Sasha Spesivtsev, il cannibale siberiano

Sasha Spesivtsev è un uomo di origini russe condannato per aver ucciso, mutilato e cannibalizzato 19 persone. La condanna è stata commutata con una pena a vita in un istituto psichiatrico perché è risultato affetto da problemi mentali. Sua madre Lyudmila è stata condannata a 13 anni di carcere per aver nascosto le sue vittime a casa, averle cucinate e averne mangiato i corpi assieme al figlio.

Se volessi riassumere il caso di Alexander Spesivtsev queste poche righe basterebbero a rendere l’idea, ma non a descrivere fino in fondo quali mostri siano state queste due persone.
Alexander Nikolayevich Spesivtsev è nato il 1 marzo del 1970 nella città siberiana di Novokuznetsk. La sua famiglia era tra le più povere della zona e viveva in una casa abusiva alla periferia della città, dove

Alexander crebbe segnato dal carattere violento del padre, che era solito picchiare e torturare tutta la famiglia.

Crescendo assunse il soprannome di Sasha e riuscì con la forza a cacciare il padre di casa: fino al 1991 probabilmente lui e sua madre Lyudmila vissero in tranquillità, anche se il ragazzo mostrò diverse volte atteggiamenti violenti che richiesero l’intervento delle autorità.

Quell’anno, dopo una furiosa lite, Sasha uccise la sua fidanzata sul pianerottolo di casa: si disse che era vittima di un forte stress per la situazione familiare e per non riuscire a trovare un lavoro; la morte della ragazza fu dovuta probabilmente alla caduta dalle scale e un amico avvocato riuscì ad ottenere che lui fosse curato in un istituto psichiatrico, dal quale venne liberato pochi mesi dopo.

Tornato nuovamente a casa, andò a vivere in un appartamento con la madre e un cane dobermann, descritto da molti vicini come aggressivo e molto pericoloso. Nonostante questo i vicini non avevano molto di cui lamentarsi dei due e Alexander veniva addirittura descritto come un intellettuale, addirittura autore di alcuni libri di filosofia.

Sasha e Lyudmila erano molto riservati e nessuno immaginava che il loro appartamento fosse una casa degli orrori. Il ragazzo e sua madre adescavano ragazzini, per lo più femmine, nei quartieri più poveri della città e alla stazione con la promessa di un po’ di cibo o di denaro in cambio di lavoretti; quei ragazzi non tornavano più a casa e nonostante più volte furono segnalate scomparse nei sobborghi di Novokuznetsk, si trattava di persone povere, per cui la polizia si limitava a indagini superficiali presto chiuse con un “nulla di fatto”.

Il sospetto che nella zona ci fosse un assassino seriale sorse nel 1995, quando cominciarono ad apparire parti di corpi umani sulle sponde fiume Aba, che correva vicino alla scuola dove abitavano Sasha e Lyudmila. Anche allora però le indagini si mossero a rilento perché le vittime erano tutti bambini poveri e trascurati dalle famiglie. Un secondo campanello d’allarme fu quello dei vicini che nel giugno di quell’anno lamentavano una musica assordante provenire dall’appartamento e un odore pestilenziale nei suoi pressi, ma anche in quel caso Sasha se la cavò denunciando la rottura di una tubatura delle fogne.

Ebbene, non ci crederete, ma sempre in quell’anno un passante notò un corpo nell’androne del palazzo dove abitavano i due macellai e nemmeno allora, quando fu rinvenuto il cadavere di una ragazza martoriata, la polizia andò ad indagare negli appartamenti dello stabile.

Solo l’anno successivo, quando ci fu davvero un guasto all’impianto idraulico del palazzo, si scoprì gli abomini di Sasha Spesivtsev. Due idraulici smontarono alcune tubature e scoprirono che erano otturate da pezzi di carne e ossa, che si rivelarono umane; il guasto iniziava al piano dove vivevano Sasha e la madre e fu naturale per le autorità indagare presentandosi alla loro porta.

Quel giorno Alexander Spesivtsev era sul balcone all’arrivo della polizia e riuscì a scappare sui tetti e dileguarsi; venne acciuffato qualche ora dopo mentre stava tentando di stuprare una donna nel suo appartamento, non molto lontano da casa sua.

Quando i poliziotti entrarono nell’appartamento si trovarono davanti ad una scena più spaventosa di un film horror: moltissime macchie di sangue coprivano le pareti, in cucina c’erano ciotole con pezzi di corpi umani e nella vasca da bagno un corpo mutilato e senza testa. Sul divano della sala da pranzo c’era distesa una ragazzina di 15 anni, Olga Galtseva, anche lei mutilata ma ancora viva; venne portata in un ospedale, dove morì dieci ore dopo a causa di decine di diverse coltellate allo stomaco. Nelle sue 10 ore di agonia in ospedale Olga riuscì a raccontare la sua esperienza e disse che lei insieme a due ragazze di 13 anni aveva aiutato la madre cannibale a portare le borse della spesa nell’appartamento. Venne promesso loro una piccola paghetta, ma una volta all’interno furono intrappolate da Sasha e tenute in una gabbia con a guardia un cane molto feroce.

Spesivtsev violentò e picchiò le tre ragazze, poi uccise il giorno stesso quella più “problematica” costringendo le altre due ad assistere e a tagliare il corpo della vittima in pezzi nella vasca da bagno. La madre Lyudmila cucinò alcune parti del corpo per la cena e costrinse lei e l’altra ragazza a mangiarle. Due giorni dopo la seconda ragazza è stata uccisa dal dobermann su ordine del ragazzo e quel giorno era il suo turno di morire.

Alexander e Lyudmila Spesivtsev vennero arrestati e finirono a processo, ma nuovamente la giustizia venne amministrata in maniera superficiale.

Nell’appartamento fu trovato un diario nel quale Sasha descrisse nel dettaglio la morte di 19 ragazze e si basò solo su quello e su alcuni resti ritrovati lungo il fiume e nelle tubatura del palazzo: la scusa fu che l’amministrazione locale non aveva fondi per pagare scavi in zona e anche se il procuratore Alexei Bugayets portò come prova almeno 80 vestiti insanguinati e i test stabilirono che erano tutti gruppi sanguigni diversi da quelli della famiglia di Spesivtsev, il processo fu ordito solo quelle 19 ragazze riportate sul diario del ragazzo.

Il russo 26enne Sasha Spesivtsev giustificò i suoi crimini dicendo che erano il punto da cui iniziare una guerra contro la società: quei bambini, nella loro povertà, danneggiavano la società e non avevano alcun futuro se non peggiorare le condizioni economiche del paese. Sua madre invece si ritirò in se stessa e non disse mai una parola dal momento del suo arresto fino alla fine del processo.

Spesivtsev venne giudicato colpevole di tutti e 19 gli omicidi e condannato a morte, ma il 5 ottobre 1999, in seguito ad una perizia psichiatrica, la pena fu commutata con una condanna a vita in un ospedale psichiatrico. Sua madre negò tutte le accuse, ma fu condannata al carcere a vita.

Oggi Alexander Spesivtsev trascorre tutto il suo tempo a scrivere poesie sui mali della democrazia. Già due volte ha cercato di vendere la sua testa ad un istituto scientifico perchè studi il suo cervello dopo la sua morte, ma ha chiesto di essere pagato in anticipo in sigarette.

redazione