Green book: road movie garbato, “guidato” da un autista a dir poco anticonvenzionale

Un buon road movie quello di Peter Farrelly, regista di commedie decisamente più demenziali e grottesche come Scemo più Scemo e Tutti pazzi per Mary (assieme al fratello Bobby, anch’egli regista). In Green book lo stile è radicalmente diverso: siamo sempre dinnanzi ad una commedia, ma la sceneggiatura è ben più raffinata e lo stile decisamente più posato ed elegante; la risata è provocata con garbo dalle interazioni tra i personaggi, soprattutto dal loro contrasto-scambio, durante il viaggio che li vede protagonisti.

La trama racconta la storia di Frank Anthony Vallelonga, un italoamericano, interpretato da un convincente Viggo Mortensen (qui rozzo e ingrassato, che conferma anche stavolta la sua poliedricità come attore), un tuttofare che sa quando usare le maniere forti, incredibilmente bravo a districarsi in ogni situazione, il quale, dopo aver perso il suo lavoro di buttafuori, viene contattato da un misterioso datore, che vorrebbe assumerlo come suo autista. Il “capo” non è altri che Don Shirley (Mahershala Ali, fresco di Golden Globe per questo ruolo), un pianista nero di fama mondiale, che ha deciso coraggiosamente di intraprendere un tour nel sud degli Stati Uniti, sfidando il razzismo connaturato di quei luoghi, per portare lì la sua musica.

La scelta di un autista anticonvenzionale come Tony Vallelogna, detto Tony Lip (per la sua arte oratoria nel convincere gli altri), rozzo, semplice, orgoglioso, abile nei compromessi e amante del cibo e della vita, si dimostrerà fin da subito adeguata, perché, dinnanzi al razzismo e alle continue discriminazioni razziali cui il celebre pianista verrà sottoposto, emblematicamente rappresentate dal Green book del titolo, la guida per “turismo sicuro per negri”, che indica i luoghi degli Stati del sud, in cui essi possono recarsi, solo i modi inaspettati e decisi dell’italoamericano (il cui accento rivela origini siciliane, nella versione italiana del film), permetteranno ai due di attraversare gli stati del Sud. Nonostante la sua fama, infatti, il pianista, un uomo elegante, geniale, ma in fondo solo, dovrà scontrarsi con il razzismo dei bianchi, ma anche con la propria ignoranza per ciò che riguarda la musica e la cultura nera, la quale, viene da lui inizialmente snobbata, perché considerata un coacervo di cliché, a se non riferibili. E’ così che l’italoamericano si dimostrerà più nero del pianista di colore e i due si scambieranno valori e conoscenze in una sincera amicizia, fatta di complicità e di divertenti infrazioni e ribellioni contro il sistema, spesso falso e spietato.

La componente del road movie è ben rappresentata in questo film, in cui la convivenza in auto è parte fondamentale della vicenda. La commedia prevale, alternata da brevi sipari musicali ben inseriti. Eleganti e misurate le gag, che provocano più di una volta il riso, e buoni i dialoghi. Per la sceneggiatura bisogna dare merito alla partecipazione di Nick Vallelonga, figlio di di Tony Lip, al quale si deve il progetto stesso del film (ne è anche produttore). La vicenda come si evince è tratta da una storia vera: il fatto che Tony Lip sia stato autista del famoso pianista Don Shriley. Certo, è probabilmente alimentata dai ricordi dell’autista, ampiamente romanzati per farne un film, che potesse divertire. Questo comporta anche alcune semplificazioni, ad esempio gli italiani ne escono un po’ stereotipati, ma ciò deriva dall’aver delineato l’autista come un personaggio tipo, se vogliamo un po’ macchietta, però estremamente efficace.

Come si diceva è convincente l’interpretazione di Viggo Mortensen, vero trascinatore e “autista” dell’andamento del film. Il personaggio è memorabile e spassoso, l’attore si muove con notevole disinvoltura in questi panni atipici per lui, che spesso ha interpretato uomini eleganti, regali e fascinosi, pensiamo ad esempio ad Aragorn ne il Signore degli Anelli, confermando il suo valore di intrprete. In chiave oscar, tuttavia, è di molto superiore, per la portata più ampia e ambiziosa del film, l’interpretazione di Christian Bale in Vice.

Più banale e prevedibile la parte conclusiva di Green Book, in cui le dinamiche tra il musicista e l’autista diventano a tratti ripetitive. Non manca poi qualche scelta un po’ più patetica. Nel complesso una buona commedia, comunque, gradevole da vedere e divertente, oltre che elegante e scorrevole nella regia. Candidato a 5 oscar, però, il film deve competere con pellicole ben più incisive. Nonostante i Golden globe ricevuti, non pare, a parere di scrive un film da statuetta.

Francesco Bellia