Intervista a Giulia Mantovani, la fotografa ritrattista che racconta l’essenza delle persone

Raccontare la vita delle persone attraverso uno scatto, racchiudendo l’unicità del momento in una foto.

Giulia Mantovani,  29 anni, e appassionata di fotografia da quando ne aveva 16, ha una visione chiara della fotografia come atto relazionale e di indagine del mondo.

Freelance e autodidatta, ma con 13 anni di esperienza sul campo, la giovane fotografa di Carpi ha iniziato la propria carriera nei quotidiani locali, intuendo subito come la macchina fotografica rappresenti uno strumento di comunicazione potentissimo. Una passione che l’ha portata così a raccontare il mondo, le persone e la loro essenza attraverso l’arte fotografica.

Noi di Social Up abbiamo avuto il piacere di intervistarla. Venite con noi!

Come nasce la tua passione per la fotografia e perché?

La mia passione per la fotografia nasce intorno ai quindici anni. È stato ed è tutt’ora un modo per esprimermi, per osservare il mondo e raccontarlo. Quello che faccio è un’estensione di ciò che sono: il modo in cui fotografo, le inquadrature, l’organizzazione di un servizio fotografico mi rispecchiano, fanno parte del mio modo di essere.

Fotografare è come respirare.

E nel farlo tutto è connesso: dal lavorare sulle idee, decidere delle cose, scriverle, visualizzarle nella mia mente, associarci canzoni, libri, sensazioni, ricordi, inventare per poi andare a raccontare una storia unica e le storie puoi trovarle ovunque. Spesso ho le foto già nella mia mente, cosa vorrei dire e rappresentare con quello scatto. Fa tutto parte del processo creativo che successivamente diventa un flusso di lavoro. È un istinto che ti fa muovere verso qualcos’altro. Penso di averne fatto tesoro e di averlo trasformato in un lavoro. Non sono mai stata nello stesso processo creativo per tanto tempo. Cambio spesso, ma perché a cambiare siamo noi. Ci riscopriamo persone diverse rispetto a ieri o a stamattina. È la continuazione di un’idea perché siamo tante cose insieme e non saremo mai una  singola cosa per sempre. E poi non mi accontento mai, guardo sempre alla cosa successiva.

Perché hai deciso di specializzarti nella ritrattistica?

Il ritratto è quel tipo di fotografia che ho sempre sentito più affine a me, perché è come entrare nel mondo di qualcun altro, un mondo sconosciuto.

Prima di iniziare a fotografare qualcuno ci parlo tanto, perché il poter conoscere le storie degli altri è un passaggio delicato. Occorre dare loro valore e importanza nel modo giusto, raccontando anche cosa non dicono. Prima di essere una fotografa sono una persona molto empatica ed emotiva. Bisogna avere voglia di scoprire chi si ha davanti.

Vita da freelance: quali sono le difficoltà più grandi del fare la fotografa freelance, in Italia?

Sono una fotografa freelance per scelta. Ci sono alcuni momenti in cui si hanno tanti lavori, e altre volte meno; tutto però sta nel saper trovare un equilibrio e soprattutto nel comprendere la gestione del proprio tempo senza perderne. Preferisco queste dinamiche a un lavoro fisso perché mi permettono di gestire la mia attività, la creatività che si alimenta di continuo ogni giorno. La frase ‘fai il lavoro che ami e non lavorerai in giorno nella tua vita’ non è vera. Il mio lavoro è il mio lavoro. E ne sono contenta anche quando sono stanca e ho fatto tantissime ore perché poi torno con leggerezza, energia e felicità che mi riempiono il cuore. È una gioia che il mattino dopo mi fa andare a nuotare, camminare o guidare per chilometri mentre sto già pensando alle prossime fotografie che dovrò fare. 

Se potessi dare un consiglio ai giovani aspiranti fotografi su come iniziare a lavorare in questo mondo, quale sarebbe?

Sicuramente, deve piacervi quello che fate perché servirà perseveranza e dovrete fidarvi di quello che sentite. Per prima cosa, cercate di capire in quale situazione riuscite ad esprimervi al meglio. A volte, ci vogliono persino anni prima di trovare la propria nicchia perché bisogna imparare a conoscersi bene prima come professionisti. Se ci pensiamo, al giorno d’oggi, siamo davvero bombardati da immagini. Internet, ad esempio, è un mezzo che aiuta tantissimo a farsi conoscere ed è molto diverso anche solo rispetto a qualche anno fa.

Il tuo progetto Home by Lens nasce proprio in pandemia: quale pensi sia il suo obiettivo principale?

L‘obiettivo di Home By Lens è quello di andare ancora più a fondo all’interno delle storie delle persone, per raccontarle. Qual è il luogo più sicuro e intimo in cui ci si può “rifugiare”? Casa. Che è un luogo “non luogo” diverso, per ognuno di noi. Sono partita proprio da lì per raccontare le persone: qualunque mestiere facciano sono degli esseri umani unici e la loro storia non sarà mai uguale a quella di qualcun altro.

Hai intenzione di sviluppare altri progetti simili, in futuro?

Ho certamente intenzione di portare avanti e sviluppare nuovi progetti, di cui ho già qualche idea ma che non voglio ancora svelare. La cosa principale è che mi permettano sempre di raccontare una storia dietro la persona che mi sia d’ispirazione. Proprio per questo motivo è necessario trovare quelle persone che mi trasmettono la sensazione giusta. 

redazione