Storie di Londra 2012: imprese, sorprese, emozioni e delusioni colorate di rosa

Quando le donne avevano la coda, paradossalmente non era improprio parlare di parità. Poi, per tutta una serie di circostanze volute dagli uomini forti e subite dal sesso divenuto debole, la forbice dei diritti doveri si è via via allargata decisamente. Col tempo però tali e tante differenze, stante a sé e per fortuna la naturale differenza biologica, si sono affievolite nel campo sociale, culturale, lavorativo e soprattutto in quello sportivo. E in quest’ambito, l’altro ieri come oggi, non facciamo più tanto caso a certi paragoni: prendiamo a esempio l’edizione Olimpica di quattro anni fa, quando una forte connotazione al femminile oltre a un notevole appeal ha espresso eccellenti prestazioni che come valore specifico, in qualche occasione, hanno eguagliato se non superato le performance maschili. Assieme a impreviste delusioni e alle tante piacevoli sorprese, questa robusta presenza al femminile ha contraddistinto la sua indubbia rimonta che in altri settori stenta ancora completamente a concretizzarsi. Sono state abbattute tante barriere a cominciare dal numero più alto di atlete rispetto ai colleghi maschi e questo la dice lunga sul valore universale dello sport. Ecco tra le tante pagine dell’affascinante e interminabile racconto del libro dei Giochi a cinque cerchi, le storie di alcune di esse che al pari dei loro colleghi hanno contribuito al più grande spettacolo del mondo.

Donne dai record memorabili.

Nuota sinuosa. Scivola via imprendibile serpeggiando nell’acqua Ye Shiwen, la sedicenne nuotatrice cinese dal volto impenetrabile capace di nuotare la vasca di ritorno della frazione a stile libero dei 400 misti in 28.93, addirittura meglio del 29.10 del suo omologo in campo maschile Ryan Lochte, polverizzando cosi di più di un secondo il vecchio limite mondiale.

Spara con la precisione di Calamity Jane, l’italiana dal sorriso d’oro Jessica Rossi, serena, fresca e sicura in sintonia con la sua natura emiliana fattiva e solare. Ha frantumato con 99 piattelli su cento il record mondiale e olimpico, colorando con le nuvolette rosa dei bersagli colpiti, il mutevole cielo di Londra.

Corrono in braccio al vento le quattro ragazze statunitensi della staffetta veloce: Tianna Madison, Allyson Felix, Bianca Knight e Carmelita Jeter per abbattere con uno stupefacente 40.82 uno dei primati più antichi e discussi della storia della velocità: il 41,37, del quartetto della DDR stabilito nel 1985, quando la chimica dei laboratori inquinava l’ambiente, molto di più di quanto non succeda oggi.

Donne leggendarie ai confini della realtà.

Tira mirabilmente di scherma da una vita. Ha infilzato migliaia di avversarie sempre alla ricerca del suo meglio quasi volesse incontrare per batterli perfino Zorro, D’Artagnan e perchè no Scaramouche, la signora col fioretto in mano Valentina Vezzali. Pulita, pugnace e concreta non si è mai illusa di risolvere tutto in virtù di una classe straordinaria: capisce quando occorre altro e coi denti strappa un miracoloso bronzo.  Assieme alle sorelle Elisa Di Francisca, Arianna Errigo e Ilaria Salvatori degne sue eredi, ha con loro allungato i suoi titoli ottenendo un’altra splendida medaglia d’oro nella competizione del fioretto a squadre.

Usa la racchetta come un battipanni Serena Williams. Batte come tappeti le malcapitate avversarie che si intromettono tra lei e la vittoria individuale. Poi si concede il lusso di coadiuvare la raffinata sorella Venus dalla sibilante racchetta nella sfrenata corsa verso l’oro del doppio femminile, con punteggi clamorosi.

