L’occhio del satellite svela i segreti della Via della Seta

A quanto pare non solo l’archeologia in senso stretto è capace di ricostruire i movimenti degli antichi mercanti della Via della Seta. I rilevamenti satellitari potrebbero rappresentare un nuovo e potente mezzo per ricostruire gli itinerari delle carovane che percorrevano la lunga via che collegava l’Europa con l’Asia.

Andiamo per gradi. Innanzi tutto, non dobbiamo immaginare la via della seta come una vera e propria strada lastricata simile a quelle attuali.  Infatti, con il termine Via della Seta non ci si riferisce ad un unico, grande itinerario lineare, bensì al reticolo di vie (terrestri, marine e fluviali), per un totale di ben 8000 km, che collegava gli antichi imperi cinese e romano nei traffici di preziosi tessuti e spezie provenienti dall’estremo Oriente, altrimenti irrecuperabili in Occidente. Per quanto oggi siamo soliti chiamarla “via”, in realtà esistevano molte “vie” per raggiungere la Cina.

Gli scavi archeologici hanno permesso di ricostruire a grandi linee i tragitti, ma come questi si siano originati è tutt’oggi incerto. Un modo per riuscire a rispondere ad alcuni dei quesiti dell’archeologia potrebbe esserci e la risposta arriva dalla geografia satellitare. Grazie agli studi della Washington University di St. Louis e della University Collage di Londra è stato possibile mostrare una correlazione fra i siti archeologici e i movimenti dei mandriani nomadi delle steppe asiatiche.

Sembra, infatti, che gli antichi mandriani seguissero gli schemi di transumanza attuali, cosa che ha fatto supporre agli scienziati che il pascolo degli animali, nell’antichità come nella modernità, avesse qualche relazione con la via della seta. Come si è giunti ha scoprirlo? I ricercatori hanno utilizzato un software GIS (Geographic Information Systems) per sondare il territorio sulla base delle immagini raccolte dal satellite. I dati satellitari hanno rilevato la copertura vegetale di una vasta area che ricopre l’Eurasia. Paragonando le posizioni dei siti archeologici con l’area occupata dalla vegetazione, i ricercatori hanno rilevato che la posizione delle zone adibite al pascolo è rimasta pressoché la stessa anche dopo 4000 anni! Che cosa significa tutto ciò? Lo spostamento delle mandrie è strettamente collegato alla collocazione dei siti archeologici della Via della Seta. Probabilmente, gli allevatori asiatici dell’antichità hanno contribuito, con i propri spostamenti alla ricerca di pascoli verdi, a tracciare percorsi ben precisi, aprendo la strada allo sviluppo di itinerari per la comunicazione fra Europa e Asia. Quelle strade disegnate dall’abitudine dei pastori nel condurre le mandrie ai pascoli, secondo la via più breve, si sono rivelate poi responsabili di molta ricchezza, definendo così le connessioni fra Oriente e Occidente.

Lo studio rappresenta un passo avanti nella ricerca della ricostruzione delle antiche vie commerciali, attraverso non solo strumenti archeologici, ma anche più tecnologici, come l’analisi areale che può permettere di capire molto di più di quanto conosciamo sull’economia pastorale delle popolazioni dell’antichità. L’idea di utilizzare i satelliti per osservare le tracce macroscopiche lasciate dalla Via della Seta non è nuova, tanto che anche l’Italia contribuisce a questi studi fin dal 2013. La novità risiede nella scoperta del ruolo importante svolto dai pastori nomadi nel tracciare quella che è conosciuta come una delle più grandi vie commerciali di tutti i tempi.