“C’ho solo vent’anni…” recita così la canzone dei Måneskin contenuta nell’album VENT’ANNI, e dal 2020, ormai, colonna sonora di tutti quei ragazzi che hanno bisogno di sentirsi dire che a vent’anni non è tutto finito, ma tutto ancora da scrivere. Tra le caratteristiche primarie della Generazione Z – i nativi digitali nati tra il 1997 e il 2012 – vi è, infatti, il costante sentimento di ansia.
Dall’aspetto fisico alla paura del futuro, il non sentirsi mai all’altezza o mai pienamente realizzati, questi sono solo alcuni dei disagi avvertiti dalla generazione più ansiosa di sempre. Attenzione, però, perché come canta Damiano dei Måneskin, siete ancora giovani e in tempo per sbagliare, non per sentirvi sbagliati.
Tale condizione è notevolmente aumentata tra i ragazzi appartenenti alla Generazione Z con l’avvento della pandemia.
Secondo l’edizione 2022 dello studio “Being Mind-Healthy”, report sulla salute mentale e il benessere presentato da AXA e condotto da Ipsos su un campione di 11.000 persone a livello globale – si legge dall’ANSA – donne e giovani sono tra le categorie maggiormente colpite psicologicamente parlando. In Italia la percentuale è molto elevata: si tratta del 48% contro il 33% globale.
Pur essendo nati in un periodo storico contrassegnato da Internet e dalla possibilità di avere tutto a disposizione, la Gen Z prova un perpetuo sentimento di insoddisfazione. Nel contesto pandemico, caratterizzato da diversi lockdown, la situazione è peggiorata anche a causa del maggior tempo che si è trascorso sui social network.
I social, infatti, sono il luogo in cui il confronto con gli altri si fa più evidente e quasi inevitabile.
Ciò può causare, in determinate situazioni, gravi problemi psicologici, soprattutto quando in gioco vi è la non accettazione di sé. Da qui deriva, poi, l’abuso di filtri o di app per modificare le proprie foto e costruirsi un’immagine distorta di se stessi, e la conseguente sofferenza avvertita nel guardarsi allo specchio quando i filtri scompaiono.
Selena Gomez, beniamina di molti adolescenti, proprio per questo motivo ha deciso di optare per un total social detox dalla durata di quattro anni. La cantante e attrice statunitense ha dichiarato di sentirsi molto meglio adesso, essendosi finalmente liberata da quel peso insostenibile dettato dal confronto con “canoni estetici irrealistici”.
Tuttavia, l’ansia della Generazione Z non deriva solo dal potere che i social hanno su di loro. Il confronto più difficile da superare è spesso quello con se stessi.
“E farà male il dubbio di non essere nessuno”: i Måneskin sono gruppo musicale giovane, il più piccolo Thomas è del 2001. Hanno toccato davvero il cielo con un dito dopo la vittoria sanremese e quella dell’Eurovision. Eppure, pur in giro per il mondo, divenuti ormai rockstar internazionali, si sentono ventenni che stanno semplicemente percorrendo il proprio sogno.
Ed è così che la maggior parte dei ragazzi dovrebbe sentirsi a quell’età, ma la società in cui viviamo è troppo veloce e i giovani si sentono già in ritardo. Ereditaria di un mondo contrassegnato da crisi – economica, sanitaria e climatica – la Generazione Z vede dinanzi a sé un domani dispotico, che potrebbe arrivare da un momento all’altro.
Selina, 23 anni ha condiviso con Social Up il suo punto di vista a riguardo:
“Siamo figli di un’epoca che ci vuole perfetti e migliori ancora prima di nascere. Addirittura si entra in competizione già su quanto tempo impieghiamo per pronunciare le prime parole o a muovere i primi passi. Non sorprende quindi che a vent’anni la società innalzi soltanto chi ha già realizzato tutto. Il che automaticamente porta chi non ci è ancora arrivato a sentirsi in ritardo, in deficit rispetto agli altri, sbagliato.
