Diretto e co-sceneggiato da Mati Diop, regista nata a Parigi, di origini senegalesi, Atlantique è un film d’autore intrigante, originale, poetico, intriso di un affascinante senso del soprannaturale, una dimensione fiabesca e magica che sfrutta l’oceano per far comunicare mondi distanti. Grand Prix al Festival di Cannes 2019 rappresenta senza dubbio un film da attenzionare nel catalogo Netflix nella categoria film premiati.
Ambientato nella torrida periferia di Dakar, il film racconta la storia di Ada (interpretata dalla bellissima e cinematografica Mame Bineta Sane)una ragazza proveniente da una famiglia povera che, per la sua grande bellezza, viene scelta come moglie da un riccone locale, al quale promette, spinta dalla sua famiglia, la sua verginità. L’uomo può farla vivere di agi a Dakar, una vita che qualunque altra ragazza invidierebbe; ma il cuore di Ada appartiene a Souleiman, il giovane amore della sua vita e nonostante il matrimonio imminente, la ragazza non ha intenzione di smettere di vederlo.
Ci pensano l’oceano e la speranza di ottenere una vita migliore a interrompere il tutto. Souleiman, senza lavoro e senza paga a Dakar, approfitta di una nave per partire come clandestino e sbarcare in altri lidi più fortunati.
Il matrimonio di Ada è alle porte e la ragazza è profondamente infelice, per l’abbandono improvviso di Souleiman. Strani eventi però cominciano a manifestarsi intorno a lei. Sembra che uno strano malore si stia impossessando di alcune persone, le quali soffrono di dimenticanze. Al contempo vengono provocati incendi dolosi. L’ispettore Issa (Amadou Mbowa) viene incaricato del caso. Ben presto si renderà conto della atipicità di questi avvenimenti in cui Ada riveste un ruolo centrale…
Come si vede la trama unisce una storia d’amore a un mistero da risolvere, in una fiaba su cui torreggia visivamente e metaforicamente l’oceano del titolo: pulsione vitale e mortifera, fonte di speranza ma anche di annichilimento. Ciò che colpisce fin da subito del film è la delicatezza della mano registica: Diop, al suo esordio, mostra di avere un grande senso estetico nel riprendere scorci della periferia dando rilevanza alla bellezza dei volti e dei corpi dei protagonisti scelti, i quali si iscrivono in un contesto per molti aspetti soffocante, con luoghi chiusi e sabbiosi, da cantieri abbandonati alle case kistch dei ricchi. Con garbo la regista descrive la sensualità nella periferia, assieme all’amore puro, ma interrotto dei due ragazzi che appare come una crepa in cui si è inserito con prepotenza l’oceano.
Nle film L’Atlantico è come un gigante, descritto da sequenze visive e sonore potenti, quasi liriche, che ne esaltano la dimensione metafisica, sensuale, ammaliante e mortifera. Eros e thanatos. In tutto ciò si inserisce anche una componente animista, certo lontana dalla nostra cultura ma ben radicata in quella africana.
Atlantique è una bella sorpresa. Un film autoriale e d’esordio che in alcune sequenze mostra dei picchi espressivi davvero coinvolgenti ed evocativi. Senza dubbio originale, reca una forte impronta personale della regista e questo è un grande pregio. La scena più bella è senza dubbio quella finale che chiarisce il mistero del malore che affligge la periferia e chiude il cerchio con una poesia d’amore, intensa, che è sintesi di tutto il film, non a caso recitata sotto forma di pensiero immagine: sono le riflessioni viscerali ed eterne di due amanti sullo sfondo di un rosato e ormai calmo oceano. Consigliato a chi cerca un film d’autore originale legato al sentire di altre culture, veicolato da poesia e grazia.