Ma la minestra riscaldata è buona davvero?

Di Sebastiano Mura per Social Up!

C’è a chi proprio non piace e chi, invece, non la disdegna affatto. Tant’è che se per anni la nonna ci ha detto che non avremmo potuto alzarci da tavola senza prima aver finito il nostro piatto di minestra (e la cosa non è che ci piacesse più di tanto), c’è anche da dire che certe minestre, anche se riscaldate (vedi la buonissima ribollita), hanno il loro perché. Introduzione culinaria a parte, non si parla di cibo in questo caso, ma di quelle storie che “avvinte come l’edera” si attaccano al nostro essere e non ci permettono di vivere il nostro futuro, le nostre storie successive, con la tranquillità mentale che vorremmo.

Diventano quasi una scappatoia ad ogni nostro problema con i futuri partner. Un onnipresente metro di paragone che subdolo come il più astuto dei ladri, ruba pensieri e momenti al partner con il quale, oggi, cerchiamo di costruire un qualcosa di nuovo. “E se non fosse stata la scelta giusta?”. “E se fosse il caso di darci un’altra possibilità?”. Beh tutto è possibile, dopotutto, perdonandoci l’ennesima incursione in campo culinario, i gusti, col tempo, cambiano, e ciò che da piccoli (o da ragazzi) non abbiamo saputo apprezzare, col tempo assume un sapore che non avevamo mai sentito prima.

Basta un incontro furtivo ad un angolo della strada o il ritrovamento di un piccolo foglio con sopra due righe scritte con quella grafia che non potremmo confondere mai. Basta sentire quel nome, anche da una bocca sconosciuta, per ritrovarsi, inevitabilmente a “rivivere” coi pensieri tutto quello che c’è stato.

C’è chi dice che una storia una volta finita non possa più tornare indietro, c’è chi è capace di dimenticare, di dare un colpo di spugna al passato e in men che non si dica tornare sulla piazza, pronto a stringere tra le braccia un nuovo amore. C’è chi invece dopo ogni storia ha bisogno di prendersi tempo per pensare, per capire, per star solo e riorganizzare quello che è rimasto della sua storia appena passata. Ogni volta che un amore finisce c’è in qualche modo la necessità di farci i conti in tasca.

Una delle paure che ci prende proprio alla fine di una storia importante è quella di pensare di aver perso, oltre che la persona che ci stava vicino, tutto quello che a lei abbiamo donato. Vero in un certo senso, ma dovremmo ricordarci che ogni investimento in una storia a due, deve essere prima di tutto un investimento in noi stessi. Non c’è due senza uno; non c’è noi senza io. Non c’è storia se ogni mio gesto non è altro che un perdere monete da quel piccolo gruzzoletto di gioie e di coraggio che mi aveva regalato la vita. Non si dovrebbe regalare il proprio tempo, lo si dovrebbe spendere insieme.

Capita che alle volte, quando cerchiamo insistentemente un qualcosa che è passato, sia perché non lo abbiamo veramente vissuto. Abbiamo lasciato che le regole, i giochi, quella giostra che può essere il “vivere un amore” gestisse la velocità e la natura dei nostri gesti, senza lasciarci veramente fare quello che avremmo voluto. Non è voglia di riavere un qualcosa che abbiamo perso. È voglia di gustare un qualcosa che non abbiamo mai realmente avuto.

Ma le vite a volte fanno giri strani e quello che molti rifiutano, descrivendolo come uno sconveniente ritorno al passato, può essere invece piuttosto un ritorno al futuro, quel futuro che il nostro vissuto, storie passate comprese, ci ha regalato. Forse è vero che in passato non si era pronti, che si era diversi, che non si sapeva decidere cosa fosse meglio per noi e per cosa realmente valesse la pena combattere. O forse eravamo soltanto dei “noi” diversi.

