Deslembro: Venezia 75 Orizzonti. Il Brasile in una rimembranza

Presentato in anteprima a Venezia 75, “Deslembro” è l’opera prima della regista Flavia Castro, prodotta da Walter Salles (celebre regista brasiliano, autore di Central do Brazil e I Diari della motocicletta).

La pellicola adotta il punto di vista di Joana (Jeanne Boudier), una quindicenne cresciuta in Francia, ma nata in Brasile, che, insieme alla sua famiglia si ritrasferisce nel paese d’origine, nel 79′, quando nello stato sudamericano viene dichiarata l’amnistia per i reati politici.

Un ritorno alle origini che vede emergere molte problematiche, soprattutto per la protagonista che si ritrova a confrontarsi con l’ombra ed il fantasma del padre naturale, attivista politico, catturato dal regime dittatoriale e dato per scomparso, fin da quando lei era bambina. Nonostante fosse molto piccola però Joana ha delle rimembranze frammentate di quanto è successo, che sembrano risvegliarsi in lei nel momento in cui rivisita i luoghi della sua infanzia…

Deslembro, la rimembranza del titolo è la chiave di lettura fondamentale del film di Flavia Castro, che non riprende il Brasile secondo i canoni cui siamo abituati (la povertà delle Favelas, le spiagge, la sensualità brasiliana) , anzi, lascia questi ultimi volutamente agli angoli della narrazione, attraverso una racconto spesso ellittico, che salta di giorno in giorno e una regia che procede per immagini parziali, a volte mossa e sfocata come un ricordo appannato che si cerca pian piano di decifrare, lo stesso su cui ruota l’inquietudine sotterranea della protagonista, incapace di ambientarsi davvero in una realtà che sembra non appartenerle.

Così il trasferimento iniziale dalla Francia al Brasile, che vede l’entusiasmo della madre di Joana e di Luis (il nuovo compagno di quest’ultima), trova l’indifferenza, l’opposizione e il broncio della giovane adolescente. La prevalenza di inquadrature in interni, nella nuova casa in Brasile sottolinea come la ragazza preferisca chiudersi in se stessa piuttosto che conoscere cosa la circondi all’esterno o esplorare nuovi luoghi. Non a caso molti personaggi che incontrerà le chiederanno se sia riuscita o meno ad ambientarsi. La regia segue pedissequamente gli stati d’animo della protagonista, con molti primi piani e il suo volto quasi sempre all’interno dell’inquadratura. Non vi è l’entusiasmo per il ritorno, al contrario viene descritta l’angoscia di chi vaga senza sapere quale sia la propria identità.

Così il bilinguismo della protagonista, che alterna sia il francese che il brasiliano, ma anche l’evitamento da parte della madre, che preferisce non rispondere ad importanti domande, rivelano lo spaesamento di chi ha addosso un enorme peso: il fardello di un passato ingombrante, la scomparsa del padre rivoluzionario, avvolta dall’omertà e dal mistero, rintracciabile solo in vaghe rimembranze troppo difficili da ricostruire e per questo ingannevoli.

Eppure l’essenza brasiliana, sedimentata nella ragazza, cresce a poco a poco e comincia a manifestarsi anche all’esterno, dal legame con la nonna ribelle e amante del rock, fino alla musica brasiliana che Joana canta insieme al suo nuovo ragazzo. Assieme a questa presa d’identità emerge anche la consapevolezza che alcune ombre sono destinate a non diradarsi e che non è possibile nemmeno evitare con certezza quelle future, come sottolinea la natura rivoluzionaria che accomuna anche Luis, il “secondo padre” di Joana.

Utilizzando le immagini del quotidiano (i giochi coi fratellini, le conversazioni con la nonna e con Luis e le “peregrinazioni” di Joana) per completare le emozioni della sua protagonista, una giovanissima e convincente Jeanne Boudier, Flavia Castro opera un racconto di formazione atipico, ellittico e aperto, ma anche delicato e suadente che parla del Brasile senza inquadrarlo, facendolo fluire nelle sensazioni, così come operano i ricordi; interrogandosi sull’assenza (il padre scomparso) proprio filmando ciò che manca (il residuo di tracce del passato rivoluzionario, riscontrabili anche nel presente). Emblematica nel significato del film la poesia recitata da Ernesto, il nuovo ragazzo di Joana (non a caso con lo stesso nome del rivoluzionario Che):

“Mi ricordo senza certezze. Il mio passato non so chi l’ha vissuto. Se fui io, me stesso, l’ho dimenticato confusamente. E giusto in me rinchiuso fluisce. Non so chi fui ne chi sono.”

Francesco Bellia