Il 25 Aprile 1986 era un giorno come tanti per gli abitanti di Pry’jat’, una piccola cittadina situata nel nord dell’Ucraina. I bambini erano andati a scuola mentre gli adulti, dopo una giornata di lavoro, decidevano di rilassarsi a casa o farsi una bevuta con gli amici. Eppure quella stessa notte le loro vite sarebbero cambiate per sempre. Alle ore 1.23 circa della notte del 26 Aprile 1986 il reattore numero quattro della centrale di Cernobyl, situata vicino la città di Pryp’jat’, esplose, emettendo enormi quantità di vapore bollente ad altissima pressione. In breve tempo il reattore prese fuoco, rilasciando nell’atmosfera materiale radioattivo. Da quel giorno questo accadimento è conosciuto come Disastro di Cernobyl ed ebbe conseguenze durissime non solo per gli abitanti della città ma anche per tutta l’Europa.
In meno di trentasei ore dall’esplosione, i circa 47.000 cittadini di Pryp’jat’ furono costretti ad abbandonare le proprie case, lasciando i propri oggetti e beni dove si trovavano, con la promessa che un giorno sarebbero potuti tornare nelle loro abitazioni per recuperare quanto lasciato. Quel giorno non è mai arrivato.
Ad oggi Pryp’jat’ è una città bloccata nel tempo. Tutto è rimasto come quei giorni di aprile di trent’anni fa. Le strade vuote, le aule di scuola abbandonate, le giostre ed i negozi, un tempo pieni di vita, sono oggi simboli di una natura che si è ripresa quello che l’uomo ha abbandonato. Una città fantasma che è emblema della follia dell’uomo ma anche, paradossalmente, una vittoria della vita sulla morte. Quando Pryp’jat fu abbandonata, una mano sconosciuta scrisse nella bacheca di un asilo, “Non ritorneremo, addio”, quasi a presagire la fine della città, ma anche se i bambini non sono più tornati nelle loro case, almeno i fiori hanno ripreso a sbocciare nei luoghi e nelle strade di questo borgo fuori dal tempo.