Intervista a Tommaso Di Giulio: con il suo “Lingue” arriva all’Indiegeno Fest 2018

Tommaso Di Giulio sarà uno dei protagonisti della nuova edizione di Indiegeno Fest 2018, evento musicale che si svolgerà dal 3 al 9 agosto 2018 nel Golfo di Patti (ME).

Si esibirà il 9 agosto 2018 al Teatro Greco di Tindari insieme ad artisti del calibro dei The Zen Circus e Maria Antonietta. Suonerà pezzi vecchi e canzoni del suo “Lingue”, il nuovo ed ultimo progetto discografico.

Lo abbiamo raggiunto telefonicamente e leggete cosa ci ha raccontato…

Tommaso, quando e come hai capito di avere un talento come cantautore?

Non ne ho idea perché il talento è una cosa che ti attribuiscono altri. Ho iniziato a capire che mi divertiva e mi piaceva molto fino a non poterne fare a meno, come cantautore, intorno ai vent’anni. Ho cominciato a suonare in maniera abbastanza seria a quattordici anni e già da lì avevo capito che sarebbe stata un’attività che non avrei potuto abbandonare facilmente.

Come nascono le tue canzoni? 

Nascono in modi molto diversi e casuali. A volte sono frutto di osservazioni, altre volte in maniera spontanea e rapida a seconda dell’urgenza che ho nel dare forma ed esprimere qualcosa che mi accade. Anche per mettere in moto qualcosa che tarda a volersi muovere e attivare.

Il tuo nuovo album si intitola “Lingue”. Perché questo titolo? Ci descriveresti il disco?

Il titolo è una sintesi di tre concetti fondamentali. È un omaggio ad un disco dei Talking Heads “Speaking In Tongues”. A sua volta, questo titolo ha in sé il secondo concetto fondamentale: le lingue che si mescolano, i linguaggi, soprattutto in un’epoca contemporanea in cui è tutto molto contaminato. In ultima istanza, si chiama così perché è un disco che parla di comunicazione anche a più livelli. È un disco dedicato a mio padre con il quale ho dovuto reimparare a parlare, o meglio, imparare a scambiare emozioni in modo diverso dopo una brutta malattia. È stato il perno attorno a cui hanno ruotato tutte le canzoni del disco. È un disco molto elettrico e molto rock, seppur è una parola curiosa da dire oggi visto che se ne fa molto poco. È stato registrato in presa diretta, in modo spontaneo, anche a costo di tenere qualche errore. È un disco molto di pancia. Avevo già un disco pronto, ma l’esigenza di dire alcune cose mi ha portato ad accantonarlo per scrivere questo che racconta il mio presente e quello che sono diventato.

Nell’album vi è una collaborazione con Yuman. Come è nata? Ci saranno altre collaborazioni in futuro?

Spero ci saranno altre collaborazioni con Yuman e con altri. A me piace collaborare con artisti che stimo e apprezzo. Nello specifico, questa collaborazione è nata in modo molto naturale. Yuman è un ragazzo giovane che si appresta a realizzare il suo primo progetto discografico ed ha una voce straordinaria. Yuman è dolce ed ha una forza comunicativa nella voce che, nonostante sia alto un metro e novantacinque, la sua altezza è inversamente proporzionale alla dolcezza con cui si esprime. Avevo bisogno di una voce diversa dalla mia che esprimesse un certo mondo, Yuman mi sembrava l’ideale.

A proposito di collaborazioni. Sei tu l’autore di “Disordine d’Aprile” cantata da Max Gazzè. Ci racconti qualche dietro le quinte di questa collaborazione?

Amo la musica di Gazzè. Amo i suoi testi ed il modo di concepire il pop di Max. Collaborazione molto poco programmata. Qualche tempo fa c’eravamo incontrati in una trasmissione televisiva che metteva a confronto un emergente ed un emerso e facemmo un divertente duetto a due bassi e a due voci. Gli diedi un demo di questi autoprodotti col pennarello e da lì mi invitò ad aprire qualche suo concerto. Si instaurò un rapporto di amicizia con lui e con Giorgio Baldi. Due anni dopo mi ha chiesto di scrivergli un brano che ho scritto insieme a Giorgio. A lui non solo è piaciuta la canzone ma ha voluto cantarla in featuring con me. Così ho avuto l’onore di duettare con uno dei miei miti musicali anche su disco.

Ad oggi va di moda la trap, pensi che ci sia ancora spazio per i cantautori?

Ce ne sono tanti che fanno successo anche con l’ondata della trap. Penso a Calcutta, ai The Giornalisti, Motta, Brunori e al pop classico. La trap come il rap in generale è un tipo di roba che ha una sua scadenza. Non è un tipo di musica che rimane imperitura nelle orecchie della gente. Va ad ondate. In Italia siamo amanti della canzone, della melodia, della canzone da cantare a squarciagola. Non so quanto durerà.

L’estate sta arrivando. Cosa c’è in programma nell’agenda di Tommaso Di Giulio?

Girare in più possibile l’Italia e suonare le canzoni del disco in questa veste più liberatoria ed espressiva. Sarò all’Indiegeno Fest e ciò mi riempie di gioia. In seguito si penserà a nuove canzoni e a nuovi progetti musicali.

Sandy Sciuto