Giocatore di rugby diventa gay “dopo un incidente”

E’ successo ad un ex rugbista inglese di 26 anni: dopo aver avuto un ictus durante uno strano incidente in allenamento in cui si era rotto il collo, Chris Birch nel 2011 si è risvegliato gay. “Sono più felice che mai, non mi cambierei di una virgola”, ha raccontato il giovane al Telegraph spiegando che non appena ripresosi ha cambiato la sua vita, cominciando a frequentare un uomo.

Confesso, dopo aver letto questa curiosa notizia mi è venuto da ridere, perché io personalmente lo ritengo un evento molto poco probabile. A primo acchito ho pensato: “E’ stato solo un escamotage del rugbista per fare coming-out, dichiarando la sua diversa sessualità e addolcire i giudizi dei familiari e degli amici”.
Come dire: “E’ gay, ma non è colpa sua, è stato lo sfortunoso incidente a dargli tale disturbo!”
Lo stesso dicasi per altre notizie simili in cui si legge che qualcuno, dalla sera alla mattina, si è ritrovato all’improvviso con una diversa sessualità. Assurdo!
Le mie convinzioni si basano su dati scientifici. Sfatata da anni (e meno male!) la convinzione che l’omosessualità è una malattia, da tempo la maggior parte degli studiosi concorda nel rapportare le cause dell’omosessualità a un mix di fattori biologici (genetici), psicologici e ambientali (prenatali e postnatali), anche se è ancora difficile quantificarne singolarmente le varie influenze. Non è, quindi, semplicisticamente una questione solo mentale o di scelte fatte durante le critiche fasi dello sviluppo, perché a priori vi è già un indirizzo genetico e psicologico ben preciso che, volente o dolente, porterà le persone a “prediligere” una sessualità piuttosto che un’altra. Pertanto, checché qualcuno dica o pensa, gay non si diventa e né tanto meno lo si può diventare dopo una malattia o un incidente. Se così, si ritornerebbe all’antica supposizione che l’omosessualità è solo un fatto “mentale” e se lo fosse, la maggior parte degli psicologi e psichiatri, con poche sedute, avrebbero da sempre curato una miriade di soggetti.  A convalida di ciò, il fatto che nessun gay nella storia dell’umanità ha mai “riacquistato” la “normale” sessualità con o senza cure.
Oggi che le notizie viaggiano veloci, grazie anche ad internet, si viene a conoscenza di molte più cose e circostanze che avvengono nel mondo rispetto al passato. Chi di voi ricorda il caso di quel ragazzino che già a 6 anni confessò ai genitori di sentirsi una “ragazza” dentro?  Ma di casi simili ne troviamo molti altri  su internet, come quello recentissimo di Bobby Montoya che a sette anni preferisce indumenti femminili e che si è fatto  iscrivere dai genitori nelle “girl scout”. Se questi casi non confermano ampiamente quanto già presupposto, ovvero che l’omosessualità, come la sessualità in generale, ha basi genetiche, allora significa essere ciechi e prevenuti su un argomento che non dovrebbe nemmeno far scalpore o destare sgomento perché la sessualità, qualunque essa sia, deve essere accettata e capita prima di tutto. Anche i termini “diverso” o “normale”, di solito utilizzati, dovranno scomparire. Quando si arriverà a questo, la società avrà allora intrapreso la giusta via per quel cambiamento da anni richiesto ma mai messo in pratica, senza più bisogno di travagliati “coming-out” o di incidenti per far accettare agli altri la propria “naturale” sessualità.

redazione