Intelligenza Artificiale: la rivoluzione che cambierà il mondo

Per Intelligenza Artificiale, nota anche come AI e derivante dall’acronimo inglese Aritficial Intelligence, si intende “l’insieme di studi e tecniche che tendono alla realizzazione di macchine, specialmente calcolatori elettronici, in grado di risolvere problemi e di riprodurre attività proprie dell’intelligenza umana” (T. De Mauro, Grande dizionario italiano dell’uso, Torino 2000). La locuzione rappresenta un’evidente e provocatoria contraddizione poiché attribuisce all’artificiale qualcosa che viene gelosamente e generalmente custodito dalla natura umana, l’intelligenza appunto. Ma è davvero possibile che una macchina possa essere intelligente nel senso in cui il termine viene attribuito alla mente umana? Prima di rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro nel tempo e capire quando effettivamente risale la sua nascita.

Se rapportiamo l’intelligenza artificiale al periodo storico, la prima mossa fu quella del filosofo francese Blaise Pascal, che progettò un sistema a ingranaggi (la Pascalina) per aiutare il padre a gestire i calcoli per l’amministrazione fiscale della Normandia. Lo seguì Alan Turing che teorizzò il calcolatore automatico universale in grado di comportarsi in maniera “intelligente”. Nel 1950 Turing ideò infatti il test che porta il suo nome il quale prevedeva che, se durante un’interazione libera un essere umano non fosse riuscito a distinguere una macchina da un altro essere umano, allora avremmo potuto definire intelligente la macchina.  Ma gli sviluppi più importanti sono da ascrivere nel 1956 quando John McCarthy, riunì a Dartmouth i principali studiosi del tempo in un seminario in cui, fra l’altro, egli propose il nome di “intelligenza artificiale”. McCarthy, nella sua proposta per la conferenza, espresse l’opinione che ogni aspetto dell’intelligenza potesse essere descritto in termini da rendere possibile programmare una macchina in grado di simularli. Nei decenni successivi la ricerca proseguì con vicende alterne. Gli anni Sessanta furono caratterizzati da risultati forse non eccezionali se valutati col metro odierno, ma allora entusiasmanti, sia a causa della limitatezza degli strumenti di calcolo con i quali erano ottenuti, sia perché sistematicamente gli scettici tentavano in tutti i modi di porre i bastoni tra le ruote. Ma cosa fa l’intelligenza artificiale?

Siamo ufficialmente dinnanzi ad un futuro in cui i robot rispondono ad ogni nostra richiesta, imparando così ad obbedire ai nostri ordini. Tutto questo non è più soltanto un’utopia, e a dimostrazione di ciò abbiamo numerosi e quotidiani esempi. Primo è la Google Car, ovvero l’automobile progettata da Google che riesce a guidarsi da sola e che fra qualche anno potremmo trovare sulle nostre strade. Molto importante è anche il progetto finanziato da Amazon per la creazione di droni automatici per la consegna dei pacchi, i cosiddetti Amazon Prime Air. L’applicazione dell’ Intelligenza Artificiale più conosciuta è sicuramente quella dei videogames il cui scopo è simulare un comportamento human-like nei Non Player Characters.  Ancora un esempio è il riconoscimento facciale di Facebook, quel sistema per cui il social network ci segnala quali sono i nostri amici che compaiono in determinate foto grazie a reti di hardware e software in grado di analizzare una quantità immensa di dati fino al punto di imparare a distinguerli e associarli. Chiude il cerchio il curioso marchingegno made by Apple noto come Siri, in grado di capire il linguaggio umano a sufficienza da comprendere che comandi le stiamo dando.

In realtà tutto ciò rappresenta solo un piccolo assaggio di quello che pian piano potrebbe trasformarsi in una vera e propria rivoluzione tecnologica, ma con quali ripercussioni? Tra ottimisti e apocalittici, si piazzano quelli che cercano una soluzione di mezzo, secondo cui nel futuro, non saremo sostituiti dai robot, ma dovremo semplicemente abituarci a lavorare sempre di più con loro. I dati, però, non promettono nulla di buono: secondo i calcoli della Bank of America il 47% dei lavori può essere automatizzato. E tra questi lavori, qualcuno in particolare rischia di andare incontro ad una vera e propria catastrofe. La cosa importante, quindi, è cercare di capire quali lavori non saranno toccati dalla rivoluzione robotica. Generalmente, si ritiene che le professioni al sicuro siano quelle che richiedono contatto umano come massaggiatori, parrucchieri e cose di questo tipo. Ma questi lavori saranno davvero al sicuro? Non è poi così difficile pensare a un robot che, come cucina l’hamburger nel modo in cui a noi piace, impari ad acconciarci i capelli secondo il nostro taglio preferito. E i lavori che richiedono grandi professionalità? Almeno quelli sono al sicuro? Ebbene, la risposta è no: gli avvocati hanno già iniziato a temere la rivalità dell’intelligenza artificiale soprattutto dopo aver appreso la notizia dell’assunzione di Ross, primo avvocato robot ad aver trovato lavoro presso lo studio legale Baker & Hostetler. Il curioso robot, che può scartabellare tra migliaia di pagine, trovando collegamenti tra i vari fattori alla velocità della luce senza mai distrarsi o stancarsi, sarà in grado di svolgere il lavoro di ben 50 avvocati!

Cosa manca all’AI per soppiantarci definitivamente? Sembrerebbe proprio che buon senso e  creatività siano i due vantaggi a disposizione dell’essere umano per continuare a essere un passo avanti rispetto ai robot. In ogni caso se gli scenari di Terminator di James Cameron (1984) sembrano essere ancora lontani, questo non ci impedisce di fantasticare e di vivere l’adrenalina di un’eventuale contatto con il misterioso mondo artificiale, attraverso alcune pellicole cinematografiche come Intelligenza Artificiale di Spielberg (2001), Io Robot di Alex Proyas (2004).

Erminia Lorito