Intervista a Paolo Pizzo: campione nella scherma e nella vita!

Intervistare uno sportivo del calibro di Paolo Pizzo é stato per Social Up un onore. Paolo ha vinto la medaglia d’oro al Campionato mondiale di scherma  nel 2011, nella gara individuale del torneo di spada; ha vinto la medaglia d’argento agli Europei di scherma di Strasburgo del 2014 sempre nella disciplina individuale, mentre alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016 ha vinto l’Argento nella spada a squadre insieme agli altri spadisti Enrico Garozzo, Marco Fichera e Andrea Santarelli.

Ha conquistato la medaglia d’argento individuale agli Europei di scherma di Tibilisi 2017, fino alla vittoria ai campionati del mondo di Lipsia 2017, il suo secondo titolo mondiale, nel torneo individuale nella spada. Pizzo ha vinto però  una battaglia molto più importante durante la sua vita, una certamente più dura di quelle con cui si diletta in pedana. Dopo aver sconfitto anche questo di avversari, é diventato ambasciatore AIRC, con lo scopo di  sensibilizzare ed avvicinare quante più persone alla ricerca contro questa malattia, non solo nel momento in cui questa incrocia il nostro cammino, non solo quando ne abbiamo bisogno in prima persona.

Sei figlio di sportivi ed hai praticato fin da piccolo diversi sport. Come mai tra tutti hai scelto la scherma?

 Ho Avuto la fortuna di provare  molti sport e vengo da una famiglia di pallavolisti. Sicuramente la scherma mi ha da Subito colpito per la sua caratteristica di essere uno sport prettamente individuale ( c’è anche la specialità a squadre che mi ha regalato grandi soddisfazioni durante la mia carriera) comunque durante la fase giovanile mi sono traviato a vestire L’abito giusto quando ho messo la divisa da scherma e ho capito che da solo dovevo risolvere i problemi in pedana, invece nel calcio o nella pallavolo cercavo sempre il conforto dei compagni di squadra. Sono un individualista ed é per questo che mi sono innamorato di questo sport: sono affari tuoi e devi crescere in fretta.

Sei un sostenitore dello sport pulito. Ma che cos’è per te lo sport?

Per come intendo io lo sport, é sicuramente una palestra di vita. Quello che io sono é sport, dalla mattina alla sera : é un legame indissolubile con quello che faccio è quello che farò. Lealtà ed impegno sono parte fondamentale dello sport ed il fatto che la scherma, ad esclusione di sporadici casi, sia uno dei pochi ad essere rimasto pulito é sicuramente un gran incentivo per pubblicizzare la scherma e far risaltare questo aspetto così importante. Da noi non si imbroglia, non esiste il doping, é difficile che esista anche la manomissione di attrezzi o di mezzi come per esempio nel ciclismo. Nella scherma hai di fronte solo il tuo avversario e devi batterlo in tutti i modi possibili nel nome della lealtà e della voglia di vincere, sportivamente parlando.

Nel 2016 hai vinto l’argento alle Olimpiadi di Rio, nel 2017 l’oro ai Mondiali. Qual è stato per te il momento più bello oltre alla stoccata finale?

Beh, sicuramente sia le Olimpiadi che i mondiali del  2017 sono tra i momenti più belli della mia  carriera sportiva. Adesso che sono ancora in piena attività riconosco di non essere ancora riuscito a godermeli a pieno. Quando smetterò, é mi guarderò indietro, mi renderò conto di quello che sono. Per adesso ho ancora grandi obiettivi e cerco di rimanere con i piedi per terra. Per rispondere alla domanda, il podio rimane il momento più belloccio: quando sei con la tua squadra e concludi un percorso o quando sei lì da solo e pensi ad ogni momento, ad ogni goccia di sudore, a quanto ti sei applicato per raggiungere quel traguardo. Quello per me é il vero momento di gloria, é il simbolo di tante piccole cose che fanno di un successo qualcosa di grande!

