Abbiamo sentito parlare di lui tanto tempo fa, sentendocelo descrivere come “lo scrittore per strada”, ma nessuno di noi riuscva a capire la simbologia di questo soprannome.
Qualche tempo dopo siamo riusciti a leggere con i nostri occhi cosa fa Walter quasi tutti i giorni e di cosa è in grado di comporre. Non parliamo solo di inventiva o di fantasia, ma di qualcuno che è ancora in grado di mettere anima e cuore in ogni cosa che scrive, che sia raccontarci di un bimbo e del suo “drago” in giro per la città o piccole storie per ogni lettera dell’alfabeto, seduto per strada, ovviamente.
Poi un giorno, per caso o per volere del destino, ci siamo imbattuti proprio nella sua macchina da scrivere, in sosta in una delle più grandi piazze di Ferrara e, da cosa nasce cosa, l’intervista è nata da sola, facendoci raccontare di lui, del suo modo di scrivere e di come vede il mondo: ecco com’è andata.
Siamo abituati a conoscerti attraverso le tue pagine, ma chi è Walter nella vita di tutti i giorni?
Spesso me lo chiedo pure io, chi sono. A seconda dell’umore del periodo la risposta cambia, perciò ti dico chi sono oggi: uno contento di come gli è andato il weekend a Milano.
Sei sempre in giro per l’Italia e non è strano incontrarti seduto a gambe incrociate nelle piazza di qualche città: com’è il tuo rapporto con la gente e cosa ti chiedono più spesso?
Mettermi in gioco per strada mi ha aperto, ha migliorato il mio modo di stare con gli altri. Crediamo di conoscere e capire il mondo, quando in realtà viviamo quasi tutta la vita in un ambiente fatto di persone a noi simili. I mille conoscenti che ci circondano non rappresentano in piccolo la società, però spesso ce ne scordiamo. (sì, a volte cerco di dare l’idea di essere laureato in filosofia)
Da questo tuo girovagare è nato “Scrittore per strada”: com’è nata l’idea di un blog?
Com’è che si dice? “La felicità è reale solo se condivisa”. Ecco, pensavo a una cosa del genere.
Da insegnante precario di Filosofia e Storia ti sei trasformato in uno scrittore, inseguendo il tuo sogno: cosa ha fatto nascere in te la voglia di cambiare?
Scrittore lo ero già: il mio romanzo di esordio è uscito nel 2011, appena dopo la laurea. L’idea di mollare l’insegnamento è nata dall’esigenza di fare un salto di qualità. Con i primi lavori sono arrivato nelle librerie di qualche centinaio di persone; la mia speranza era di riuscire a raggiungerne almeno migliaia. Ci sono riuscito. Ringrazio i tifosi che da anni mi sostengono nel mio stadio immaginario.
Sappiamo che tieni anche dei corsi di scrittura a Bologna: qual è l’insegnamento più importante che speri di trasmettere ai tuoi allievi?
Che la scrittura è impegno, ricerca, precisione.
“Il drago non si droga” è uno dei tuoi libri più famosi, in cui il protagonista è un bambino: secondo te, siamo tutti eterni bambini alla ricerca della felicità? Cos’è secondo Walter la felicità?
La differenza tra adulto e bambino è spesso enfatizzata: per molti è come se fossero due cose totalmente diverse. Non è così. Un bambino ha solo meno informazioni sul mondo, perciò è meno fantasioso (anche se all’omino medio sembra il contrario) e non sa quanta fatica serva per raggiungere un oggetto del desiderio (e non immagina, perché ingenuo, quanta fortuna serva per raggiungere alcuni oggetti del desiderio). Tutti gli esseri umani vogliono andare a letto col sorriso e svegliarsi col sorriso. Il problema è capire come ci si possa arrivare a questo sorriso quotidiano. Ognuno deve trovare la propria strada. La mia presuppone una vita in cui passione e professione coincidano. Voglio essere pagato (bene) per cose che farei (ma non faccio) anche gratis.
Nel 2017 hai partecipato anche alla trasmissione “Dribbling” in onda su Rai2. Com’è hai vissuto l’esperienza televisiva? Ti piacerebbe ancora lavorare in TV?
È stata un’esperienza positiva, mi ha fatto capire quanto sia sbagliato credere che “in Tv ci può lavorare chiunque”. Dietro ogni programma c’è una squadra di professionisti con altissimi livelli di capacità e costanza e cultura, quindi sì: mi piacerebbe lavorare ancora per la Tv. Anche per la paga.
Sempre nel 2017, hai pubblicato ” Ventuno vicende vagamente vergognose”: cose bolle in pentola, invece, per questo 2018?
Con un amico cantautore ho da poco finito di preparare uno spettacolo, che si intitola: Mitico! Marcello Ubertone con le sue canzoni e io coi tautogrammi raccontiamo il mito a partire da Omero per arrivare a Homer Simpson. Nel 2018 vorrei portare in giro per l’Italia questo show; abbiamo esordito a Milano ed è andata benissimo, persino oltre le aspettative: applausi a non finire, risate, complimenti a raffica al termine. Penso che mi aiuterebbe ad andare a letto col sorriso e a svegliarmi l’indomani col sorriso, se da varie città ci invitassero a metterlo in scena. Voi che aspettate?