Clark Gable: ghigno sornione e fascino malandrino

La vecchia America dei tempi di Rodolfo Valentino era solo un ricordo e nulla più!

Il pubblico cinematografico ormai stanco del divismo anni venti reclamava volti nuovi. Uno scaltro e promettente attore fu lesto a fiutare il vento favorevole per imporsi all’attenzione generale; da giovane aveva sbarcato il lunario cimentandosi nei mestieri più disparati: operaio in una fabbrica di pneumatici, taglialegna e venditore di cravatte, pur di mantenersi nel mondo dello spettacolo.

Si chiamava Clark Gable: sfrontato, simpatico, e sicuro di se, esprimeva quel certo non so che di affascinante che piaceva tanto alle donne, alcune delle quali si presero cura di lui e fu grazie anche al loro incoraggiamento che personalità e carisma, necessari per una forte presenza scenica, vennero fuori.

Josephine Dillon, attrice e regista e proprietaria di una compagnia teatrale, si accorse delle sue qualità potenziali e cominciò a insegnargli le buone maniere per affinarne la recitazione eliminando così una certa rozzezza e goffaggine da bellimbusto di provincia ereditate dalle umili origini. Nonostante costei fosse di dodici anni più anziana, Clark che era nato nel 1901, fini per sposarla mentre esordiva in un ruolo cinematografico con una parte nel film White Man del 1924.

In seguito fu ingaggiato per una serie di recite a Brodway, poi si spostò in Texas, dove conobbe la plurimiliardaria Ria Langham, anch’essa ancor più matura di lui di ben diciassette anni, ma non esitò a impalmarla divorziando dalla prima moglie nel 1930, anno in cui, guarda caso, firmò un conveniente contratto con la MGM che come prima cosa decise di modificargli l’aspetto fisico con interventi sulle orecchie considerate troppo a sventola e sulla dentatura con opportune protesi per sfruttare ancor di più il disegno delle fossette sulle guance accentuando dunque la gradevolezza del volto.

Dopo tanta gavetta dunque, in quella circostanza Clark Gable capisce che é giunto il suo momento e dopo l’ultimo aggiustamento estetico appare in tutto il suo splendore sempre pronto a sfoderare il suo ammaliante sorriso che seduce le donne, proponendosi come un modello di uomo il cui comportamento deriva dai tratti decisi.

Intensifica così, in quel fatidico 1931 la sua carriera cinematografica perlopiù in ruoli di maschio rude e violento sulla falsariga del suo primo film d’un certo successo: La via del Male dove maltratta l’androgina Joan Crawford; poi impersona ne L’angelo bianco, un prorompente e manesco camionista in coppia con l’espressiva Barbara Stanwyck ; e schiaffeggia la conturbante Norma Shearer in: Io amo, tutti di seguito in quel magico anno quando ricevette il soprannome divistico di Re di Hollywood. L’anno dopo gira: Lo schiaffo con la flessuosa Jean Harlow e quello successivo: La danza di Venere ancora con la Crawford e il crepitante Fred Astaire. Non gli resta che aspettare prima di raccogliere i frutti ed ecco che arriva il momento sempre sognato: Clark Gable vince l’Oscar per il migliore attore nel 1935, per l’interpretazione del disincantato ma nobile giornalista Peter Warne nel film di Frank Capra Accadde una notte, accanto alla deliziosa Claudette Colbert

I suoi personaggi si fanno sempre più sfaccettati e nei tre anni successivi indossa i panni di Christian Fletcher ne La tragedia del Bounty, dove tiene botta al formidabile Charles Laughton , caratterizza al meglio l’intraprendente ateo Blacky Norton che si redime grazie al terremoto e al sacerdote Spencer Tracy in San Francisco e nella vivace commedia Saratoga, impersona lo spregiudicato  bookmaker Duke Bradley che conquista il cuore della bionda e capricciosa Carol Clayton. Partner ancora e per l’ultima volta Jean Harlow, la donna che visse due volte e che purtroppo non arrivò a tre: morì durante le riprese di quel film.

Con alcune di queste donne, Clark impeccabile gentiluomo di classe anche al di fuori del set ebbe qualche storia d’amore, ma il più delle volte si compiaceva di essere amato anziché amare.

“Via col vento sta per diventare il più grande insuccesso della storia del cinema, e sarà Clark Gable a perderci la faccia e non Gary Cooper”. L’incauta affermazione di quest’ultimo gli consegnò la parte di protagonista e con essa la definitiva consacrazione: siamo nel 1939 e quel film, il primo Kolossal sonoro, si rivelò una pietra miliare nella storia del cinema. Clark Gable con la sua recitazione asciutta e priva di fronzoli molto adatta al ruolo dello spavaldo affarista che diventa simpatica canaglia, si fuse mirabilmente col personaggio di Rhett Butler, alle prese con il bizzoso carattere e la sfolgorante bellezza di Rossella O’Hara(Vivien Leigh), entrando di prepotenza nell’immaginario collettivo.

Grazie ai compensi ottenuti Clark che aveva conosciuto la splendida Carole Lombard, divorzia dalla Langham e si sposa per la terza volta con una donna colta, attrice raffinata e femmina audace anche nel privato: il vero grande amore della sua vita che a soli trentatré anni perirà sfortunatamente nel 1942 per un incidente aereo nel corso di una missione di volontariato.

Da quel momento Clark Gable non é più lo stesso: abbandona per qualche tempo le scene e si arruola volontario. Riprende poi a recitare, ma avendo perso mordente e vivacità perfino il suo proverbiale sorriso cambia disegno sfociando in una smorfia che nasconde un’infinita amarezza. Fatto sta che dopo la scialba perfomance di Mogambo nonostante la presenza di Grace Kelly e Ava Gardner, la MGM non gli rinnova più il contratto. Nel disperato tentativo di colmare la solitudine sposa Sylvia Ashley un’aristocratica lady: non durò troppo ma per fortuna inaspettatamente conobbe  Kay Spechels  una ragazza che ricordava molto la Lombard e la prese in moglie nel 1955.

Rinvigorito da questo rapporto, il maturo Gable ha un impennata e nel film: Dieci in amore al fianco di Doris Day rinverdisce l’antica fama di finto scorbutico col personaggio di Jim Gannon, un giornalista autodidatta dai modi spicci ma dai forti sentimenti che odia la cultura e gli sputasentenze. Poi diventa il cow boy Dan Kehoe nel semiserio western: Un re per quattro regine, un uomo attempato, furbo e concreto, che corteggia per un suo preciso fine le quattro giovani nuore d’una burbera vedova,tra cui una fiammeggiante Eleanor Parker.

Poi, il suo canto del cigno avviene quasi in simbiosi col decadente personaggio de Gli spostati, il suo ultimo film. L’ancor fascinoso attore dal ghigno sornione sprofonda in quel set stanco, vecchio, disilluso, malato e come se avesse un oscuro bisogno d’avere e dare entusiasmo, fu prodigo d’attenzioni per la fragile Marilyn Monroe protagonista  femminile del film: il crepuscolo per entrambi. Clark morì poco dopo la fine delle riprese e, ironia della sorte, prima di vedere la nascita del suo unico figlio.

In quel periodo tra il 1960 e il 1961 scomparvero alcuni dei grandi attori della sua generazione quali Humphrey Bogart, Gary Cooper, Tyrone Power ed Erroll Flynn: la dinastia di un certo tipo d’uomo tutto d’un pezzo era finita e due anni dopo con la scomparsa della povera Marilyn si chiuse definitivamente l’epoca di un divismo che sull’onda di quel tempo aveva scritto la propria storia.

Vincenzo Filippo Bumbica