Jobs come Shakespeare: quando il genio copia

“Il mediocre imita, il genio copia”. Fatela suonare come volete in tutte le lingue del mondo, ma questa frase del grande Picasso è stata per anni fonte d’ispirazione per Steve Jobs e compagnia: “Noi siamo sempre stati senza vergogna in merito a rubare grandi idee” continuerà il compianto CEO di Apple in una famosa intervista del 1994.
Non è stato però in fondo sempre così? Dal binomio Marconi-Tesla ad Einstein-Olindo Pretto, la storia è piena di verosimili accuse di violazione di proprietà intellettuale, ma fino a che punto possiamo condannare il “secondo arrivato”?

Già, perché la storia è piena di secondi arrivati, persone, popoli, ideologie, che fanno tesoro degli errori dei propri predecessori per affermare la loro supremazia, insomma, c’è un’ intero continente su questo mondo in cui la metà a nord parla inglese e la metà a sud spagnolo e sappiamo benissimo chi se la passa meglio a livello economico, eppure sono stati gli spagnoli a scoprire l’America!

Un esempio su tutti: William Shakespeare non solo sembra basare gran parte del suo lavoro su quello dell’italiano Giraldi Cinzio, ma anche perché affascina la possibilità che a sua volta possa essere stato il prestanome di qualcun altro. Fatto sta che ”Otello”, una delle sue più famose opere, ricalca in modo inequivocabile le vicende di una novella degli “Ecatommiti” dello scrittore italiano: l’abilità del bardo inglese sarà “solamente” quella di intessere un intrigo più machiavellico, ornarlo con al magia del suo blank verse, il verso libero, e concludere il tutto con pentimento e suicidio?

E i peccati del povero Steve? Beh, tra le tante accuse che gli vengono mosse, ci sono 3 delle sue più grandi invenzioni. Il Macintosh non sarebbe altro che lo Xerox Alto, primo dispositivo (1973) ad utilizzare un’interfaccia a finestre ed il mouse brevettato da Englebert; l’iPod, da un’idea della Saehan con il suo MPMan (1998) ed il design di una radio della Braun del ’67; l’iPad, che nella biografia “Steve Jobs” di Walter Isaacson si legge essere frutto di una fuga di notizie durante una cena di compleanno da parte un dipendente della Microsoft (che uscirà comunque con il suo dispositivo 8 anni prima della Apple, non trovando un pubblico pronto).

E non vorrei tralasciare la sua rivoluzionaria concezione di Apple store.

Al netto di tutto, non si può non chiamare Steve Jobs genio. Magari del marketing più che dell’informatica, magari dell’estetica più che della cibernetica, ma fatto sta che i numeri parlano chiaro: più che un prodotto, ha dato ai suoi fedeli un sogno, un’icona, e perché no, un’identità.

Stiamo parlando di una persona che decise di introdurre per la prima volta la possibilità di scelta del font su un computer solo perché era rimasto affascinato da un corso di calligrafia all’Università. Avrà pur quindi posseduto la scintilla del genio, una qualche ispirazione, no?

Andrea Lucentini