Valentina Schifilliti, in arte Rotten Salad, ha fatto della moda il proprio lavoro. Se partissimo con questo incipit chiunque penserebbe “ecco, l’ennesima fashion blogger uscita dal nulla”, e invece no. Valentina del mondo della moda ne prende solo il lato ironico e, spesso e volentieri, assurdo e lo rivisita in chiave scherzosa, mandando, tra le righe, messaggi reali che fanno riflettere su cosa realmente significhi seguire i gusti e le idee degli “eletti” che dettano le regole di questo “gioco”.
Lei è una giovane donna che dalla vita sa prendere il lato più divertente, rimanendo comunque con i piedi per terra. Lo dicono le più di 45 000 perone che la seguono da tutto il mondo sulla sua pagina Facebook, lo dicono le collaborazioni che ha fatto e le interviste che ha concesso. E’ una ragazza che non si fa abbindolare ed ammaliare dalla popolarità ma che, anzi “usa” nella miglior maniera possibile: facendoci ridere.
E noi di Social Up l’abbiamo cercata proprio per farci dire direttamente da lei com’è fare la dis-fashion blogger e come fa a fare così bene il suo lavoro.
Da quello che sembra ti diverti e ti piace molto rivisitare gli outfit delle blogger. Ma realmente, perché lo fai?
Ho iniziato a farlo perché mi divertiva e continuo a farlo per lo stesso identico motivo.
Il più bel completo che tu abbia mai ricreato qual è? E quello che magari per te ha più significato?
La scelta coincide: l’outfit Moschino fatto con i tappi di succo di frutta. Secondo me è il più bello, infatti non perdo occasione per indossarlo (vedi Fashion Week o video parodia di Roma-Bangkok). Ha significato per me perché il materiale per farlo, ossia i tappi, mi sono stati dati dai miei amici baristi. Adesso hanno ceduto l’attività, e siccome ero ormai di casa lì, per me avere qualcosa di loro come ricordo è bellissimo.
Tutti i vestiti che ricrei poi che fine fanno dopo le foto? E il cibo che spesso ti vediamo usare sui tuoi capi d’abbigliamento, poi lo ricicli per cena?
La maggior parte vengono distrutti subito dopo la foto. Mi hanno molto sgridato per questo perché mi dicono sarebbe bello tenerli tutti, non sia mai che un giorno mi chiedano di fare una mostra. Il cibo tendenzialmente lo butto, anche perché è pieno di colla a caldo e risulterebbe un po’ indigesto. Mi spiace doverlo buttare, infatti tendo ad usarlo il meno possibile. Credo di averlo usato solo un paio di volte.
Le modelle e le blogger che tu critiche spesso con tanta ironia, riescono a stare al gioco o la prendono molto sul personale?
Due su quattro stanno al gioco. Le altre due invece l’hanno presa davvero male. La satira non è per tutti.
Che ne pensi realmente delle fashion blogger? Perché nascono con più frequenza dei funghi in estate?
Guarda, per me han fatto e fanno bene a cavalcare l’onda finché si può. Non sta a me giudicare se ciò che fanno sia giusto sbagliato. Sta all’intelligenza delle persone che le seguono, ossia capire che quel mondo che appare tanto fatato è in realtà per lo più superficiale e molto più ipocrita di quello che si possa pensare. Le fashion blogger sono sempre di più perché le ragazzine credono che basti un profilo e qualche foto con vestiti addosso, ma dovrebbero rendersi conto che ormai cercare di emergere dal mucchio è un’impresa ardua.
Ci racconti dei personaggi più assurdi incontrati durante la fashion week? Da quelli che ti hanno più colpito in positivo a quelli in negativo!
In positivo mi ricordo un ragazzo molto gentile, un fashion designer di Roma con cui ho fatto una chiacchierata molto intelligente e interessante sul mondo della moda e dei personaggi che lo popolano. Lui è stato l’esempio di una persona che lavora in quell’ambito ma che ha l’intelligenza per riconoscere che molto è “fuffa”. In negativo potrei star qua due ore a fare l’elenco.
Ci spieghi bene il personaggio di Mira LeBocc? Qual è lo scopo e come è nata l’idea?
L’ho spiegato in più di un’intervista, ma evidentemente mi spiego molto male perché molti non hanno capito che tutto c’era tranne che cattiveria nei confronti della diretta interessata. Mira LeBocc è un personaggio inventato ispirato alla giovane fotografa bolognese Nima Benati. Il nome è un’alterazione del nome di Nima e il cognome è uno storpiamento del nome del fotografo David LaChapelle. Facile intuire il gioco di parole di quest’ultimo. Essendo Mira LeBocc una fotografa di moda che va in controtendenza rispetto al dettame “chanelliano” del “Less is more”, lei esagera in tutto a partire dalla sua fisicità (ecco il “Mira LeBocc” = “guarda le tette”), veste abiti che lasciano poco all’immaginazione, si trucca molto e le sue foto sono un’alterazione della realtà in quanto fa un utilizzo smodato di Photoshop il quale, per lei, può risolvere tutti i problemi della vita e non solo migliorare gli oggetti o regalare una silhouette più longilinea alle modelle che posano per lei. Anche il rapporto coi social è del tutto insano: per lei è vita reale, tutto è legato al numero di followers che uno ha, da lì deduce l’importanza di una persona. Purtroppo questa gente esiste davvero.
Qual è il tuo rapporto con la moda al di là degli outfit “alternativi”? Nella vita reale sei davvero una “dis-fashion” addicted?
Non sono una che si interessa a cosa va di moda. Vesto normale, certo non da stracciona, ma un giusto compromesso tra moda e comodità.
Chiara Ferragni ha fatto della fashion blogger la sua professione: tu faresti altrettanto come dis-fashion o rimane tutto un gioco?
Certo, altrimenti sarebbe tempo perso dedicarmi con tanto impegno a questo progetto. Chi vivrà vedrà.
La tua pagina ha compiuto due anni a Novembre: un bilancio di quello che hai vissuto fino ad adesso? Cosa ha in mente per il futuro?
Ho vissuto momenti e periodi altalenanti tra il “mi piace moltissimo ciò che faccio” al “adesso chiudo tutto”. Internet e specialmente i social sono un’arma a doppio taglio e devi imparare a non prendertela per i commenti di gente stupida che non ha evidentemente altro da fare. Però se la mia pagina gli serve per sfogarsi e funge come una sorta di psicoterapia ben venga. Dopotutto, i colloqui psicologici erano proprio quelli che facevo nel mio lavoro precedente.
Valentina, o meglio, Rotten Salad la potete trovare su: