Perché gli italiani non si meritano un governo come si deve

Crisi di governo italiano. E’ fatta. Dopo 84 giorni dalle elezioni del 4 marzo, l’Italia non ha ancora un governo e ieri, 27 maggio, il gioco è arrivato al “Torna alla casella start”. Anzi: a quanto pare, la scatola ormai è stata chiusa, i dadi messi da parte senza che si sia proclamato un vincitore. La giornata di ieri è stata molto tesa: tutto sembrava pronto per far salire a palazzo Chigi lo sconosciuto Conte per far partire il “Governo del Cambiamento”. La terza repubblica sarebbe partita da qui: la fine della partitocrazia, l’interesse per i “programmi” e non per le “poltrone” e l’affacciarsi di nuove forse politiche sullo scenario nazionale. Ma tutto è andato in fumo: chi ieri ha visto le dirette dal Quirinale, avrà notato un Giuseppe Conte molto teso (poverino: si sarebbe messo a piangere a dirotto per la tensione dal pulpito della Loggia d’Onore?), un Mentana molto scosso e un Mattarella molto molto corrucciato (nemmeno l’avesse svegliato il vicino alle 7.00 con le martellate…). Ma di chi è la colpa? Già: gli italiani, dalle riunioni di condominio ai palazzi del potere, sono abituati a puntare il dito su qualcuno, ma come hanno dimostrato questi 80 e passa giorni, spalare merda sugli altri non è che serva sempre a un granché. Oggi si meritano tutti, nessuno escluso, un sonoro “BEN VI STA!“.

Dopo la disfatta contro la Svezia, ora pure il governo ci mancava. Un anno nero. Certo è che una pagina di storia italiana ieri è stata scritta: un cambiamento c’è stato, ma – ahi noi! – non nel nostro Governo fantasma… Ma torniamo indietro di due, tre… sette mesi, nel giorno in cui Sergio Mattarella, lo stesso che ieri si è fatto carico di “un’iniziativa” nuova, ha firmato la legge n. 16 del 3/11/2017: questo maledetto Rosatellum. Non il massimo delle leggi elettorali, ammettiamolo. In fondo: cosa c’è di difficile a scrivere una legge elettorale, se è proprio grazie al ministro Calderoli che la sua legge era nota come “Porcellum”?

Tre forze politiche che non hanno raggiunto la maggioranza per poter governare: dalla sera del 4 marzo è iniziata un’odissea nella quale Ulisse non è arrivato mai ad Itaca… Forse ha scordato pure di imbarcarsi, visti i risultati…

Mattarella si è trovato fra le mani un nodo difficile – anzi: difficilissimo! – da sbrogliare: come mettere d’accordo un “ancien régime” con un “nouveau régime”? Il volere del Presidente era chiaro: far perno sul maggiore partito italiano (il Movimento 5 Stelle) e proporre un governo giallo-azzurro oppure giallo-DEM.

Un primo accordo sembrava essere raggiunto con l’elezione dei Presidenti delle Camere, Roberto Fico (l’ortodosso napoletano pentastellato) e Elisabetta Casellati (la fedelissima di Berlusconi). Ma poi sono iniziati i veti: M5S è arrivato a puttaneggiare, rinnegando quasi tutto quello che si erano proposti di dire, fare, baciare (vedi infra) in campagna elettorale e nella precedente legislatura; il centrodestra ha da sempre rivendicato il suo primato (risultati delle elezioni in mano, ma non in Parlamento) e il centrosinistra, dopo una sonora batosta elettorale, ha preferito uscire alla chetichella senza farsi vedere. Ma tutto sembrava pronto quando un piccolo, minuscolo spiraglio l’aveva offerto il Ministro-segretario-reggente Maurizio Martina del PD. Ma poi, sorpresa delle sorprese, Matteo Renzi ha rotto il silenzio a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio su La7. L’ex-premier che, piaccia o non piaccia, era già pronto con i pop corn? Niente da fare: chiusa una porta… se ne è chiusa un’altra.

Mattarella non aveva scelta: “Governo neutrale”… Ovvero? Insomma: per addolcire la pillola, Mattarella aveva preso “fischi” per “fiaschi” e “Roma” per “Toma”: “Governo neutrale” è stato letto da tutti, grandi e piccini, come sinonimo di “Governo tecnico”. La conclusione è una sola e solo questa: l’ombra di Monti e della Fornero incombono di nuovo sull’Italia. Tasse, riforme, pensioni, tagli in mano a professoroni ed economisti.

Poteva essere questa la soluzione finale? Certo che no! Proprio quando Mattarella aveva intenzione di nominare Elisabetta Belloni come primo Presidente del consiglio donna nella storia della Repubblica, il bacio giallo-verde sancisce ufficialmente le nozze fra Lega e 5 Stelle. Un bacio alla Breznev-Honecker. In fondo, Dmitri Vrubel ci avvertiva per i comunisti della Guerra Fredda: “Mio Dio, aiutami a sopravvivere a quest’amore mortale”.

L’ultima spiaggia: Mentana e Mattarella ormai sono esausti. Maratone televisive e giri di consultazioni no-stop lasciano tutti quanti col fiato sul collo. Voto on-line e gazebo per votare il programma di governo, vertici sempre più fitti di giorno in giorno, persino “incontri segreti”, scappatelle fra Teo e Gigi che come due innamorati sembravano vedersi all’oscuro dei loro genitori, come hanno voluto propinarceli i giornali. “Oh! Di Maio, Di Maio! Perché sei tu, Di Maio?”.

Ma proprio come per Romeo e Giulietta, la fine non è stata idillica. Azzardiamo a dire tragica? E così siamo tornati al punto di partenza. La giornata di ieri è stata elettrizzante, in senso ovviamente negativo, e in serata sono arrivate notizie a frotte, prima fra tutte l’immediata convocazione per oggi dell’economista Carlo Cottarelli al Colle che apre di nuovo la finestra del “Governo tecnico” e, forse quella che più ha scosso, la notizia dell’impeachment  per il Presidente della Repubblica (perfino Wikipedia è già aggiornata: controllate pure. ndr). Impeachment, lo ricordiamo, che è l’accusa per un’alta carica dello stato di essere andato contro la legge durante il suo mandato. Casus belli è stato un nome: Paolo Savona, il ministro dell’economia designato dal governo Conte-Di Maio-Salvini, che è stato respinto in pieno dal Colle. Troncata sul nascere la XVIII legislatura?

L’Italia oggi si è svegliata spaccata in due. Una parte schierata con Mattarella che, da buon costituzionalista, ex-ministro, ex-giudice della Corte Costituzionale ha rispettato i dettami della nostra Costituzione. E’ in fondo l’articolo 92 della Costituzione italiana, secondo comma, che recita

“Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i ministri”

E’ in fondo il Presidente della Repubblica a nominare i Ministri, a farsi “garante” del Governo. “Ho condiviso e accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell’Economia. La designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari. Ho chiesto, per quel ministero, l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma”. Questa è una parte dell’intenso, nonché meticoloso discorso che ieri intorno alle 20.00 Mattarella ha rilasciato dopo il colloquio col non-più-premier Giuseppe Conte.

Poi c’è chi invoca l’impeachment, che causerebbe (prevedibilmente) le dimissioni del Presidente della Repubblica. Chi lo richiede si appella all’articolo 90 della Costituzione:

“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”

Ma che cosa vuol dire che il presidente “non è responsabile”, salvo che per alto tradimento o per violazione della Costituzione? A dire il vero questo è stato un nodo difficile da districare persino per i padri costituenti: il Presidente non può essere inviolabile. Per questo la tendenza è quella di non attribuire “responsabilità politiche” alle scelte fatte durante il suo mandato (qui la fonte). Da ieri sera, M5S e Fratelli d’Italia hanno detto che voteranno a favore, in nome delle famose parole: “La sovranità appartiene al popolo“.

