Fino al 3 ottobre il Centre Pompidou di Parigi ospita la mostra dedicata a uno dei movimenti che più ha caratterizzato e rinnovato il XX secolo, la cosiddetta “Beat Generation” (Beat ha il significato di stanco, logoro, insoddisfatto). Nasce da un gruppo di giovani scrittori americani e arriva alla ribalta negli Stati Uniti del 1950, dove, attraverso l’espressione artistica e letteraria, cercarono di ribaltare le regole dell’America puritana e materialista, attraverso il rifiuto dell’omologazione, l’innovazioni nello stile, l’uso spregiudicato di alcool e droghe, la sessualità libera e soprattutto l’esplicita e nuda rappresentazione della condizione umana.
La mostra che presenta fotografie, disegni, ritratti, manoscritti, installazioni sonore e film descrive perfettamente quell’idea di libertà e viaggio così tanto cara al fondatore della Beat, Jack Kerouac, il quale proprio nel suo capolavoro di maggior successo “Sulla strada” (On the Road), racconta i propri viaggi in automobile, attraverso gli Stati Uniti. Il manoscritto originale del celebre romanzo, manifesto letterario del gruppo, si srotola in lunghezza, all’interno della prima sala del Centre Pompidou. Particolare attenzione viene data ai padri fondatori del movimento William Burroughs, Allen Ginsberg e naturalmente Kerouac.
La mostra è suddivisa in cinque sezioni in base al periodo storico e in particolare alla zona geografica. La prima è dedicata alla scena newyorkese, caratterizzata dal forte legame tra la ricerca di un moderno stile di letteratura e i ritmi innovativi della musica jazz. Ornano questa parte poi i dipinti di Kerouac, il film Pull my Daisy e pagine di Floating Bear, pubblicato da Diane Di Prima e LeRoi Jones, e Fuck You: A Magazine for the Arts di Ed Sanders.
Una seconda sezione si focalizza sulla realtà californiana, caratterizzata soprattutto dalle pubblicazioni sperimentali da parte della libreria-casa editrice City lights di Lawrence Ferlinghetti. In questa parte, inoltre, sono esposti i collage con opere realizzate attraverso il riciclo e materiali recuperati.
La terza parte è dedicata al periodo dove prima Borroughs e poi Kerouac e Bruce Conner vissero in Messico una vita fatta di eccessi e feste, ma riuscirono pure a creare un vero e proprio gruppo basato sul pacifismo militante, che ha successivamente influenzato religiosamente, culturalmente e musicalmente il movimento hippie.
La quarta, invece, è incentrata sulle vicende di diversi artisti Beat a Tangeri, la città in cui Borroughs ha ambientato il suo più celebre romanzo “The naked lunch” e anche il luogo di influenza della tradizione mistico-magica, ampliata dal continuo uso di droghe leggere.
L’ultima area della mostra racconta interamente il periodo parigino, trascorso soprattutto al Beat Hotel, fondamentale perché lì nacque la tecnica del cut-up, che consiste nel tagliare fisicamente un testo scritto, per poi mischiare le parole e le frasi creandone di nuovi. Vengono sottolineati pure i legami tra gli artisti beat e quelli francesi del tempo, in particolare l’amicizia e l’ammirazione di Borroughs e Ginsberg verso il grande scrittore Céline.
Ciò che emerge dalla mostra è la continua voglia di sperimentazione, il voler superare qualsiasi tipo di schema e l’intenzione, da parte del movimento, di promuovere una rivoluzione pacifica, culturale e sociale che è riuscita effettivamente ad ispirare molte controculture successive.