post-traumatico da stress, ovvero quando le capacità di adattamento hanno fallito ed il trauma si ripresenta sotto forma di incubi e pensieri ricorrenti ed il soggetto si sforza di rimuovere ricordi del trauma. Le prime forme di assistenza psicologica sono fornite negli ospedali da campo e risulta fondamentale intervenire sulle fasce più deboli della popolazione, costituite da bambini e anziani, i quali rischiano di riportare danni a lungo termine. Risulta poi necessario aiutare i ricongiungimenti e nei casi di morte di persone care, i riconoscimenti.
Sebbene si tenda a pensare che i disturbi da stress interessino esclusivamente le vittime dell’evento disastroso, a soffrire della tensione e dei momenti difficili dell’emergenza sono anche i soccorritori. A causa del forte carico emotivo subito, vengono identificati come vittime di terzo livello e vanno pertanto sostenuti nel percorso rielaborazione e superamento del trauma.
L’ obiettivo degli psicologi dell’emergenza è quindi quello di cercare di normalizzare l’esperienza vissuta e fare in modo che tutte le persone possano riattivare le proprie risorse individuali, ristabilendo un propria idea di normalità ed equilibrio mediante interventi che garantiscano supporto ed ascolto, per evitare l’insorgenza di patologie psicosomatiche e psicologiche più gravi. In un secondo momento si lascerà spazio all’assistenza personalizzata, per permettere alle persone di avere tutti gli strumenti e le informazioni necessarie per fronteggiare ed elaborare i vissuti traumatici.
Le calamità naturali sono eventi in grado di minare le basi psicologiche delle persone coinvolte. Non lasciarle da sole ed offrire loro tutto il supporto possibile, sul piano fisico e psicologico, è quello che possiamo e dobbiamo fare: la ricostruzione inizia dalle persone.