Mamma, perché non ho il tuo cognome

“Mamma, perché non ho il tuo cognome? Raccontalo a zio Benny

“Caro zio Benny, vorrei porti la domanda che mia figlia ha fatto a me: -Perché i figli non hanno il cognome uguale alle mamme?-
Non so spiegarti cosa l’abbia indotta a rifletterci. Eravamo sul divano a guardare l’Amica geniale e in quel momento la trama si è soffermata sulle non poche difficoltà di Lila nel crescere il suo bambino. Suppongo sia stata proprio la trama narrativa a innescare l’interrogativo di mia figlia, ma la sua domanda è cascata a pennello. Non pensavo neppure stesse seguendo il telefilm con così tanta attenzione. Ciò che è peggio è che io sono rimasta lì come una scema, perché seriamente non sapevo come risponderle. Queste domande ti inducono a riflettere su come i bambini vedono le cose per come sono e non per come ci hanno “abituati” a vederle.
Annarita.”

Ciao Annarita,
se mai un giorno, mia figlia, dovesse rivolgermi una domanda del genere, inizierei a piangere… E non per una canzone di Elisa, ma perché ciò sarebbe testimonianza del mio buon lavoro come genitore.

Il quesito che ti ha “giustamente” messo in difficoltà, fa trapelare, un elemento molto importante. In tua figlia esiste un’ottima base di senso critico su cui poter lavorare. Potrebbe, un giorno, diventare un’adulta pensante della società in cui vive. Mica è cosa da niente!

Certo se ti avesse chiesto di come i fattori ereditari influiscono sul genoma umano, avresti potuto pensare che in lei si sia reincarnato lo spirito della Montalcini, ma la sua domanda, è di pari merito.

I bambini, come saggiamente mi hai scritto, sono capaci di vedere il mondo per come è. Senza artificiosi costrutti che da adulti ci abituiamo a considerare semplice prassi. Questa capacità d’osservazione, tipica nei bambini, spera che tua figlia non la perderà mai, anzi ti auguro di riuscire a stuzzicarla in ogni modo per accrescerla.

“Mamma, perché non ho il tuo cognome, ma quello di papà?” E’ una domanda che spiazza per la sua semplicità. Come spesso accade con le cose semplici, diventa complicato raggiungerne l’essenza e capirne le ragioni.

Tua figlia da piccola Pandora ha riversando nel tuo mondo l’incertezza per ciò che prima appariva come banale certezza. Eppure solo nel 2016, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che equiparasse il cognome materno nell’ambito coniugale. In pratica, però, ammette la possibilità di aggiungere anche, ma non solamente, il cognome della madre.

Il punto è che una pratica cosi banale e scontata come quella di recarsi all’anagrafe per dichiarare la paternità e dunque il cognome con tutti gli annessi ereditari, ha radici antichissime. I romani, da cui il nostro diritto discende, introdusse questa pratica di vera e propria assegnazione e riconoscimento, per garantire una discendenza certa. La madre, invece? Chissene! Quella semper certa est!

Un meccanismo che, dunque, trova fondamenta in una matrice squisitamente patriarcale. E’ buffo come una semplice domanda, come quella di tua figlia, abbia in realtà posto l’accento su una tematica così calda e dalla storia millenaria. Sebbene dai tempi della lupa e di Romolo e Remo di secoli ne siano passati, ci rendiamo conto , con una semplice domanda, quanto, per certi aspetti, il mondo non si sia mai evoluto. Anzi sia letteralmente stagnato.

Oggi, che consideriamo grave che una donna non abbia ancora ricoperto il ruolo di Presidente della Repubblica o del Consiglio, sembra quasi ridicolo soffermarsi su un qualcosa che non intacca nulla nella pratica. Eppure manca la possibilità di assegnare ad un bambino, come primo cognome, quello della madre?

Non posso far altro che chiedermi, se nella lotta all’emancipazione e all’equità si possa davvero chiudere gli occhi e sorvolare su alcune questioni che di fatto sono mero principio. La donna che è in me, nella volontà di avere un mondo più equo, può ritenersi soddisfatta di essere sempre considerate un passo indietro? Un eventuale ANCHE nella trascrizione di un cognome?

Forse non ti avrò consigliata su come rispondere, ma magari uno spunto di riflessione… Non so quanti anni ha, ma quando ci sarà l’età giusta, leggete insieme Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf.

Scrivimi a [email protected] o inviami un direct a @ilpuntodellaquila 

Benito Dell'Aquila