Ilie Nastase: quel rissoso, irascibile e bizzarro artista del tennis

La Romania ha vinto l’incontro. Il suo capitano ha perso la faccia. Nell’ambito dell’incontro valido per i play off di Fed Cup (la Davis delle donne), disputatosi dal 21 al 23 aprile a Costanza, la squadra rumena (Halep, Cirstea e Begu) ha battuto le inglesi (Konta e Watson) per 3 a 2.

A tenere banco però durante il match di singolare che opponeva la Cirstea alla britannica Konta sono state le clamorose sceneggiate di Ilie Nastase condite da gravi insulti a quest’ultima con il tipico intercalare maschilista seguiti dagli apprezzamenti non proprio Oxfordiani nei confronti della capitana avversaria Anne Keothavong.

L’ineffabile Capataz rumeno già tristemente noto a suo tempo per le sue opinioni a dir poco reazionarie, per l’occasione rispolverato in veste di responsabile tecnico della squadra femminile, qualche giorno prima si era distinto per le sue dichiarazioni inequivocabilmente razziste a proposito del futuro figlio di Serena Williams.

Intuibili nei contenuti e squallidi nei dettagli, alla fine poco importano i particolari circostanziati della spiacevole vicenda, bastano i significati considerando infine che il reprobo è stato giustamente sollevato dall’incarico.

Spiace certo censurare questo comportamento che usando un dolce eufemismo definiremo poco elegante solo in segno di rispetto per il suo glorioso passato. Lo stravagante personaggio è meritevole solo di questo.

E anche se non si è minimamente pentito raccontare la sua storia è però un tuffo nella nostra, perché nel mare infinito del passato certi ricordi sono legati a un granello di sabbia: quello che scorreva nella clessidra di un tempo dove era un giocatore di tennis che alla stregua di un prestigiatore estraeva conigli balistici dalla sua racchetta. E così aveva cominciato vincendo questo attrezzo a 12 anni come premio del suo primo torneo. Ilie Nastase nato a Bucarest il 19 luglio del 1947, oltre a mettere in mostra le sue straordinarie qualità tecniche, aggiunse un certo non so che di teatrale in tutti i suoi incontri. Regalare spettacolo tennistico in cui esibiva grande varietà di colpi abbellito con le sue improvvise gag era un godimento particolare che lo divertiva esaltandolo. Ecco i gatti neri per irretire il superstizioso Panatta; i baffi finti per sfottere il suo amico Tiriac e il papillon in campo per gigioneggiare con la complicità di Connors: questi ultimi due suoi degni compari di doppio. In questa specialità vinse tre quarti di slam: gli open di Francia accanto al connazionale e quelli di Wimbledon e l’open degli Stati Uniti insieme all’impunito americano. Risultati prestigiosi e strabilianti certificati da 51 affermazioni totali, quasi in simbiosi con le performance extra tennistiche che a volte trascendevano in vere e proprie situazioni al limite. Si narra che una volta i due amiconi rumeni mentre erano impegnati in un match, abbiano adocchiato tra il pubblico presente una procace fanciulla: questione di un attimo e una scintilla balenò nel cranio dell’effervescente Ilie che scommise su due piedi con Jon una grossa cifra se fosse riuscito a portarla a cena.

In singolare poi oltre 4 titoli nel Master e due affermazioni al Foro Italico che arricchiscono la sua lunga sequela di 57 vittorie, il giovanotto dalla balda sicumera riuscì a cogliere prestigiosi risultati come i successi negli Slam di Parigi e New York inanellando al contempo due finali nello slam che si chiama desiderio: Wimbledon dove fu due volte finalista, battuto rispettivamente da Stan Smith e Bjion Borg. Quel giorno sarebbe diventato lo spartiacque per ambedue: cominciava il lungo regno del freddo svedese e al contempo il suo modo di giocare rappresenterà una sorta di nemesi tennistica per il funambolico uomo di Bucarest

Il vento dell’est non avrebbe più spazzato con le sue impetuose folate di talento e personalità i court di tutto il mondo, solo qualche refolo ogni tanto per sentire ancora sulla pelle il brivido del successo.

Dal 1970 come primo giocatore al mondo al 1985 anno del ritiro Ilie Nastase ha deliziato e scandalizzato gli spettatori di ogni latitudine; ha irretito e indispettito più di un avversario e qualche arbitro, ha forse più di altri tennisti rappresentato la sua epoca dove tutto era meno esasperato, ma soprattutto ha scritto il proprio nome a caratteri cubitali nella lista dei grandi interpreti dell’arte della racchetta.  E non saranno certo queste malinconiche esibizioni a togliere smalto alla sua leggendaria carriera.

Solo che da uno come lui abituato al palcoscenico ci si sarebbe aspettato un’altra uscita di scena: un grande attore sceglie sempre il momento giusto per lasciare il proscenio. Forse è pretendere troppo perché recitare poteva essere il suo hobby, giocare magistralmente a tennis la sua missione speciale per conto del Dio degli sportivi: quelli veri e di razza che nel momento della verità sono capaci anche involontariamente di mostrare le loro debolezze truccate da roboanti e pretestuose prese di posizioni.

Essere brutti, sporchi e cattivi è capitato quasi a tutti: dovremmo solo ricordarlo specie quando ci riguarda perché il più delle volte il nostro specchio personale ci rimanda quasi sempre indietro l’immagine di quelli buoni, belli e bravi.

Vincenzo Filippo Bumbica