Gold Elephant World Festival: “Walls” e “Penalty” i vincitori

Si è da poco conclusa la sesta edizione del Gold Elephant World Festival di Catania ideato e promosso dal direttore artistico Cateno Piazza, condotto dal critico cinematografico Emanuele Rauco.

Ecco qui commenti e recensioni dei migliori film della rassegna secondo Social up Magazine. La giuria giovani ha premiato film di impegno sociale, che trattano innanzitutto il tema dell’ immigrazione. Tra i lungometraggi in concorso vince  infatti il documentario spagnolo “Walls” di Paolo Iraburu, opera intensa che con una accurata regia mette a nudo le barriere odierne, a testimonianza di come le “muraglie” non smettano mai di essere erette e sorvegliate, nonostante siano passati quasi 30 anni dalla caduta del muro di Berlino.

Il regista immortala da molteplici angolazioni tre muri di frontiera: Marocco-Melilla, Stati Uniti- Messico, Zimbawe-SudAfrica, lo fa attraverso il racconto dei protagonisti, di coloro che desiderano oltrepassarle, ma anche di chi per dovere è tenuto a sorvegliarle. Sceglie di sovrapporre piani , inquadrature e storie come se raccontasse un’unica frontiera, un’unica grande divisione e nel momento stesso in cui opera questa sovrapposizione, sceglie di usare la macchina da presa per abbattere quei muri apparentemente invalicabili. Lo sguardo registico li coglie nella loro “solidita”, ma allo stesso tempo li demolisce per la libertà espressiva con cui puo’ spaziare dall’alto in basso, da est ad ovest, da un capo all’altro del mondo. E’ così che gli “scavalcatori” (le musiche durante le scene di attraversamento sono di grande impatto) e i sorveglianti si trovano a confrontarsi tra loro e a dialogare, nonostante la muraglia. Difficile sintetizzare in breve un film talmente articolato e complesso. Ognuno dei personaggi confida alla macchina da presa il proprio modo di concepire la barriera: dalla coppia che vuole rivedere i propri figli, attraversando il muro Usa-Messico, allo Zimbawese che su un palco naturale, all’ombra di un albero di baobab mette in scena in forma teatrale l’attraversamento da lui sostenuto lungo il confine, per comunicare ai più giovani come essi sono arrivati in Sud Africa; alla guardia che lungo tale confine passa le giornate ad individuare i fuggiaschi lungo il filo spinato; agli addetti alla sorveglianza presso il confine Marocco-Melilla, incollati ai video schermi; fino alla donna che per garantire un avvenire migliore ai propri figli ogni giorno viene pagata per attraversare clandestinamente questa frontiera nordafricana trasportando pacchi giganti sulle proprie spalle.

Tra tutti questi personaggi reali e concreti, ve ne uno poi che non “subisce” le barriere per necessità o per lavoro, ma si avvicina ad esse volontariamente, per un dovere morale: disseminare il confine desertico tra Usa-Messico di bottiglie d’acqua per aiutare i fuggiaschi a sopravvivere e mettere  croci nei luoghi in cui molti di essi hanno perso la vita. Per lui due cose fondamentali.

I muri non fermano la gente, ti fanno chiedere cosa c’è dietro, dice in una scena. Siamo tutti passanti, proveniamo tutti da qualche parte. Dietro ogni oggetto ritrovato lungo il confine c’è la storia di un essere umano uguale a noi.

E’ chiaro il messaggio di uguaglianza che il regista vuole trasmettere così come l’idea che sia necessario, anche se non semplice, abbattere le barriere, come traspare  dalle parole del protagonista dello Zimbawe:

“I muri sono come le guerre, quando li attraversi sanguini”

Una scena di “Penalty”

Nella sezione corti invece, vince “Penalty” di  Aldo Iuliano, con fotografia di Daniele Ciprì, premiata al Golden World Festival. Di forte impatto visivo ed emotivo, il cortometraggio sfrutta un’idea intelligente costruendovi attorno un racconto solido che colpisce con un finale spiazzante, fulcro di tutto il film. Merito della fotografia, ma anche alla sceneggiatura. L’idea di girare con attori non protagonisti conferisce al corto un realismo straordinario. Il tema è quello dell’immigrazione e della spietatezza delle traversate, argomenti più che mai attuali, soprattutto in Sicilia.

Segnaliamo poi tra gli altri corti visti durante la rassegna: “Candy Boy” di Arianna del Grosso: in concorso, dialogato e ben scritto, che mette in luce le ansie dei genitori nel crescere i propri figli. “Radice di 9″ di Daniele Barbiero: provocatorio, buon cast, ispirato alle dinamiche di “Perfetti Sconosciuti”. Mette in luce la falsità che spesso si cela dietro le relazioni amichevoli e amorose, in una società sempre più incline all’esibizionismo quale la nostra.“The adaptation”di Bartosz Kruhilik:  polacco, che con credibile drammaticità racconta, se pur nella breve durata del cortometraggio, il senso di colpa e l’angoscia provocati da un lutto in famiglia. “Abu Salim, il prezzo della libertà” di Antonio Martino: corto documentario che sotto forma di una “visita della memoria”, riconduce gli ex prigionieri, insieme ai loro nipoti, nel carcere di Abu Salim. Impressionante il fatto che il carcere sia stato recentemente riaperto in Libia. Tra i corti non in concorso:Dyland Dog: 30 anni di incubi  di Marcello Rossi e Luca Ruocco, che parla della genesi e degli sviluppi del fumetto Dylan Dog.  “L’appuntamento” di Ylenia Politano, che con buona tecnica registica e un cast convincente racconta l’incontro di un uomo ed una donna, prima amanti, le cui vite ormai parallere continuano nonostante tutto a sfiorarsi.

“Vita fuori campo” di Alessandro Marinaro: corto meta cinematografico, originale, ironico, con le dinamiche di un soft thriller, ambientato in una sala cinematografica in cui i personaggi della pellicola si ribellano contro i distratti e svogliati spettatori, tentando addirittura di ucciderli. Tra gli ospiti speciali: Violante Placido, Daniele Ciprì, Stella Egitto.

I ricavati del Golden Elephant World festival sono stati destinati all’Onlus Lad Cure & Care che si occupa dell’assistenza e della cura  ai bambini con malattia oncologica e alle loro famiglie, promuovendo l’arte e la creatività perché la malattia non ostacoli il processo naturale di crescita.
La mission è quella di accompagnare e sostenere i bambini nella malattia dando loro l’opportunità di vivere in un ambiente stimolante e familiare.