Sette prodotti utili per la produzione di biocarburante

Negli ultimi anni il settore dei biocarburanti e delle fonti energetiche ecosostenibili si è ritagliato uno spazio sempre più consistente, finendo per diventare oggetto di discussione nei più importanti accordi geopolitici internazionali.

Ancora oggi sono diverse le opinioni contrastanti che riguardano il corretto utilizzo di questa forma di energia pulita, poiché contrastanti sono anche i dati sulle effettive emissioni di anidride carbonica e sulla resa reale in termini energetici. Se da un lato il biocombustibile rappresenta un aiuto significativo per la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili estremamente dannosi per l’uomo e l’ambiente, dall’altro va a sottrarre spazio di terreno dedicato alle coltivazioni agricole per la produzione di alimenti, costituendo anche un pericolo gravoso a causa della continua deforestazione. Inoltre, il rapporto tra energia necessaria per la produzione di biocombustibile e quelle effettivamente resa disponibile non è sempre favorevole.

Grano, mais, bietola, soia e canna da zucchero sono solo alcuni degli elementi provenienti dalle biomasse e necessari per la produzione. Nonostante i vantaggi in termini di ecosostenibilità, i costi per l’approvvigionamento dei veicoli e delle attrezzature da impiegare per la conversione delle colture in energia utilizzabile non sono ancora a buon mercato. In questo articolo vi proponiamo sette tra le risorse più largamente impiegate per la realizzazione di biocarburanti.

Mais

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Il mais è il re indiscusso dei biocarburanti a base di etanolo; il cereale più diffuso tra quelli coltivati nel continente americano subisce la trasformazione degli zuccheri in etanolo tramite un processo che ricorda moltissimo quello impiegato per la produzione della birra. I chicchi vengono macinati e mescolati con acqua calda e lievito che consente la fermentazione della miscela per produrre etanolo, il quale viene successivamente mischiato con la benzina che alimenta i motori delle automobili.

Il risultato è una miscela estremamente green che limita le emissioni di monossido di carbonio, ossido di azoto e di zolfo; un vantaggio non indifferente che va a beneficio della riduzione dello smog nelle città. Il motivo per cui si utilizzano soltanto i chicchi è dovuto al fatto che il corpo principale della pianta si compone essenzialmente di cellulosa, difficile e costosa da lavorare.

Olio di colza/canola

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Il dibattutissimo olio di colza affonda le radici del proprio utilizzo intorno al 1200 quando veniva usato come olio da lampade per l’illuminazione delle strade nel nord dell’Europa. La prima apparizione in cucina si sviluppa nel XIX secolo, ma da sempre è considerato come un prodotto di scarsa qualità a causa dei suoi effetti negativi sulla salute umana, in particolare la tossicità sull’apparato cardiovascolare. Oggi l’olio di colza è considerato una fonte di biodiesel molto importante; nella fattispecie, si preferisce l’olio di canola (che si ricava dalla stessa pianta) per la sua minore concentrazione di acido erucico, pericoloso per animali ed esseri umani dal punto di vista alimentare.

È interessante notare come i biodiesel mostrino fatica a lavorare nei climi rigidi: gli oli vegetali, caratterizzati da acidi grassi saturi, tendono a consentire la formazione di cristalli di ghiaccio in condizioni di basse temperature, rendendo la vita difficile ai classici motori a combustione interna. Tuttavia, l’elevata concentrazione di olio all’interno dei semi rende la colza una pianta versatile e largamente impiegata per la produzione di biocarburanti.

Canna da zucchero

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La canna da zucchero viene tipicamente utilizzata per la produzione di bioetanolo, così come avviene per il mais. Il Brasile ricopre probabilmente la posizione di leadership del settore, a seguito dei numerosi investimenti che si sono susseguiti a partire dagli anni ‘80. Con l’aumentare dei prezzi del petrolio, il governo brasiliano ha incoraggiato ed incentivato gli agricoltori a piantare canne da zucchero, tanto da rendere questa soluzione più vantaggiosa della più comune benzina. La produzione di questa pianta è circa sei volte più economica rispetto a quella del mais.

Olio di palma

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Se dal punto di vista alimentare è stato detto di tutto e di più, dal punto di vista energetico è probabilmente meno noto che l’olio di palma è uno dei carburanti biodiesel più efficienti sul mercato odierno; basti pensare che i motori diesel non hanno bisogno di conversione per essere alimentati dall’olio di palma e che gli agenti inquinanti emessi sono minori di quelli della benzina.

Questo prodotto ha contribuito non poco a sviluppare le economie di alcuni Paesi del Sud-Est asiatico come Malesia e Indonesia; sviluppo tuttavia pagato a carissimo prezzo, dal momento che sono stati bruciati diversi acri di foresta per consentire la crescita delle piante.

Jatropha

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Questo arbusto perenne, velenoso e originario del Centro America ricopre un ruolo di fondamentale importanza nel mercato dei biocarburanti. Le piante crescono rapidamente, non richiedono una grande quantità di acqua e i loro semi hanno un contenuto di olio di circa il 40%.

Attualmente, l’India è il principale produttore mondiale: lo sviluppo di tecnologie basato su questa coltura ha portato diversi benefici economici per gli agricoltori. Le piante di jatropha possono infatti vivere per 50 anni e crescere adeguatamente anche in presenza di terreni devastati dalla siccità e dai parassiti. L’olio si ottiene schiacciando i semi della pianta per la produzione di biodiesel; i gusci possono anch’essi essere impiegati come fonte di biomassa vegetale per produrre combustibile.

Soia

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Non solo tofu, tacos, pastelli o shampoo. La soia può essere usata anche fonte di combustibile di qualità. Gli Stati Uniti basano la maggior parte della loro produzione di biodiesel sulla coltivazione della soia. Dai veicoli a motore fino agli autobus, questo prodotto riceve un larghissimo impiego sia nella sua forma pura che naturalmente in miscelazione con altri carburanti diesel tradizionali. La National Academy of Sciences afferma che il diesel di soia produce più energia dell’etanolo di mais.

Panico verga

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Il panico verga è un’erba delle stagioni calde ed è una delle specie dominanti delle praterie di erba alta nell’America del Nord; potenzialmente, si tratta di una pianta capace di curare con successo la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Rispetto al mais, la cellulosa presente nel panico verga usa meno energia per la conversione in etanolo e questo comporta rendimenti di produzione migliori.

Anche se non ci sono ancora grandi piantagioni di questa specie, sono diversi i ricercatori che si stanno cimentando nello sviluppo di metodi per sfruttare al meglio questa coltura. Alcuni studiosi dell’Università di Auburn, in Alabama, hanno stimato che ogni acro del raccolto consentirà la produzione di circa 4350 litri di etanolo ogni giorno.

Giuseppe Forte