Una lettere alle promesse di ogni estate che ci scivolano tra le mani, senza neanche il tempo di dire sorbetto al limone.
Carissima Estate,
Odio l’estate.
No, non sono io ad odiarti ma Bruno Martino. Correva l’anno 1960 quando Martino, con la canzone Odio l’estate, dava voce al testo di Bruno Righetti in una melodia che diventerà una vera HIT dell’estate, ricorrente fino ai giorni d’oggi. Non si contano le centinaia di musicisti e cantanti che l’hanno cantata e suonata, praticamente in tutto il mondo. Non c’è pianobar in cui questa canzone non sia stata eseguita almeno una volta. E’ ancora così attuale da essere stata scelta come colonna sonora di un recentissimo film Netflix, Summertime ( e infatti, il testo della canzone ne spoilera già il finale).
Sei tu, l’estate: la stagione del sole, del mare, del divertimento, delle notti che si confondono con il giorno, della birra ghiacciata e del gelato sciolto sulle dita. La stagione degli amori furtivi, destinati a durare il tempo di una sigaretta sul bagnasciuga e di cotte più dolorose di quelle del sole a mezzogiorno sulla pelle pallida.
Perché sì, l’estate è anche la stagione delle promesse incise sulla sabbia, dei ti amo spezzati dalla brezza all’imbrunire, delle felpe prestate e mai più restituite. Odio l’estate è la canzone che resta dopo un’amore vissuto il tempo di un falò estivo, pieno di promesse disilluse che lasciano dietro di se la frustrazione e la sciocca consapevolezza della frivolezza dei sentimenti estivi.
Prenditi le tue responsabilità: sei la stagione dove ci si sente in dovere di divertirsi e chi non ci riesce, come Martino, attende solo l’inverno per ritrovare la pace. Un manto di neve pronto a coprire ciò che resta della delusione dell’estate che brucia sulla pelle e sul cuore.
Eppure non ci arrendiamo. Ogni anno, tutti ti attendiamo sempre carichi di aspettative. Sarà il sole, la vitamina D, le giornate eternamente lunghe, i vestititi eccessivamente corti, lo smalto sui piedi che attendono di essere abbronzati. Nell’età adolescenziale, tu rappresenti le agognate vacanze estive; la liberazione dal fardello scolastico. Da adulti, ti attendiamo perché ci regali qualche giorno di ferie, come acqua dopo un viaggio nel deserto.
Eppure, ogni anno, scivoli via come sabbia tra le dita e nel tempo di un battito di ciglia, sei già finita. Le giornate cominciano ad accorciarsi, le maniche ad allungarsi, la temperatura ad abbassarsi, i segni del costume sbiadirsi.
The end.
Tutto ciò che avevi programmato di fare, bere, partecipare, incontrare, mantenere, beh, è troppo tardi. Se fossi un giorno della settimana saresti la domenica: pianifichi sempre di fare mille cose e poi arriva sera e non hai combinato nulla.
E’ forse questa la summertime sadness di Lana del Rey? Certo, lo so cosa stai pensando: Lana non è di certo la regina dell’estate, con la sua cera pallida e la sua verve da funerale, forse la sadness le sta appiccicata tutto l’anno e non solo d’estate. Eppure ha un senso, questa malinconia estiva. E’ un sentimento che ci accomuna perché correlata a quella foga di godere appieno di questa stagione unica e attesissima, carica di aspettative puntualmente disilluse.
Ti scrivo questa lettera per fare pace. Abbassiamo le armi. Stringiamoci la mano guardandoci negli occhi, una volta per tutte.
Non promettermi nulla se non la promessa di non promettermi nulla.
Sarò pronta a brindare al tuo ultimo tramonto, felice di tutto ciò che mi avrai regalato.
E tu cosa ti aspetti da quest’estate? Ti farai travolgere dalla malinconia o ballerai fino all’ultimo raggio di luna?