Moby Dick alla prova: fino al 6 febbraio al Teatro Elfo di Milano

Tratto dall’omonimo testo teatrale di Orson Wells, Moby Dick alla prova, per la regia di Elio De Capitani, è in scena al Teatro Elfo Puccini fino al 6 febbraio. Si tratta di uno spettacolo audace, che per la prima volta porta a teatro in Italia l’adattamento di Orson Welles della celebre opera “Moby Dick” di Herman Melville

Il motore iniziale della narrazione drammatica è di stampo meta-teatrale. Può una compagnia teatrale mettere in scena il Moby Dick, pur avendo modeste possibilità nell’utilizzare effetti speciali scenici? E il risultato finale potrebbe forse essere paragonabile ai grandi classici teatrali come le opere di Shakespeare? Queste domande animano i dubbi della compagnia protagonista dello spettacolo. Sono attori che interpretano altri attori, alle prese con un esperimento a dir poco difficile…almeno sulla carta. Il “capo” degli interpreti (Elio De Capitani), che rivestirà il ruolo del capitano Achab, li sprona a provare, anche se non si sa se lo spettacolo andrà mai in scena…

Era il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra, quando Welles andò in scena con questo spettacolo. Dai toni drammatici, lirici, epici, Moby Dick alla prova mira a scatenare la potenza del testo di Melville, focalizzandosi sulla fatidica domanda che accomuna tutti coloro che si sono avvicinati a tale opera.

 La nave e il palco come metafore della follia di Achab

Cosa rappresenta la Balena Bianca per il capitano Achab? E prima ancora: Chi è davvero Achab? E’ un demone destinato a trascinare tutti con sé nel naufragio, o forse è un capitano dal “cuore buono” che, una volta conosciuto  il Moby Dick, il capodoglio bianco che distrugge le navi con sadica malvagità, non può più tirarsi indietro dall’ossessione di ucciderlo?

La sua ossessione è talmente accentuata da plasmare e modellare quella dell’intera ciurma del Pequod. Il regista ci mostra visivamente questa progressiva adesione alla follia di Achab. Lo fa in diversi modi. Innanzitutto tramite delle maschere oscure e inquietanti, che vengono indossate e tolte continuamente dai membri della ciurma sul palco. La maschera rappresenta la spersonalizzazione di ognuno nella forsennata e folle caccia alla balena. Chi la toglie, a tratti, cerca di sottrarsi come Starbuck (ben interpretato da Marco Bonadei), ma è infine inghiottito dall’ossessione di affrontare la personificazione del male (Moby Dick).

Allo stesso modo Elio De capitani, tramite le musiche, i cori marinareschi, le luci, riproduce sul palco l’atmosfera malsana e l’attrazione verso la follia. Con pochi mezzi (scale, tendaggi, una sedia da barbiere) il palco si trasforma in una nave “fantasma”, quasi fosse un circo degli orrori. L’equipaggio (interpretato da Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile), non è che un’estensione (più o meno consapevole) dei dilemmi che affliggono la mente e il corpo, segnati da cicatrici, di Achab. 

Tensione, alta intensità ed effetti speciali “a sorpresa”

Emblematica è in tal senso l’attrazione di Achab verso la follia del piccolo Pip (Giulia Viana), il quale ha smarrito se stesso in mare, dopo essere caduto dalla nave tempo addietro. Il capitano lo accudisce come un figlio, come se si trattasse di un padre che si prende cura con affetto una parte della sua follia (lo fa entrare nella sua cabina, luogo proibito a tutti gli altri).

Con abilità il regista riesce a rendere bene sulla scena la metafora per cui  è come se la nave fosse la mente di Achab e con essa anche il Moby Dick, il lato oscuro dell’uomo, che è ricercato, cacciato e nutrito dal capitano del Pequod tramite idee persecuotorie ed ossessive sul mostro. L’accanimento di Achab verso la balena e della balena verso le navi da lei incrociate sono entrambe parte della stessa medaglia così come il desiderio distruttivo che può albergare in ogni uomo e che può portare a terribili crudeltà.

Lo spettacolo “Moby Dick alla prova” crea continuamente questa tensione sullo spettatore, crescendo progressivamente di intensità, fino avvolgere i presenti nel catartico finale, reso attraverso un sapiente uso di tendaggi scenici, che dal rappresentare inizialmente delle  vele agitate dal vento, diventano poi esse stesse il Moby Dick, che ingloba ogni cosa. Emozionante, il finale è davvero d’impatto sullo spettatore, che non si aspettava grandi effetti speciali (date le premesse degli stessi attori), ma è invece travolto dal materializzarsi improvviso dalla sagoma ciclopica di una immaginaria bestia multiforme, che svetta invadendo il palco, come un mare in tempesta che torreggia sugli spettatori.

Un Moby Dick tra meta-teatro e dramma

Purtroppo non abbiamo potuto godere dell’accompagnamento musicale.  Non erano infatti presenti i musicisti, causa covid. Questo ha un po’ limitato la nostra visione dello spettacolo, perché, probabilmente le musiche avrebbero stemperato l’atmosfera tesa, che è in linea con l’argomento trattato, ma che, a tratti, soprattutto all’inizio del secondo tempo, si fa sentire sugli spettatori. La musica avrebbe probabilmente riempito i silenzi e vivacizzato i canti.

 Forse, ma probabilmente è in linea con il testo di Welles, manca un po’ il senso dell’avventura, che è caratteristico dell’opera di Melville: in cui ad una forte componente lirica (ampiamente sfruttata nell’adattamento teatrale) si accompagna anche la descrizione dello spirito di solidarietà dei marinai, del desiderio di libertà tra i mari, del coraggio sprezzante del pericolo (ad esempio quello di Queequeg, personaggio che viene citato ma non è fondamentale nella narrazione teatrale). Anche l’attacco con le lance, seppure ben reso, ha quasi esclusivamente una carica di esaltazione mortifera, che di altro tipo, ad esempio ascrivibile all’entusiasmo dell’avventura per mare.

Moby Dick alla prova è quindi fortemente incentrato sul dramma. Una rappresentazione originale e coinvolgente, che lascia gli spettatori profondamente scossi per la sua intensità. Ottime le interpretazioni: a partire da quella memorabile di Achab (Elio De Capitani). Molto convincente il personaggio di Elia, un folle marinaio, la cui figura enigmatica e ombrosa scoraggia fin da subito il giovane Ismael, imbarcatosi sul Pequod. Inevitabile il riferimento al Covid 19, una bestia nera, implacabile come potrebbe esserlo Moby Dick. Lo spettacolo è dedicato alla memoria di Gigi Dall’Aglio, attore, regista, maieuta, grande amico e compagno d’arte del regista e del Teatro ‘Elfo Puccini, scomparso proprio a causa del corona virus.

Da notare come Elio De Capitani, come Orson Welles, interpreti anche Padre Mapple: lo stesso ruolo fu ricoperto dal Welles nello splendido film di John Huston del 1956 Moby Dick, la balena bianca.

@quinlan Orson Welles nei panni di padre Mapple nel film di Huston del 1956

 

 

Francesco Bellia