I funghi allucinogeni come trattamento anti-depressivo

Le sostanze stupefacenti rappresentano un campo minato, un controverso argomento di discussione spesso al centro delle cronache di tutto il mondo. Spesso associate al mondo della criminalità, sono circondate da un’aura di terrore e, forse, anche di mistero. Un caso particolare è rappresentato dai cosiddetti allucinogeni, sostanze in grado di agire sul sistema nervoso portando ad alterare il senso della realtà e causare episodi anche gravi di allucinazioni, paranoie ed autolesionismo. Proprio queste sostanze psicoattive stanno offrendo nuove prospettive nello sviluppo di nuove terapie in particolare per la depressione. Per quanto sembri strano, le droghe, opportunamente utilizzate, possono avere anche effetti benefici. Non ci credete?

Prima di tutto facciamo chiarezza su cosa sia la depressione: è un grave disturbo che in Italia affligge 1 persona su 4, caratterizzato da sensazione di “vuoto”, tristezza, ansia, mancanza di energia, insonnia/ipersonnia, perdita di interesse e piacere per le attività quotidiane, aumento e perdita di peso, difficoltà di concentrazione ed infine pensieri suicidi e di morte.
Nonostante il numero di pazienti sia in costante aumento non sembra ancora esserci una soluzione efficace e definitiva. I trattamenti vanno da quelli farmacologici a quelli terapeutici e per tale motivo si ritiene che la strategia migliore per curare questo disturbo sia appunto un duplice approccio. I farmaci antidepressivi più usati funzionano solo in una minoranza di pazienti e la loro assunzione è legata ad assuefazione, spesso seguita da ricadute. Rimane il fatto che in circa un paziente su cinque non funziona alcun trattamento.

Una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori dell’Imperial College di Londra, ha testato gli effetti della psilocibina, l’agente allucinogeno contenuto nei cosiddetti funghi magici, come trattamento antidepressivo. I risultati sono stati presentati su Lancet Psychiatry, uno dei più seri e autorevoli giornali medico-scientifici.
La ricerca ha coinvolto 12 volontari, sei uomini e sei donne, di età compresa tra i 30 e i 64 anni, che soffrivano di disturbo depressivo maggiore e avevano già tentato altre terapie senza alcun risultato. I pazienti, dopo aver assunto la psilocibina sono rimasti sdraiati per mezza giornata in una stanza con le luci soffuse, ascoltando musica, affiancati da due psichiatri cui potevano riportare sensazioni e disturbi. Dopo una settimana tutti hanno riportato una diminuzione dei sintomi, che per alcuni è durata tre settimane e, per circa la metà dei pazienti, fino a tre mesi. Al termine del test, metà dei soggetti ha mantenuto gli effetti, l’altra metà ha avuto una ricaduta.

Gli autori dello studio hanno specificato che nonostante il test clinico sia stato considerato promettente, i dati sono insufficienti per dire se possa funzionare, non è quindi possibile stabilire se si tratti di effetto placebo oppure se i funghi allucinogeni abbiano davvero proprietà anti-depressive. David Nutt, uno degli autori dello studio, afferma che «è importante che gruppi di ricerca accademici cerchino di sviluppare nuovi trattamenti per la depressione, dal momento che l’industria farmaceutica si sta tirando fuori da questo campo».

Parliamo ora nel dettaglio della psilocibina. È una molecola contenuta in quantità diverse nei funghi del genere Psilocybe, ha una struttura chimica simile a quella dell’LSD e, conseguentemente, un effetto psicoattivo simile, con allucinazioni e alterazioni della percezione e della coscienza. Possiede, inoltre, delle analogie strutturali con il neurotrasmettitore serotonina, sulla cui permanenza nell’organismo agiscono i tradizionali farmaci anti-depressivi. In Italia la specie più diffusa è Psilocybe semilanceata, che cresce in habitat erbosi delle Alpi e sull’Appennino Tosco-Emiliano. In quasi tutte le regioni si incontrano altre specie psichedeliche meno note o meno frequenti, quali la Psilocybe cyanescens o Panaeolus subbalteatus. Infine l’Amanita muscaria e l’Amanita pantherina, che contengono differenti principi attivi, sono a volte considerati allucinogeni, ma non psichedelici e sono presenti in buona parte dell’Italia. Le sostanze allucinogene sono anche fortemente tossiche e, per quanto l’avvelenamento da funghi di questo genere sia piuttosto raro, non è possibile subire incappare in un raccolto sbagliato e subire gravi intossicazioni.

In ogni caso,la psilocibina ha effetto nella cura della depressione, come si nota dalla risonanza magnetica del cervello di alcuni volontari allo studio, grazie alla sua capacità di promuovere l’aumento di connessioni tra circuiti cerebrali normalmente non in comunicazione. Nello schema in basso, che vuole rappresentare graficamente i risultati raccolti dalle analisi di risonanza magnetica, si nota come nel cervello di una persona che ha assunto psilocibina si formino nuove connessioni (le linee colorate) che potrebbero essere responsabili del potere antidepressivo dei funghi. Uno dei partecipanti all’esperimento inglese, infatti, afferma: «Semplicemente non ci sono parole per descrivere ciò che ho vissuto. Posso solo dire che è come se i ragionamenti che ero solito fare ogni giorno si dileguassero. Ora mi sento di nuovo connesso al tutto, mi sento come se il mio “loop” si fosse interrotto».

Secondo lo scienziato Cahrart-Harris, che ha condotto lo studio, curarsi con i funghi allucinogeni è ancora un’utopia, servono ulteriori ricerche e prove a favore degli effetti positivi. L’auspicio è quello di scoprire le potenzialità della natura, al fine di trovare nuovi trattamenti per la cura di varie malattie. Sarebbe decisamente un’innovazione se i soggetti affetti da depressione potessero curare il proprio disturbo senza ricorrere a farmaci invasivi che, comunque, non garantiscono una perfetta guarigione.