Fonte: Libero

Immuni: tracciamento contagi, privacy e l’ipocrisia italiana

La settimana appena trascorsa è stata caratterizzata dalle prima dichiarazioni concrete del mondo politico ed istituzionali relativamente alla cosiddetta fase 2 dopo il 4 maggio.

Una delle notizie che sicuramente ha fatto più scalpore è stata sicuramente la volontà dell’introduzione di un’app di tracciamento dei contagi: stiamo parlando di “Immuni”.

L’app è stata approvata dal Governo con l’obiettivo di tracciare i soggetti positivi durante le fasi di ripresa dalla quarantena. Trattandosi di una novità, come la realtà da due mesi a questa parte ormai, le dichiarazioni, a favore e contrarie, non sono mancate.

Immuni: Fase 2 guidata dal tracciamento

L’app, fornita dalla società con investitori internazionali Bending Spoons, sarà disponibile al download da fine maggio e per essere efficace nella sua missione dovrà essere scaricata da almeno metà degli italiani. Facile direte? E invece proprio qui sono sorti i primi dubbi.

L’app, infatti, non sarà obbligatoria per tutti, ma sarà scaricata su base volontaria e per coloro che ne usufruiranno sarà disponibile anche una sorta di cartella clinica online, notizia tutta da confermare quest’ultima, annunciata in maniera disordinata ieri in conferenza stampa dal commissario straordinario Arcuri.

Successivamente all’obbligatorietà o meno del download sono iniziate le prime polemiche relative alla sicurezza della gestione dei dati trattati dall’app, capace di tracciare il percorso degli utilizzatori attraverso l’incrocio di dati derivanti dall’utilizzo del GPS (ipotesi lontana per problemi di tutela della privacy) o del Bluetooth (ipotesi più realistica).

Sui social il complottismo, ovviamente, è esploso. All’improvviso sono comparsi post contro l’app, con accuse di controllo degli spostamenti rivolte al governo, con rivendicazioni di libertà da parte di alcune frange del popolo del web.

Immuni: la privacy e l’ipocrisia a convenienza italiana

Episodi del genere certificano, ancora una volta, l’ipocrisia in cui versa parte del nostro Paese, che parla di tutela della privacy quando non si preoccupa di andare in bagno usando Maps (pensate che Google sia un benefattore?), una società che parla di rischi per la libertà con il 47% di analfabeti funzionali.

Si fanno storie per Immuni, che ha l’obiettivo nobile di contenere il contagio, ma non si fanno problemi a cedere i propri dati, le proprie preferenze, parti del proprio privato in cambio di una pizza o di una consegna di un videogioco in poche ore.

La pandemia ci ha segnato e dobbiamo sforzarci di capire che non sarà più come prima, che è necessario cambiare e rivedere le proprie priorità, ovviamente tenendo sempre in equilibrio rispetto per la comunità con la tutela della propria privacy.

Un segnale positivo è arrivato da varie forze politiche che, in modo trasversale, hanno richiesto l’approvazione di una legge per garantire la tutela della privacy di ogni individuo. Richiesta sacrosanta, utile a portare ordine in un Paese in caos che va riportato alla tranquillità.

Paride Rossi