Life on MARS: sei personaggi alla scoperta di Marte

Non è trascorso molto tempo dall’uscita nelle sale dell’ultima opera di Ridley Scott, The Martian, con un impeccabile Matt Damon abbandonato su Marte in seguito ad un imprevisto nel corso di una missione spaziale.
Per ora è solo un film, ma non così lontano dalla realtà. La NASA, infatti, sta lavorando ad una futura missione con equipaggio umano sul pianeta rosso e, per prepararsi al meglio, già da qualche anno lavora a progetti volti a simulare le condizioni di lavoro su Marte. Un aspetto non considerato fino a questo momento, però, è l’impatto che una lunga permanenza nello spazio potrebbe avere sulla psiche degli astronauti che, potenzialmente intorno al 2030, per la prima volta si preparanno a lasciare la Terra alla volta di Marte.
Quale modo migliore per testare la situazione se non simulare nel modo più fedele possibile le condizioni di vita su Marte qui sulla Terra? Detto fatto! Le alture circostanti il vulcano Mauna Loa nell’Arcipelago delle Hawaii rappresentano lo scenario perfetto.
Il progetto HI-SEAS (Hawai’i Space Exploration Analog and Simulation) si propone di simulare sulla terra missioni di lunga durata su Marte e per farlo ha costruito a 2500m sul livello del mare una cupola perfettamente autosufficiente che spicca sulla sabbia rossa dell’altura.
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Equipaggiata per ospitare una squadra di sei persone, si compone di un piano terra open space con una cucina, uno spazio comune, un laboratorio ed una zona attrezzata per fare esercizio fisico mentre il secondo piano ospita sei “loculi – camera da letto”. Per rendere le missioni il più realistiche possibile, i membri dell’equipaggio possono uscire dalla cupola solo in rare occasioni e solo indossando una vera e propria tuta spaziale, con tutti gli impedimenti del caso. Come se non bastasse, le comunicazioni sono ridotte all’osso ed hanno un ritardo di 20 minuti, lo stesso che avrebbero se il segnale dovesse giungere da Marte sulla terra.
Condizioni stressanti? Forse. Ma lo scopo del gioco è esattamente questo: capire fino a che punto la mente di un essere umano può reggere una condizione di quasi-isolamento forzato.
Attualmente è in corso la missione HI-SEAS IV che prevede una permanenza di 365 giorni di una squadra composta da sei persone all’interno della cupola.
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fortunati partecipanti, come per le missioni precedenti, non sono stati scelti a caso: un giornalista(che è anche un medico, ed anche un neuroscienziato…), un fisico, un ingegnere, un architetto, un biologo e, capo della squadra, una studiosa di idrologia e risorse naturali in genere che ha intenzione di studiare un modo per produrre del cibo sfruttando le risorse a disposizione nella cupola.
Come è facile immaginare, questa “simulazione di vita marziana” presenta delle pecche difficilmente riparabili prima fra tutti la mancata riproduzione dell’assenza di gravità. Questo vuol dire che la NASA non sarà in grado di osservare l’effetto che ha sulla “vita di tutti i giorni” il fluttuare senza peso per un anno intero. Un ulteriore problema è la differente durata del giorno che su Marte durerebbe circa 40′ in più, un lasso di tempo solo in apparenza trascurabile.
E il costo di tutto questo? Circa 1,2 milioni di dollari. Un’inezia rispetto al costo di una reale missione spaziale, decisamente meno dei 108 milioni di dollari spesi per la produzione del film di cui abbiamo già parlato con il vantaggio di un discreto progresso nello studio dell’effetto dei viaggi spaziali sull’uomo e nella progettazione di tecnologie sempre più efficienti per la creazione di un habitat in grado di autoalimentarsi. Ciò consentirebbe all’uomo, anche qui sulla terra, di vivere bene pur senza continuare a consumare le risorse del suolo e garantirebbe, forse, una vita più lunga al nostro pianeta.
La missione è iniziata venerdì 28 agosto ed i membri della Crew la stanno raccontando al mondo attraverso i loro blog. Ovviamente il loro lavoro va avanti, ciascuno di loro sta dando il meglio di sé nelle discipline in cui è specializzato portando avanti esperimenti che, chissà, potranno essere utili tanto qui quanto sul pianeta rosso nel giorno in cui riusciremo realmente a raggiungerlo.
I Blog della Crew:
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Silvia D'Amico