Olimpiadi di Rio: l’altra faccia della medaglia

Ad ormai poco più che una settimana dalla chiusura dei giochi olimpici ospitati nella città brasiliana di Rio de Janeiro, si contano i danni e si cerca di fare amaramente i conti con tutto ciò che, vuoi per pigrizia o per cattiva informazione o semplicemente per questioni di priorità da palcoscenico, è passato in secondo piano restando tristemente nell’ombra. Atila Roque, direttore generale di Amnesty International Brasile, ha affermato in una nota: “Il Brasile ha perso la più importante medaglia di Rio 2016: diventare campione dei diritti umani”. Ma come è mai possibile che per ben 17 giorni di durata dei giochi ci siamo limitati a concentrarci solamente sulla vittoria dei nostri campioni e su quante medaglie avrebbe incassato la nostra amata patria?

Secondo l’Organizzazione dei diritti umani, durante lo svolgimento delle Olimpiadi a Rio sono state uccise almeno 8 persone nel corso di operazioni di polizia e di manifestazioni pacifiche duramente represse anche mediante l’utilizzo di gas lacrimogeni e granate stordenti. Senza contare il fatto che diverse persone sono state arrestate o allontanate dagli impianti sportivi per il mero fatto d’indossare magliette su cui erano scritti messaggi di protesta. Tutto questo è possibile da quando, nel marzo 2016, l’allora presidente Dilma Roussef, poi messa in stato d’accusa per impeachment, ha firmato una legge antiterrorismo dai contenuti tanto vaghi da lasciare alta la possibilità che venisse applicata anche a manifestanti e attivisti pacifici.

Ma non è tutto. Mentre Rio si preparava ad accogliere il mondo intero, solo nel 2016 si stima che le uccisioni ad opera della polizia sono aumentate di mese in mese. Secondo l‘Istituto per la pubblica sicurezza dello stato di Rio de Janeiro, in città la polizia ha ucciso 35 persone ad aprile, 40 a maggio e 49 a giugno, con una media sempre superiore ad un omicidio al giorno. Attraverso l’uso di CrossFire, l’app lanciata da Amnesty International che raccoglie segnalazioni di sparatorie e di violenza armata della città di Rio, si sono registrate nel solo mese di luglio 756 sparatorie con 51 morti, mentre nel periodo dei giochi olimpici si è dovuti assistere a circa 59 scontri a fuoco, in media quasi 8 e mezzo al giorno. “L’app CrossFire raccoglie in una mappa ciò che migliaia di persone soffre ogni giorno nelle comunità di tutta Rio de Janeiro. E’ ora che le autorità brasiliane intraprendano azioni concrete evitando di concentrarsi su operazioni di polizia pesantemente armate e promuovendo invece politiche di sicurezza pubblica volte a proteggere tutti“, ha affermato Renata Neder, Human Rights Advisor di Amnesty International.

Purtroppo sembra quasi che il Brasile abbia appreso poco dagli errori commessi nel passato in tema di sicurezza pubblica: basti pensare che nel 2014, anno della Coppa del Mondo, hanno perso la vita 60.000 persone. Quando nel 2009 vennero assegnate le Olimpiadi del 2016, le autorità di Rio si impegnarono a garantire massima sicurezza per tutti ma, da allora, nella città si registrò un notevole incremento di uccisioni che coinvolse circa 2500 persone. Se la falla principale sembra investire il settore della pubblica sicurezza, allo stesso tempo anche i poliziotti pare abbiano paura: su circa 30 agenti intervistati, è emerso che molti di loro sono ormai avvezzi ad esecuzioni extragiudiziali, ritrovandosi così ad insabbiare delitti e subire intimidazioni di ogni tipo. Così, nonostante i numerosi appelli e denunce alle organizzazioni internazionali e alle autorità locali, sembrerebbe proprio che dei valori dell’antica tradizione sportiva sia rimasto ben poco.

Erminia Lorito