Louis Vuitton, la griffe simbolo della moda francese celebre in tutto il mondo, produce le sue iconiche calzature non in Italia o in Francia ma in una fabbrica segreta in Romania.
A sollevare il caso, l’inchiesta del quotidiano inglese The Guardian che ha rivelato come il mostro sacro del lusso producesse le scarpe d’alta moda in un anonima e segretissima fabbrica situata a Cisnădie, cittadina della più famosa regione rumena della Transilvania.
Si tratterebbe di una costruzione praticamente impossibile da individuare perché è stato fatto in modo che non compaia nemmeno nelle ricerche di Google. Il nome dell’impianto è Somarest, una sussidiaria per lo più sconosciuta del gruppo The Louis Vuitton Moet Hennessy (LVMH). Il logo all’esterno non compare mai se non per i quadrati in due toni di grigio che richiamano il motivo del marchio.
Già nel 2014 una squadra di giornalisti di una nota TV francese aveva tentato invano di entrare nella fabbrica dopo che un lavoratore rimasto anonimo aveva dichiarato che le calzature sono fatte interamente in Romania con materiali provenienti dall’Italia e dalla Francia. Una volta (quasi) pronte, vengono spedite dalla Romania in Italia e in Francia dove vengono ottimate aggiungendo solo le suole.
Perché la Louis Vuitton si è affidata proprio alla Romania?
Per poter metter ordine sul concetto confuso di ”produzione globalizzata”, nel 2014 il Parlamento europeo si è espresso come segue sulle regole del “made in”: per gli oggetti manifatturieri prodotti in più nazioni, il Paese di origine sarà quello in cui il prodotto viene assemblato e considerato “finito”.
Fatta la legge, trovato l’inganno: Louis Vuitton ha abbattuto i costi di produzione producendo la calzatura in Romania ma esportando il bene prima di essere finito. Per questo la suola di tutte le calzature viene applicata in Italia o in Francia . Il risultato è che queste scarpe vengono vendute come Made in Italy e Made in France nel nostro Paese e in tutto il mondo, comprese le stesse boutique di Bucarest, nel rispetto delle disposizioni dell’Ue.
I giornalisti di The Guardian sono riusciti ad entrare nella fabbrica segreta, confermando quanto detto dai lavoratori.
Quando Tha Guardian contattò per la prima volta Somarest, l’addetto alle comunicazioni della fabbrica riattaccò alla menzione di Louis Vuitton e non rispose a nessun altro tentativo di contatto con la struttura. Le e-mail sono state inoltrate alla sede principale a Parigi che rispose “Non apriamo le porte dei nostri laboratori a causa della politica interna”. Ma Louis Vuitton non è stato in grado di impedire le tracce nel web sulla sua attività rumena; attraverso i siti web, compresi i selfie del personale su Facebook, ha portato direttamente ai cancelli della fabbrica.
Con questo non significa che le calzature siano scadenti; i prodotti di Somarest sono modellati e cuciti a mano, proprio come nella pubblicità di Louis Vuitton, ma l’arte manifatturiera non è quella tramandata di generazione in generazione.
Il senior manager che ha accettato di far entrare i giornalisti di The Guardian nella fabbrica, dopo un veloce giro per la struttura, ha concluso la chiacchierata in modo brusco e concitato nel suo ufficio, dove ha fatto appello alla legge europea citata precedentemente.
Bernard Arnault, amministratore delegato di LVMH e uomo più ricco di Francia, ha respinto ogni accusa e non ha voluto rilasciare interviste a riguardo.
Se si può spezzare una lancia a favore di Louis Vuitton, il noto marchio non è né il primo né l’ultimo ad approfittare di questa situazione.