Silvia Avallone parla di maternità in “Da dove la vita è perfetta”

“Da dove la vita è perfetta” è il nuovo libro di Silvia Avallone che, stavolta, parla di maternità con il suo inconfondibile stile e con una novità nella sua vita privata: sua figlia.

La scrittrice sceglie di raccontare parallelamente la storia di Adele e di Dora che, come scoprirà il lettore, per età e condizioni economiche-sociali diverse vivranno l’aspettativa e l’attesa di un figlio in modo disarmante, a tratti straziante e coinvolgente.

Se Adele è una diciasettenne rimasta incinta di Manuel, il ragazzo che ama e che l’ha abbandonata per far carriera nel mondo criminale, Dora è un’insegnante delle scuole superiori che ha scoperto insieme al marito Fabio di essere sterile e, volendo a tutti i costi un figlio, decide di avviare le procedure per l’adozione.

Il libro ruota intorno ad un’unica e sola domanda per entrambe le donne: “Quand’è che uno diventa genitore? Quando lo desidera, quando partorisce, quando lo esige e lo pretende?”

Per Adele e Dora, infatti, il rapporto prima con l’idea di diventare e dopo di fare la madre è complicato e vorticoso. Adele, nonostante abbia in grembo il frutto del suo amore per Manuel, preferisce credere durante la gravidanza di dare in adozione suo figlio perché vivere in un quartiere alla periferia di Bologna come il Lombriconi (inventato e disegnato dall’autrice) con una situazione familiare come quella personale con lei appena diciasettenne non è il meglio che possa desiderare per il nascituro.

Dal canto suo, Dora vive irrequieta l’impossibilità di un figlio tutto suo. Invidia le ex migliori amiche che sono madri, diventa iper possessiva con il marito Fabio rischiando di perderlo e trasforma il desiderio nell’ossessione di dover essere a tutti i costi una madre. “Stava tutta lì la differenza: nell’accanirti in quello che non ti riesce, nell’ostinartici giorno e notte, nello scegliere il difficile anziché il facile e ammazzartici sopra”, così l’autrice descrive il senso di frustrazione unito al desiderio insano di Dora.

Ma la vita riserva sempre delle sorprese ad entrambe le protagoniste tra ritorni, nuove conoscenze e miracoli umani. Adele incontra Zeno, il vicino di casa che la ama da sempre e che ha scritto su di lei un libro ma lei non lo sa, e riscopre cosa sia essere amici e amanti. Dora perdona sé stessa ed il suo Fabio e, quando sembra che non ci sia più speranza, arriva il lieto fine. Ma succede anche molto altro e spetta solo al lettore scoprire se la voglia di Dora di adottare un bambino coinciderà con quella di Adele di dare in adozione il nascituro.

Dopo il grande successo di “Acciaio” e “Marina Bellezza”, Silvia Avallone è tornata con un libro potente ed inequivocabilmente autentico.

La maternità come novità, desiderio, rinuncia, ossessione e rivalutazione della propria esistenza in un contesto in cui gli stessi personaggi del libro sono a loro volta orfani delle attenzioni e delle cure dei genitori e cercano, con tutte le loro forze, di trovare una soluzione ad un vuoto mai colmabile. Il tema della maternità è trattato in tutte le sue sfumature. Un vantaggio ed una privazione in una società che di rado riesce a declinarsi al futuro. La stessa Avallone nel libro scrive: “Forse era vero che vivevano in un’epoca e in un Paese in cui si nasceva così di rado, in cui non si faceva altro che invecchiare, ristagnare e avere paura, che un atto di fede come crescere ed educare un bambino, accettare la sfida del futuro, era diventato un gesto coraggioso. Quasi rivoluzionario”.

Il lettore apprezzerà come la Avallone ha preferito articolare la storia di Adele e Dora, senza confonderle mai e dando armonia ai contenuti, ai dialoghi e alle scene. L’autrice ha questo talento innato e solo suo di parlare della vita addentrandosi nei meandri più profondi e inconsci dei temi trattati, dando sempre al lettore un racconto concreto e realistico.

“Da dove la vita è perfetta” è un libro che parla dell’attesa della nascita e di come il dolore e la paura sono dei passaggi obbligatori per crescere e per scoprirsi madri.

Come ha scritto Silvia Avallone nel suo profilo Facebook: “La verità, quella che ho vissuto io, è che la maternità aggiunge, e non toglie, al lavoro. Vorrei che lo scoprissero in ogni azienda. Lo hanno ripetuto anche a me: con un figlio sarà difficile, non ce la farai, non scriverai più. E invece è accaduto che, dopo anni in cui avevo una marea di tempo e niente da dire, ho trovato l’energia, la determinazione e la voce. Questo romanzo per me è speciale, perché non lo avrei iniziato se non avessi provato una paura sterminata di partorire e di diventare genitore. Se non avessi sentito bruciare sulla mia pelle la domanda: Cosa vuol dire cominciare una famiglia? E non lo avrei continuato, né finito, se non avessi tenuto nella fascia, la testa sul petto, mia figlia. Le mani libere per martellare la tastiera, e il suo volto appena dischiuso, pieno di futuro, a darmi la carica per cercare una strada; a insegnarmi un rispetto nuovo per il dolore e le gioie dei miei personaggi. Non è stato facile, accendere il computer alle quattro del mattino. Allattare e buttare giù l’inizio di un capitolo. Tenere testa a una responsabilità da vertigine. Ma non conosco una sola cosa bella che sia anche facile, e per cui non sia necessario combattere”.

Noi di Social Up! non escludiamo possa diventare la sceneggiatura di un film e, sperando di non sbagliarci, vi auguriamo… Buona lettura!

“Da dove la vita è perfetta”, Silvia Avallone, Editore Rizzoli -Collana Scala Italiani, Pagg. 376, Prezzo: € 19,00

Sandy Sciuto