Maglietta nera, jeans e un cappellino: si presenta così Fadi, cantante romagnolo dagli occhi scurissimi che parteciperà al Festival di Sanremo 2020 nella sezione “Nuove Proposte”. Nato e cresciuto tra Rimini e Riccione, gareggerà al festival con una canzone intitolata Due noi. Venerdì 31 gennaio è uscito il suo nuovo album, il primo progetto firmato Sony Music Italy. Noi di Socialup lo abbiamo incontrato alla presentazione del nuovo disco e abbiamo scambiato con lui due chiacchiere.
Come ti stai preparando per Sanremo? Hai riti scaramantici? Quali sono le tue emozioni riguardo questo evento?
Non ho nessun rito scaramantico. Ho un bel po’ di emozioni, timore, a tratti. Insomma un bel po’ di cose che dovrò cercare di metabolizzare e addomesticare su quel palco così importante.
Ti saresti mai immaginato di arrivare sul palco dell’Ariston?
Mm no, no. Guarda sono stato super-contento di essere arrivato tra i primi sessanta; facevo i salti di gioia. Già quello era una roba da dire agli amici del bar.
Nella canzone con cui gareggerai si racconta una storia d’amore che si intesse per le vie di Bologna. È un racconto autobiografico?
Io tendenzialmente parto da cose che mi accadono, poi sono uno molto pragmatico. Da noi diciamo spataccare: letteralmente mettere le mani in pasta. E quando sono lì che prendo e faccio, capita che vengano fuori delle canzoni così. A Bologna nello specifico ho fatto l’università, e proprio nella tratta Rimini-Riccione-Bologna è venuta fuori questa canzone. Racconta un paio di vicende personali, parla dei due di picche, parla di me di quando ancora facevo fatica per laurearmi in economia. Economia in inglese per l’esattezza, perché in italiano non sono passato… io le robe facili no eh.
Hai partecipato al progetto Faber Nostrum, album in cui sono raccolte le canzoni di De André interpretate da artisti emergenti. Canti Rimini, hai scelto tu questa canzone?
Sì, bellissimo progetto e sì l’ho scelta io. Non avrei potuto fare altro.
Rimini, bologna, testo della piada e il mare sono solo alcuni degli elementi della tua produzione che rimandano alla Romagna. Che cosa significa per te essere romagnolo?
Per me essere romagnolo lo associo all’ospitalità. Forse perché sono cresciuto in una pensione. Significa un forte rispetto per l’altro. La sincerità delle persone. Tu romagnolo sei veramente contento di servire l’altro. Non è una roba di convenienza l’accoglienza della riviera. I romagnoli hanno un’ospitalità che non la trovi nel mondo. Io ho trenta anni e un po’ ho girato e nel mondo è rara trovarla, però quando la ritrovi in giro ti senti a casa. Ed è una figata pazzesca!
Come ti sei avvicinato al mondo della musica? Da piccolo cosa volevi fare da grande?
Come dice il mitico Lucio Corsi “nemmeno da vecchi si sa cosa faremo da grandi”. Io sono uno che la musica non sapevo sarebbe diventata la mia strada. Mi piaceva e cantavo. Quando ero piccolino cantavo nei cori a scuola e venivo sempre messo in fondo. Già all’epoca avevo una voce prestante e mi mettevano dietro per evitare di coprire le voci degli altri ragazzini. Io però questa cosa qui l’ho sempre letta come “guarda Thomas ti mettono indietro perché non sei capace”. Non ho la premura del “se non faccio questo cosa faccio”. Il cantare lo faccio perché mi fa stare bene. Quando sono lì provo delle emozioni che ancora non ho capito e sto cercando di comprendere.
Parliamo un po’ di questo nuovo disco. Quale canzone ti piace di più? Sei emozionato per il tour che partirà ad aprile e che ti vedrà calcare il palco del Covo club di Bologna, quello de Le Mura di Roma, quello dell’Off topic di Torino per poi terminare al circolo Ohibò di Milano?
Sono super-emozionato e non vedo l’ora. Per quanto riguarda le canzoni, mi piacciono tutte quante. Sono tutte una parte di me. Forse qualcuna la sento più vicina però non saprei scegliere la mia preferita.