Il killer degli incontri al buio

Oggi il mistero, l’anonimato, il desiderio di evasione dagli standard, la voglia di infrangere le regole attirano sempre più persone, specialmente ragazzini, che a volte diventano facili prede per gente senza scrupoli.

Rodney Alcala è uno di questi assassini spietati a caccia di giovani ragazze, che non ha rinunciato a mettersi in mostra addirittura in TV pur di adescare la sua vittima. La cosa triste è che ha eluso la giustizia per 40 anni e nel mentre ha ucciso molte ragazze, anche bambine, tutte allo scuro della sua indole malvagia e aggressiva. Rodney Alcala è stato condannato a morte per stupro, tortura e pluriomicidio, anche di una bambina di 12 anni. La condanna non è ancora stata eseguita e attualmente è nel braccio della morte nel carcere di San Quentin. E’ conosciuto anche come “Dating Game Killer” perché negli anni ’70 ha partecipato allo show televisivo “The dating Game”: in Italia qualcosa di simile fu trasmesso negli anni ’80 con il nome di “Il gioco delle coppie” condotto da Marco Predolin. Alcala addirittura vinse ed ottenne di uscire con la concorrente che lo scelse tra tre pretendenti. Ma andiamo con ordine.

Alcala nacque il 23 agosto 1943 a San Antonio, Texas, da Raoul Alcala Buquor e Anna Maria Gutierrez. Il padre abbandonò la famiglia quando il bambino aveva circa 4 anni, lasciando la moglie da sola ad allevare lui e le sue due sorelle. Non navigando nell’oro la madre si trasferì più volte in cerca di lavoro, fino a stabilirsi a Los Angeles quando Rodney aveva 12 anni. La mancanza di una figura paterna e le assenze prolungate della madre, che si arrangiava come poteva facendo la lavapiatti, le pulizie e altri piccoli lavori, segnarono profondamente il carattere del ragazzo che divenne timido e introverso. Anche a scuola veniva spesso deriso ed emarginato e ne risentì a tal punto che a 16 anni scappò da scuola e volle più tornarci.

All’età di 17 anni si arruolò nell’esercito e vi rimase fino ai 21, quando fu congedato dall’ufficiale medico con la diagnosi di “grave personalità antisociale”. Alcala, allora, deciso a sostenersi con le sue uniche forze, tentò al fortuna iscrivendosi alla Scuola di Belle Arti di UCLA dove nel 1968 si laureò. In quel periodo Alcala diede segni di una strana perversione per i nudi femminili, in particolare per quelli delle bambine ritratte in molte opere artistiche, tanto che venne speso allontanato dai musei che visitava o dalla mostre per comportamenti osceni. Proprio nel 1968 avvenne il suo primo atti criminale accertato (anche se si teme che fu solo uno di tanti che al contrario sono rimasti impuniti): nella periferia della città rapì, torturò e violentò la piccola Tali Shapiro, di soli 8 anni. Dopo averla adescata mentre la bambina andava a scuola, la condusse nel suo appartamento dove abusò di lei e cercò di sbarazzarsene. Tentò di ucciderla strangolandola con un filo di metallo, ma un camionista parcheggiato sotto casa dell’uomo notò alcune scene attraverso i vetri della finestra e chiamò la polizia, che giunse a sirene spianate.

Gli agenti, dopo aver sfondato la porta, trovarono la ragazzina distesa sul pavimento della cucina priva di sensi in una pozza di sangue. A causa della brutalità del pestaggio pensarono fosse morta e cominciarono a cercare l’uomo in tutte le stanze dell’appartamento, ma quando al ragazzina si destò tutti accorsero a soccorrerla e Alcala riuscì a scappare dal seminterrato dileguandosi. Durante l’ispezione nell’appartamento gli investigatori trovarono diverse foto, molte delle quali erano immagini di ragazze molto giovani o addirittura bambine. Alcune di esse erano scomparse e per questo si ritiene che quello non fu il primo crimine di Alcala, ma che abbia piuttosto ucciso molte volte prima di quel giorno. Tali Shapiro, domo molti giorni di ospedale, riuscì a sopravvivere a quell’aggressione, ma ancora oggi porta i segni, sia fisici che psicologici di quell’incontro. La polizia si mise alla ricerca dell’uomo e riuscì ad arrivare al suo nome tramite la pergamena di laurea dell’ UCLA. Ma nel mentre Alcala fece perdere le sue tracce e fuggì a New York, dove assunse l’identità di John Berger.

Invece di nascondersi però si iscrisse alla scuola di cinema della New York University e più volte apparve negli spettacoli organizzati dall’università. Dal 1968 al 1971, anche se ricercato addirittura dall’FBI, visse in piena vista di chiunque, diventando addirittura una sorta di immagine da copertina per i manifesti degli spettacoli. Solo nel luglio del 1971, in un campus teatrale drammatico nel New Hampshire dove Alcala lavorava, due ragazze lo riconobbero su un poster affisso sui muri dell’ufficio postale e avvertirono la polizia del luogo. Rodney Alcala fu finalmente catturato.