Di conseguenza, si vanno ad innescare dei meccanismi psicologici davvero pericolosi, spesso purtroppo ignorati. Sentiamo costantemente la pressione di dover fare di più e di doverlo fare meglio, ma soprattutto di doverlo farlo in fretta come se non ci fosse il tempo necessario per essere noi stessi, per sbagliare, per vivere.
Razionalmente, risulta abbastanza facile suggerire a un amico ‘Non preoccuparti, hai ancora una vita davanti. Prenditi il tuo tempo’, ma quando ci troviamo faccia a faccia con i nostri mostri davanti a uno specchio non riusciamo mai a dedicarci le stesse belle parole“.
A causare una frustrazione nei confronti per il futuro è, poi, l’atteggiamento che i giovani hanno con rispetto all’ambiente.
La Generazione Z è sicuramente la più green delle generazioni precedenti, ma anche la più eco-ansiosa.
Il pianeta Terra non ha certo tempo da perdere. Ancora una volta sono i giovani ad essere principalmente impegnati: scendono in piazza e fanno proteste, ma l’ansia relativa alle possibili calamità causate dal cambiamento climatico porta loro a sentirsi impotenti. Incapaci di poter fare la reale differenza in un mondo di cui le generazioni precedenti non si sono preoccupati. Una “paura cronica del destino ambientale” – così come riconosciuta dall’ American Psychological Association – che non fa altro che accentuare quel timore di non poter arrestare il domani.
Continua Selina:
“Crescere in una società che ti sbatte costantemente in faccia quello che a vent’anni dovresti già essere non è per niente facile. Ci hanno insegnato che se si vuole, si può arrivare ovunque. Il problema è che ad insegnarcelo è stata una generazione alla quale non è stato mai richiesto un quarto di quello che si pretende oggi da noi. Ma questo non ce lo dice mai nessuno, siamo noi a doverlo ricordare a gran voce”.
Con rispetto alla crisi economica, sono i giovani in cerca di un’occupazione ad essere colpiti.
Periodicamente in Italia si parla di disoccupazione giovanile in crescita. Realmente, però, i dati ISTAT di febbraio 2022 denotano, per esempio, un aumento nel numero di occupati, un segnale positivo che si scontra con il desiderio della nuova generazione di non accontentarsi. Questo porta loro a rinunciare a determinate offerte perché sentirsi realizzati in ambito lavorativo non vuol dire accettare un lavoro che ti sfrutti. I giovani vogliono lavorare, ma degnamente.
“Ci sentiamo oppressi, demotivati, costantemente fuori posto e fuori tempo, obbligati a rincorrere un futuro ipoteticamente perfetto. E la paura di non riuscire a realizzarci ci paralizza mentre tutto il resto continua ad andare avanti senza di noi, smarriti nell’oblio in cui ci trascinano le nostre insicurezze. Però, ad un certo punto, bisogna anche fare un passo indietro, o meglio, fare un passo avanti e cercare di cambiare un po’ le visioni distorte che ci circondano.
Prima di tutto, dovremmo smettere di dover ambire ad “essere come…” o “migliore di…”.
Bisogna scendere a patti con la dura realtà che siamo tutti diversi è che la tendenza all’omologazione non potrà mai tenere conto delle differenze che ci distinguono e caratterizzano; dobbiamo smettere di pensare che non ci sia tempo, di rincorrere la vita e iniziare a viverla davvero, momento dopo momento. Accettare che non c’è nulla di male nel non sapere, nelle incertezze e nel procedere per tentativi. Ma soprattutto tenere bene a mente che sbagliare fa parte del gioco e che solo sbagliando è possibile riconoscere la strada giusta. Certo, non può essere tutto solo ed esclusivamente nelle nostre mani. Noi abbiamo il compito di crederci di più, ma fin quando la società ci remerà contro potremmo fare ben poco da soli”.
C’hai vent’anni
Ti sto scrivendo adesso prima che sia troppo tardi
E farà male il dubbio di non essere nessunoSarai qualcuno se resterai diverso dagli altri
Ma c’hai solo vent’anni.