“Al servizio del potere. La fabbrica del consenso”. Fin dove può arrivare il condizionamento mediatico?

E’ davvero raro che la fantascienza sia portata a teatro. Col suo ultimo spettacolo “Al servizio del potere. La fabbrica del consenso”, in programma dall’ 1 al 11 giugno nella “Sala consiliare del Palazzo Minoriti” di Catania (iniziativa promossa dal Teatro Stabile), di cui è sceneggiatrice e regista, Eliana Esposito sfrutta la forza della satira distopica per provocare gli spettatori, divertirli, ma anche farli riflettere su quanto possa essere efficace e manipolativo il condizionamento mediatico, che agisce in modo sotterraneo e cinico, con un potere ed un’influenza tali, da far passare per verità anche l’impensabile, l’orrido e ciò che chiunque riterrebbe a priori indifendibile.

Per denudare le “astuzie” della “fabbrica del consenso” dei mass media, l’autrice prende spunto dal pensiero di Noam Chomsky  e suddivide lo spettacolo in 6 fasi, ognuna delle quali mostra la graduale (via via più incalzante) “avanzata” degli strumenti di manipolazione di massa che finiscono per “fagocitare” l’opinione pubblica ed essere lo strumento ideale per chi ha l’obiettivo di controllare le masse.

L’imput è provocatorio e d’impatto: E se la televisione e i media ci convincessero che è legittimo, giusto, anzi forse consigliabile mangiare i propri escrementi? Sembrerebbe assurdo costruire argomentazioni al riguardo. Eppure, con una sceneggiatura colta, intelligente, intessuta di grande ironia e creatività, l’autrice segue passo dopo passo la demolizione del tabù, cui partecipano attivamente scienziati, “professoroni”, esperti, opinionisti,  telecronisti, personaggi pubblici e perfino influenti politici. Sono tutte macchiette grottesche, che recitano un copione già scritto dal sistema del condizionamento, ottimamente interpretate dai quattro attori protagonisti: Raffaella Esposito, Carmela Buffa Calleo, Antonio Caruso, Neculai Cattaneo, i quali si scambiano dinamicamente i ruoli durante lo spettacolo, interpretando a turno maschere intercambiabili,  ingranaggi e pezzi di ricambio di una stessa macchina del consenso.

La regista decide di rappresentarli in una società futuristica, ambientata in continenti di pura invenzione; ma nonostante i loro costumi “techno”, stravaganti e bizzarri e i loro nomi simili a quelli di personaggi cyberpunk, essi sono metafora di personaggi reali, pericolosamente verosimili alla realtà. I loro dialoghi paradossali e iperbolici, portano all’estrema conseguenza le provocazioni dell’incipit iniziale, con divertenti speculazioni che rendono sempre più assurdo l’affermarsi dei ”Restivori” (i mangiatori di propri “detriti organici”, volgarmente detti escrementi). Con grande inventiva, arguzia e qualche tocco grottesco, caratteristica essenziale della satira, Eliana Esposito dipana un vero e proprio microcosmo distopico, indubbiamente dissacrante, che fa trapelare anche l’angoscia del condizionamento, l’isteria dei mezzi di comunicazione e le loro sotterranee arguzie. Se Freud, D’annunzio e Mozart vengono manipolati dai “sapientoni” televisivi, Pasolini e Fava con le loro dichiarazioni, riportate senza mistificazioni, si fanno promotori di lucide e anticipatorie analisi sui nostri giorni. Chiaro poi il riferimento al 1984 di Orwell, distopia per eccellenza, in cui lo scopo supremo del Grande Fratello è quello di plagiare le coscienze al punto da essere amato da tutti, in modo sincero e incondizionato, nonostante esso sia impossibile da amare perché dispotico, schiavizzante, persecutorio, sadico e distruttivo.
Molto importante per la resa dello spettacolo è la componente video. Si tratta di veri e propri cortometraggi che vengono proiettati durante la messa in scena. Gli attori vi appaiono in veste di inviati televisivi. Una connubio tra meta-cinema e teatro,che è altro indice della ricchezza di idee e contenuti di “Al servizio del potere”. Davvero ben curate le riprese di Alessandro Marinaro e Fino La Leggia e la grafica di Al Valenti. Per quanto riguarda il tema della rappresentazione. E’ certamente di grande attualità. La coprofagia dell’opera, infatti, non è, infine, che uno dei tanti divieti,  che possono essere sponsorizzati senza ritegno dai mass media. Non è certo il più diffuso, e probabilmente nemmeno il più demonizzato; ma se si riflette un attimo sul fatto che una simile operazione potrebbe essere compiuta per promuovere altre pratiche immorali o illecite decisamente più aberranti (come ad esempio lo stupro, o la pedofilia), l’ottica cambia e la risata si trasforma in una riflessione angosciante sul mondo in cui viviamo, di cui quello descritto nel testo è evidentemente una metafora.
Del resto anche in passato la propaganda è stata usata per fini disumani  e terribili e purtroppo a volte è riuscita nei suoi intenti, basti pensare all’antisemitismo e ai suoi proseliti. Nella nostra epoca la questione diventa ancora più scottante, per lo strapotere di internet e dei social network, sempre più invasivi nella vita di ogni giorno. Per tutti questi motivi lo spettacolo risulta essere in giusto equilibrio tra ironia e riflessione. Gli attori, perfettamente a loro agio in un genere atipico per il teatro, assecondano l’abile sceneggiatura e la regia. Una bella iniziativa del dal Teatro stabile di Catania, in collaborazione col Teatro del Canovaccio. Lo spettacolo si terrà fino al 11 giungo nella sede del Palazzo Minoriti di Catania. (Qui la pagina dedicata allo spettacolo). Un ultimo riferimento al mondo del cinema. Due film che vengono richiamati da alcune dinamiche dello spettacolo. Sesso & Potere, in cui i media fingono una guerra pur di far vincere le elezioni al presidente,  e Alien Autopsy, in cui un falso video sugli alieni si trasforma in un caso di interesse mondiale.