Essere una modella è un inferno

Non lasciatevi ingannare da quella espressione sicura, quando le modelle sfilano tengono dentro di sé molto dolore, molta sofferenza frutto di quel lavoro che non si consuma in una camminata in passerella. Dietro c’è molto di più.

Otto grandi agenzie mondiali che curano gli interessi delle modelle stanno per finire davanti ai giudici a causa di una serie di indiscrezioni che sono trapelate su questo difficile mondo. Quando si parla infatti di questa professione così complessa, bisogna mettere in conto che abusi sessuali, la pressione di sottoporsi a interventi di chirurgia estetica e numerosi disturbi alimentari possano essere all’ordine del giorno.

Questa prassi è stata evidenziata da diverse modelle che stanche dell’eccessiva pressione hanno deciso di vuotare il sacco, fare causa ad agenzie internazionali di calibro notevole quali a Wilhelmina Models, Wilhelmina Models International Elite, Click, MC2 Model and Talent Miami, MC2, Next e Major Model Management. Le “bambole della moda” hanno affermato di aver vissuto un periodo terribile successivanente alla firma del contratto che le legava a queste agenzie e questo le ha spinte a prendere delle misure drastiche, decidendo di raccontare ciò che hanno vissuto.

Le coraggiose modelle che hanno intrapreso questa feroce battaglia sono Louisa Raske,   35enne che per prima ha denunciato l’utilizzo improprio della sua immagine senza i doverosi compensi.
Dopo di lei Rachel Blais che ha affermato di essere stata indotta ad una liposuzione perché “troppo grassa”: “Ecco come ti indebitano” – ha dichiarato alla stampa – “Prima ti chiedono di fare un intervento, lo pagano loro, poi però devi restituirgli l’intera somma. Quando ho rifiutato mi hanno dato una lista di fotografi con i quali sarei dovuta andare a letto“. A seguire anche Carolyn Fear, oggi 46enne, e Lorelei Shellist, 57enne, ex modella la quale ha ricordato quando posava e viveva in un appartamento fuori Parigi di proprietà di John Casablancas, il fondatore dell’agenzia Elite: “Nell’appartamento eravamo cinque modelle e ricordo che un giorno si presentò con una ragazza svedese di 15 anni. Si chiusero in camera da letto e ne uscirono un’ora dopo. Quella ragazza lavorò moltissimo da quel momento“.

Le accuse che hanno mosso nei confronti delle agenzie sopracitate sono l’aver eluso diverse leggi che regolano la professione da loro esercitata e che li ha quindi portati a risparmiare migliaia di dollari dai loro stipendi annotandole come false “spese”, addebiti esorbitanti per gli appartamenti presi in affitto, pagamenti ritardati o mancati e alto ancora.

Sembra abbastanza ovvio che immediatamente le agenzie hanno risposto affermando che i compendi impartiti rispettano le leggi e le prestazioni delle quattro modelle. Nasce la polemica e il mondo glitterato della moda ha dovuto subire l’ennesimo profondo attacco; un caos mediatico non indifferente che fa tremare ancora una volta il fashion system da sempre accusato di non rispettare le modelle che entrano a farne parte. Anoressia, bulimia, stress, ansia da prestazione, sopraffazione psicologica sono solo alcuni dei problemi che centinaia di ragazze devono subire, solo per realizzare quel piccolo sogno nel cassetto e sfilare indossando un meraviglioso vestito. Ma ne vale veramente la pena?

Andrea Calabrò