Chiuso nella prigione di Los Angeles la sorte volle essergli favorevole: la famiglia di Tali era migrata in Messico ed il PM, non avendo un testimone principale, offrì ad Alcala un patteggiamento nel quale si dichiarò colpevole di molestie su minori e venne rilasciato sulla parola dopo 34 mesi. Otto settimane dopo essere stato rilasciato tornò in carcere per aver violato la libertà vigilata e per avere venduto della marijuana a una 13enne. La ragazzina disse alla polizia che Alcala l’aveva rapita e legata, ma le sue parole non vennero mai considerate attendibile e per Alcala la sentenza fu di altri 2 anni di galera. Venne rilasciato nel 1977 e tornò a vivere a Los Angeles, dove ottenne un lavoro come compositore per il Los Angeles Times.

Alla fine di ottobre del 1977 Alcala convinse la 18enne Jill Barcomb, da poco trasferitasi in California, a seguirlo a casa, dove la violentò, sodomizzò e uccise strangolandola. Alcala usò un sasso per sfigurarla in modo da rendere difficile il riconoscimento, poi con la cintura della ragazza le legò le gambe attorno alla testa. Per sbarazzarsi del corpo andò in una zona montagnosa ai piedi delle colline di Hollywood, dove venne ritrovato il 10 novembre 1977, ma nulla condusse gli inquirenti al suo assassino.
Nel mese di dicembre Alcala continuò la sua serie di omicidi a scapito di Georgia Wixted, di 27 anni, che violentò, sodomizzò e strangolò. Su di lei infierì in modo molto cruento con un martello, che usò per abusare sessualmente della ragazza e per distruggerle la testa. Temendo i vicini piuttosto curiosi, Alcala lasciò il corpo nel suo appartamento di Malibu, chiuso in una scatola ed abbandonato in uno sgabuzzino.

Nel mese di maggio del 1979, fu il turno della 33enne Charlotte Lamb. Dopo averla violentata la strangolò con un laccio delle scarpe e lasciò il suo corpo in una lavanderia di un complesso di appartamenti a El Segundo, dove venne ritrovata il 24 giugno 1979. Un mese dopo Alcala violentò e uccise Jill Parenteau, di 21 anni, nella sua abitazione a Burbank. Per strangolarla usò una corda di nylon. In quell’occasione però la polizia trovò il sangue dell’omicida sul luogo del delitto perché Alcala si tagliò per uscire da una finestra nel tentativo di non dare nell’occhio. Alcala tornò ad essere ricercato, ma ciò non lo fermò affatto.

La mattina del 20 giugno 1979, Alcala avvicinò Robin Samsoe e la sua amica Bridget Wilvert, entrambe di 12 anni, presentandosi come un fotografo famoso e chiedendo loro di posare per alcune foto. Le condusse in spiaggia nei pressi di Huntington Beach e iniziò a fotografarle, dapprima vestite e poi nude. Nel pomeriggio Robin tornò in spiaggia da Alcala, mentre Bridget, forse convinta dai genitori, decise bene di non farlo. Alcala rapì Robin, la violentò e uccise per poi scaricare il suo corpo ai piedi delle montagne di San Gabriel. Il suo corpo, orribilmente mutilato dagli animali selvatici, vennero scoperti il 2 luglio 1979. Dopo l’omicidio Samsoe la polizia riuscì a trovare tracce di Alcala, sebbene in ritardi rispetto ai suoi spostamenti. Gli investigatori giunsero ad un magazzino a Seattle, dove trovarono centinaia di foto di giovani donne e bambine e un sacchetto di oggetti personali appartenenti alle vittime che Alcala collezionava come trofei. Tra di loro la madre della giovane Robin riconobbe un paio di orecchini appartenenti alla sua bambina.

Alcala venne riconosciuto da molte persone come il fotografo della spiaggia quando sparì Robin e lì venne trovato dalla polizia mentre tentava di adescare altre due ragazze con al scusa del book fotografico. Alcala venne accusato, processato e condannato alla pena di morte per l’omicidio di Robin Samsoe nel 1980, ma la condanna venne successivamente annullata dalla Corte Suprema della California. Nel 1986 l’assassino venne nuovamente processato e condannato a morte per l’omicidio Samsoe, me incredibilmente, nonostante tutti gli indizi e le prove a suo carico la Difesa ottenne nuovamente che Alcala fosse scagionato dall’accusa di omicidio. In terzo grado di giudizio Alcala si presentò come avvocato di se stesso, sostenendo di essere stato a Knott Berry Farm il pomeriggio in cui la Samsoe viene assassinata. Il suo egocentrismo smisurato lo condusse ad inscenare una vera e propria commedia in aula durante la quale prese la parola e iniziò a interrogare se stesso in terza persona, cambiando tono a seconda di chi interpretava, comportandosi alla stregua di un avvocato o dell’imputato a seconda dei casi.

Nel processo a suo carico, intanto, si sommarono le accuse per gli omicidi delle altre 4 vittime di Los Angeles, ma Alcala non perse tempo a contestarle e si impuntò piuttosto nel completare i suoi personaggi incentrandosi sul caso di Robin Samsoe. Durante l’arringa finale Alcala tentò di influenzare la giuria per convincerla a non infliggergli la pena di morte, ma di aver bisogno di cure psichiatriche, suonando la canzone “Alice’s Restaurant” di Arlo Guthrie e cantandone ad alta voce in aula il ritornello.

La sua strategia non ebbe il successo sperato e la giuria gli sanzionò la pena di morte che il giudice accettò senza ripensamenti. Il 25 febbraio 2010 Alcala venne ritenuto colpevole di tutte e cinque le accuse di omicidio, di sequestro di persona e di quattro accuse di stupro.