Netflix punta su “To the bone” per parlare di anoressia

“To the bone” è la nuova scommessa di Netflix che negli ultimi mesi ha promosso progetti cinematografici con l’intento di sensibilizzare i fruitori su tematiche importanti mostrandosi socialmente attiva e interessata a far conoscere aspetti dell’essere umano, talvolta veri e propri tabù.

Il film “To the bone” è stato scritto e diretto da Marti Noxon per la quale è il primo lavoro da regista.

La pellicola in 107 minuti racconta la storia di Ellen, ragazza affetta da una grave forma di anoressia fin da adolescente. Nonostante le innumerevoli cure e i molti medici consultati, Ellen non ha mai dato margine di miglioramento o di guarigione. Intanto, la sua vita ha subìto ripercussioni. La madre si scopre lesbica e va a vivere con una nuova compagna ed il padre trova una nuova donna ed Ellen ha una nuova sorellastra. I cambiamenti avvenuti nella sua famiglia condizionano la “crescita” di Ellen che inevitabilmente soffre per la rottura tra i suoi, per come abbiano costruito nuovi rapporti familiari e per come sono egoisti ed incapaci di comunicare con lei. Da qui l’anoressia come problema e come difesa da una vita che per Ellen non merita di essere vissuta, così come meriterebbe con le gioie e le sconfitte. La nuova moglie del padre, così, decide di mandarla in una casa famiglia per giovani problematici, curati e seguiti dal Dr. William Beckham che non adopera metodi tradizionali. Ellen, se prima è diffidente, in seguito, aprendosi, scoprirà l’essenziale: voler bene a se stessi, dar valore alla vita e amare chi ci dimostra amore.

Il film non avrebbe reso allo stesso modo senza la regista e l’attrice protagonista che hanno sconfitto nella vita reale l’anoressia e senza un cast d’eccellenza.

L’esperienza personale della Noxon e di Lily Collins regalano intensità e realismo alla storia, curata nei minimi dettagli. Chi ha solo sentito parlare dell’anoressia, conoscerà come un disturbo alimentare porti ad escogitare piani per perdere peso o smaltire il cibo ingerito. Lo spettatore, però, farà pure i conti con la certezza che l’anoressia si manifesta quando subentrano problemi relazionali, interiori dai quali non si è capaci di difendersi preferendo soccombere. Per il modo in cui la regista ha scelto di raccontare il dramma dell’anoressia, molte sono state le polemiche sia negli USA sia oltreoceano. In verità, la Noxon ha fatto una scelta coerente con quanto ha vissuto e con gli intenti alla base del film perché senza mezzi termini ha spiegato l’anoressia per ciò che è e come, però, si possa rinascere partendo prima da sé stessi. I dettagli su come cambia il fisico, sull’incapacità di portare avanti una gravidanza o sull’impossibilità di innamorarsi perché deboli, arricchiscono la pellicola e danno senso e dignità al progetto cinematografico.

Il cast vanta la presenza non solo, come già accennato, di Lily Collins nel ruolo di Ellen, ma anche di Alex Shepard che interpreta Luke, Keanu Reeves come Dott. Beckam e Carrie Preston nel ruolo della compagna del padre di Ellen.

Grande prova di recitazione sia per la Collins che per l’interpretazione ha dovuto perdere peso sapendo manifestare disagio e difficoltà del personaggio con i suoi occhi magnetici e per Keanu Reeves, certezza di talento nel panorama cinematografico internazionale, che non si è risparmiato regalando un Dott. Beckam professionale, comprensivo e lungimirante.

Netflix, ancora una volta,  punta sul sociale trattando il problema dei disturbi alimentari attraverso un film non superficiale, ben equilibrato e soprattutto attento a lanciare il giusto messaggio: “La vita è il più grande tesoro. Possiedila!”

Buona visione!

Sandy Sciuto