Sei ambasciatore AIRC, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro, tema che ti tocca da vicino. Ti va di raccontarci la tua esperienza e di fare un appello per sostenere AIRC nella lotta contro il cancro?

Tra i 13 ed i 14 anni ho avuto un tumore al cervello che ho avuto la fortuna di superare a pieno, grazie alla bravura dei medici e forse anche grazie, in piccola parte, alla mia caparbietà. Dopo la vittoria del Mondiale del 2011 a Catania si é avvicinata l’Airc che mi ha proposto di condividere la mia storia con le persone, per farle avvicinare alla ricerca e per sostenerla. Da quel giorno mi sono legato fortemente a questa associazione, avendo avuto l’opportunità, più volte, di riscontrare la loro serietà e di vedere con i miei occhi i luoghi in cui si studia e si fa ricerca, come nelle migliori palestre professionali. I ricercatori, nei loro laboratori, dalla mattina alla sera, cercando di battere il loro avversario, che poi é l’avversario di tutti: il cancro. La ricerca va sostenuta non solo quando se ne ha bisogno, ma sempre. Sono molto fiero di questo legame con Airc e quando mi chiamano sono sempre presente.

Siamo in un’era digitale, in cui i ragazzi preferiscono stare davanti ad uno smartphone piuttosto che praticare uno sport. Cosa diresti ad un ragazzo per farlo avvicinare maggiormente allo sport?

Adesso sto rispondendo da Hong Kong, in Asia. Mi trovo qui per le gare. In questi giorni ho notato come i nuovi dispositivi tecnologici siano dati ai bambini con la stessa facilità delle caramelle. Tutti i ragazzi hanno la faccia china sugli schermi ed a vederli mi fa un po’ di tristezza. Siamo stati travolti dal digitale e qualunque generazione non può farne a meno, ma sicuramente noi più grandi gestiamo meglio la cosa, mentre ai più giovani sta sfuggendo di mano. Il Mondo va veloce, ma non si può prescindere nell’età dell’apprendimento, non si può rimpiazzare l’importanza di un’attività sportiva. Io sono cresciuto nelle palestre ed ho un bagaglio culturale e sociale che dipende direttamente da quello che ho fatto nello sport. É chiaro, io sono una persona fortunata, il mio lavoro é diventato ciò che mi piace, ma una crescita sana non può prescindere da un’attività sportiva e questo vale per tutto il corso della vita. Oramai qualunque studio scientifico dimostra questa testi. In qualunque città d’Italia ci sono svariate attività e tutti possono trovare una palestra, un’attività per soddisfare le proprie caratteristiche, il proprio estro e sfogarsi anche un po’ quando il lavoro é particolarmente logorante.

Quest’anno hai una tifosa in più: tua figlia. Come concili la tua carriera di sportivo con quella di papà?
Sono padre da un mese ed é tutto abbastanza fresco. Conciliarlo é stato sicuramente una bella bomba, dal punto di vista dell’organizzazione del quotidiano. Devo però dire che le energie si sono magicamente duplicate. Prima quando tornavo da un allenamento magari potevo riposarmi sul divano, adesso appena arrivò a casa dò il cambio a mia moglie, prendo mia figlia e me ne occupo, così che anche lei abbia un po’ di relax. I miei spazi di recupero sono decisamente stretti, però anche se sono stanco e mi fanno male le braccia o la schiena, quando la vedo e lei mi sorride, nonostante sia piccola ed inconsapevole, passa tutto. É sicuramente un nuovo mondo, nel quale devo ancora calarmi completamente e che non avrei mai immaginato. Posso dire comunque che la mia fame di vittoria non é ancora stata intaccata, e vorrei poter rendere orgogliosa anche mia figlia, anche se prima che si possa realmente rendere conto di quello che faccio passerà molto tempo. Ma voglio sognare,  voglio pensare di riuscire a farla felice anche adesso che é molto piccola.
Sharon Santarelli