Ma ne siamo proprio sicuri? Tutti dimentichiamo l’intero comma 2 del primo articolo: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione“.

Insomma: la situazione non è certamente delle migliori. Pur non analizzando la questione al livello di importanti politologi, è evidente così al dirigente d’azienda più esperto come al contadino più scemo che qualcosa ha ingranato decisamente male… Troppe sono le cose che non funzionano – e che continuano a non funzionare – in questa monca legislatura. In primo luogo, una legge elettorale “che peggio di noi solo l’Uganda” (chi ha orecchie per intendere, intenda). Una legge che non ha garantito né vinti né vincitori. In secondo luogo, l’imperante presenza dei soliti, storici politici, capi di governo attorno ai quali ha ruotato la storia dei vinti e dei vincitori: Berlusconi e Renzi in pole position. In terzo luogo, la scelta della cosiddetta “figura terza”, forse troppo debole per subire le pressioni di un mondo a lui fiabesco e sconosciuto? Non perché non sia stato “un-premier-eletto-dal-popolo”: si badi bene che questa figura mitologica non esiste perché il Presidente del Consiglio non è eletto direttamente dal popolo. Ma non apriamo, per amor di Dio, questa parentesi… Siamo già abbastanza alla deriva.

Come abbiamo detto, il “cambiamento” c’è stato (forse?), ma fuori da questo inesistente Governo. Forse l’impeachment vorrebbe scrostar via l’ultimo residuo dell’amministrazione Renzi? Oppure non si riesce a vedere la trasparenza di un capo di stato imparziale? E se le tante pretese di Mattarella avessero voluto come compensare la sua disponibilità ad un iter legislativo insolito e mai visto, pur di dare un governo al paese? Della serie: “Avete fatto il cazzo che avete voluto, ma ora vi chiedo una sola cosa”.

Eppure Mattarella lo ha detto nel suo discorso: “Nessuno può, dunque, sostenere che io abbia ostacolato la formazione del governo che viene definito del cambiamento. Al contrario, ho accompagnato, con grande collaborazione, questo tentativo”. Ascoltatelo tutto qui, vale la pena per farsi un’idea su quello che ci sta succedendo…

Non parliamo poi delle borse e dei titoloni sulle maggiori testate della giornata di oggi. Chissà che ci attende: i giornali oggi avranno pane di che nutrirsi. Non che non l’abbiano avuto nei giorni passati: avranno solo più carne al fuoco… Si è infatti detto di tutto su un governo che, se lo si può dire, è stato un aborto: un qualcosa che ha preso forma nel grembo materno, ma che è stato sputato fuori prima del nascere. Che come un aborto, si è voluto battezzarlo prima del tempo, senza nemmeno sapere se il nascituro fosse maschio o femmina. E magari c’è stata gente che aveva già comprato i vestitini. L’unico presidente possibile è stato Godot. Mussolini – o forse Giolitti, l’attribuzione della frase è incerta – diceva che “Governare gli italiani non è difficile, è inutile“. Stoltezza o lungimiranza? Irriverenza o dato di fatto? Preoccupante o preoccupantemente vero? Sembra piuttosto la solita manfrina ciceroniana di “Historia magistra vitae”… Ai posteri l’ardua sentenza, dunque. Anzi: alle prossime elezioni

Ma una cosa è certa: pur spaccata in due sulla questione della decisione di Mattarella, l’Italia si trova unita sul volere al più presto un governo che lavori a pieno regime. E tutto questo conterà nelle prossime elezioni, eccome se conterà. Il disegno politico dell’Italia, a partire da oggi, non potrà che cambiare… E se fosse questo il cambiamento che tanto si aspettavano i nostri piccoli grandi leader? Essere ancorati ai sempiterni ideali di destra o sinistra oppure buttarsi nel “nuovo”, quello che nei paragrafi iniziali ho chiamato “nouveau régime”, ancora informe e plastico? Speriamo solo non gli si dia la forma di un pene gigante…

Andrea Colore