Angela da Foligno rientra del novero delle scrittrici mistiche medievali. La sua storia è raccontata in sette manoscritti che fanno parte di un Memoriale, parte in latino e parte in volgare; quella più accreditata, controfirmata da otto frati per testimoniarne l’autenticità, si trova tra i codici della biblioteca comunale di Assisi, con il numero 362. La beata non sapeva scrivere e tanto meno conosceva il latino. Si esprimeva in volgare, in un misto cioè di italiano e di dialetto umbro.
Eppure parte del memoriale che contiene la sua storia, dettata da lei stessa ad un frate, è in latino. Ma chi era questa donna che molti storici sostengono non sia mai neppure esistita? Non conosciamo il nome della sua famiglia, né quello del marito e dei figli morti prematuramente; non conosciamo la sua data di nascita ma solo la data in cui morì: 4 gennaio 1309.
Dal suo Memoriale apprendiamo che ad un certo punto della sua vita Angela vendette tutti i propri beni e il ricavato lo distribuì ai poveri.
Un giorno un angelo le parlò sulla strada tra Foligno ed Assisi, descrivendole l’amore particolare che Dio le aveva riservato. Da quel giorno (nell’anno 1285 circa) comincia la totale e assoluta conversione di Angela.
La beata racconta i trenta passi di quel difficile cammino interiore che la condusse al totale ed esclusivo amore per Cristo. Ma non si tratta di descrizioni qualunque: vi sono parole talmente forti e metafore così ardite che nemmeno uno scrittore come Shakespeare avrebbe saputo far di meglio.
Per descrivere la disperazione in cui cade in assenza di Dio, Angela dice di sentirsi come un’impiccata che penzola dalla forca, con le mani legate dietro la schiena, bendata, senza aiuto e senza nemmeno la possibilità di morire.
Una notte sogna di trovarsi nella tomba di Cristo, accanto al corpo ancora non risorto che lei accarezza, abbraccia, bacia, e ne viene abbracciata e baciata.
Sono allucinazioni? Follie?
Di queste “follie” sono piene le figure degli estatici medievali, che escono da ogni regola e convenzione per dedicarsi solo a Cristo. Ma l’amore di Angela, così estremo, lascia senza fiato.
Certe volte Dio le appare e poi si nasconde davanti a lei e questo “gioco” diventa così crudele che la beata cade in depressione fino a diventare irriconoscibile.
La morte dei figli, della madre e del marito, avvenute in breve sequenza l’una dall’altra, la riempiono al contrario di gioia perché in questo modo può dedicare se stessa unicamente a Dio. Vorrebbe essere anche lei crocifissa e umiliata e un giorno arriva persino a denudarsi in Chiesa maledicendo le sue membra per avere peccato.
Oggi tutto questo rientrerebbe nei casi patologici ma questo caso in realtà non è così semplice da giudicare.
Angela vivrà abbastanza a lungo per quei tempi, circa una sessantina di anni, e morirà in pace e in letizia circondata dalle sue amiche, rimaste anch’esse anonime. Un filosofo ateo e negativo come George Batille, rimase affascinato dalla figura di Angela, mentre sul treno che portava in salvo gli sfollati di Parigi, durante la Seconda Guerra Mondiale, lesse il suo Memoriale.
Nel pezzo teatrale intitolato “Orgia” che si apre con un impiccato suicida che prende a parlare, pare che Pier Paolo Pasolini si sia ispirato proprio ad Angela.
Sono però in molti gli storici che sostengono che questa donna in realtà non sia altro che la geniale invenzione letteraria di un frate francescano.
Ma da dove avrebbe tratto questo fantomatico frate A. gli elementi per descrivere una così selvaggia interiorità femminile.
Ad un certo punto del memoriale lo scritto si interrompe a causa di un impegno che porta il frate scrittore, confessore e forse parente di Angela, in un’altra città; quando riprende riassume gli ultimi dieci passi in soli sette perché stando alle parole di frate A., non è riuscito a tenere dietro alla dettatura velocissima di Angela.
La letteratura che gareggia in velocità con la realtà! Grandioso! se si ritiene che tutto questo sia l’invenzione di un semplice ed anonimo frate francescano. Un tale artificio letterario sarebbe entrato nella letteratura solo nel XX secolo con il romanzo di Miller, Tropico del Cancro.
Al di là di qualsiasi dubbio c’è la certezza della grande capacità dell’animo umano di identificarsi in tutto e per tutto con le sofferenze o le gioie di un altro essere. Gli scritti di Angela furono raccolti dopo la sua morte e approvati poco dopo dal Cardinal Giacomo Colonna. Per l’influsso esercitato sui teologi del suo tempo e del nostro, viene tuttora definita “Magistra Theologorum”, appellativo attribuitole già da vivente.