Crea opere d’arte in un secondo e mezzo, Wu Minxia, la tuffatrice cinese dalle movenze felpate che disegna nell’aria plastiche figure prima di perforare l’acqua con la verticalità di un chiodo. Con la meticolosità e la paziente ricerca della perfezione di stile tipica della sua gente, aggiunge al suo sconfinato palmares un’altra prestigiosa vittoria.

Donne venute da lontano.

Ha tentato fino all’ultima pagaiata di onorare la sua ottava Olimpiade con una medaglia, Josefa Idem la canoista italiana fulgido esempio di attaccamento allo sport e ai suoi valori che per tanto tempo ha coltivato il talento nel rispetto del suo corpo. Non c’è l’ha fatta e lo specchio d’acqua dove gareggiava è diventato lo specchio del suo tempo. Ora racconterà le storie degli altri.

Non giocheranno più il loro beach volley da favola, Misty May e Karri Walsh. La loro storia infinita finisce qui, dopo tre ori consecutivi in altrettante partecipazioni olimpiche, le due californiane hanno deciso di ritirarsi chiudendo imbattute un trittico olimpico: da Atene in poi su 21 partite hanno perso solo un set.

Donne dalle storie particolari.

Nostra signora delle piscine, Federica Pellegrini ha fatto splash. Succede sempre così quando un personaggio di levatura mondiale non ottiene neanche un risultato minimo: due quinti posti rappresentano un tonfo che diventa profondo. Il talento da solo stavolta non è bastato e la volontà neppure per tirare fuori il guizzo vincente dell’estro giocoso di un tempo.

Anche la sua compagna di merenda in fatto di successi a Pechino, la nuotatrice tedesca Britta Steffen, fuori condizione, è stata un flop. Un bronzino risicato a stento conquistato nel salto con l’asta dalla favorita russa Elena Isinbanyeva può solo un poco consolare e forse rinnovare le sue ambizioni di affermazione olimpica.

Diverse le cocenti delusioni che non si esauriscono con le lacrime a stento trattenute della dolce Tania Cagnotto, privata per un perverso gioco del destino di una sacrosanta medaglia a riconoscimento della sua splendida carriera di tuffatrice; né con quelle rabbiose e furenti della ginnasta Vanessa Ferrari anch’essa quarta, giovanissima esponente di un movimento in netta crescita: rampante e affamato di gloria.

Piccole donne crescono.

Dal Michigan si presenta sul ring” Cannonball”, così denominata per la potenza dei suoi colpi, la 17enne Claressa Shields. Un tipetto da prendere con le molle: veloce, aggressiva e spietata liquida con disinvoltura le, ahi loro, incaute pretendenti al titolo dei pesi medi con la brillantezza dei suoi pugni d’oro.

Si libra soavemente nell’aria lo scoiattolo del Colorado, la sedicenne Gabby Douglas, prima ginnasta nera a vincere una gara individuale nel completo: infrangendo questo tabù si è prenotata un futuro oltre lo sport.

Ha squassato l’acqua Missy…le Franklin, la corpulenta statunitense dal nuoto possente vincendo 4 medaglie d’oro e migliorando due primati del mondo; l’ha dominata per silurare tutte con impeccabile precisione la sua connazionale amica Allyson Schmitt; l’ha accarezzata con la sua rana dal ritmo crescente la quindicenne lituana Ruta Meiluyte; l’ha assecondata a tempo di valzer per 800 metri la coetanea Katie Ledecky, ennesima sirenetta dorata a stelle a strisce.

E infine le storie di tutti i giorni. Quelle che hanno riguardato la maggior parte delle atlete. Accomunate dalla passione e divise nei risultati. Bambine, alcune sacrificate, adolescenti da plasmare e teenagers irriverenti, giovani prorompenti e tenere mamme. Belle a vedersi anche quelle non proprio avvenenti. Alla fine meritevoli, brave e meno brave o soltanto volenterose, ma di sicuro coraggiose nel mettersi in discussione e nell’esprimere la loro convinta integrità.

Siamo donne un universo e un po’ di più….  si canticchiava appena qualche tempo fa.

 

Vincenzo Filippo Bumbica