Quegli occhi che non avete mai dimenticato, quella pelle che, anche solo col pensiero non avete mai smesso di accarezzare, quel profumo che sentite, limpido e presente, ogni volta che, anche se da lontano, incontrate il vostro vecchio amore, quelle parole e quelle discussioni che non vogliono venir via dalla vostra mente, quel sentore che le cose sarebbero potute andare diversamente, sono spesso gli ingredienti di una zuppa chiamata “incertezza”, che è un piatto ricco di tanti ingredienti diversi. Come ogni piatto, anche il più semplice, c’è sempre un retrogusto che sentiamo solo quando è il suo preciso momento.

Come ogni sensazione che si rispetti, il suo senso primario, quello che ci lega a lei in maniera quasi totale è proprio quel retrogusto. Non fermatevi ad aspettare il ritorno di un amore, anche se pensate che sia quello della vostra vita. Se è destino, tornerà. Ma riempitevi la bocca di sapori nuovi. Mangiate ciò che veramente volete mangiare. Collezionate retrogusti su retrogusti, diversi, affini, vicini o lontani da tutto ciò che avete assaggiato fino ad allora.

Riempitevi le tasche di nuove gioie e nuovo coraggio da donare. Accrescete ciò che siete in modo che quell’io più grande che avrete potuto creare, possa dare vita ad un noi più grande che forse, in quel passato che non avete potuto dimenticare, avevate solo immaginato. Solo allora forse saremo in grado di capire il senso di quel retrogusto e capire se infondo quel sapore ci piace.

La storia di ognuno è poi diversa ma proviamo a lasciarvi con tre piccoli consigli, provati sulla pelle di molti di noi, anche se i risultati, ovviamente, sono stati diversi per tutti. Primo: provate a fare di tutto per staccarvi da quella persona. Se la storia non è andata, fate di tutto, anche andando contro voi stessi, per “accettare” la cosa. Guardatevi attorno, non aspettate, non passate il vostro tempo a rimpiangere il passato. Verificate insomma che quello che credete sia un legame indissolubile lo sia davvero. Alle volte, staccare la mente, distogliere lo sguardo da quel punto fisso che per un po’ di tempo ha rappresentato un punto fermo nella nostra vita, fa bene: la nostra convinzione di restare non è altro che paura di rimettersi in moto.

Secondo: fate mente locale riguardo quello che avete vissuto con quella persona in maniera costruttiva. Non lasciate che il ricordo dei bei momenti sia un modo per buttarvi giù e per pensare che non avrete mai, in vita vostra, niente di simile. Guardate invece il positivo del passato come un’occasione per capire quanto di bello il futuro possa ancora offrirvi. Innamoratevi oltre che della persona che amate, del vostro io innamorato. Quelle sensazioni che vi concedete di sentire durante una storia, quell’essere più leggero, sognante, aperto, rimarrà con voi e starà con voi per sempre, pronto a venir fuori ad ogni nuova storia.

Terzo: ascoltate chi avete attorno. Ascoltare l’opinione di amici, conoscenti, terze parti non direttamente coinvolte nella vostra storia non significa ammettere di avere torto. Non vivete il confronto come un’offesa nei vostri riguardi, ma piuttosto come un occasione per verificare se una risposta a tutte quelle domande “indiscrete”, a tutti quei giudizi “affrettati”, a tutte le critiche, esiste ed è chiara in voi. Rispondete ad ogni singolo dubbio, non per gli altri, ma per voi stessi per essere sicuri che la scelta di tornare indietro e riprovarci sia la scelta giusta, capace di regalarvi quel gusto che, tra i tanti che avete provato, è rimasto quello al quale proprio non riuscite a rinunciare.

Dopo tanti pensieri, parole, paragoni, consigli, giudizi e giri in pentola, in sintesi c’è un qualcosa di fondamentale a cui pensare. Che la minestra vi piaccia o no, che vi piaccia gustarla lentamente, che sia un qualcosa che vi piace “riprovare” ogni tanto, assicuratevi che, se volete farne il vostro piatto preferito, sia davvero il più buono che possiate mai mangiare.