Addio a Eduard Limonov: il poeta con una vita da film

Eduard Limonov , grazioso nome donatogli da un’artista moscovita suo amico che significa “bomba a mano”,   è morto a 77 anni. A darne notizia è stato il deputato della Duma, Sergei Shargunov.
Lettori e pubblico italiano ne conobbero l’esistenza quando lo scrittore Emmanuel Carrère ne raccontò le gesta in un saggio narrativo contemporaneo pubblicato in Italia nel 2012. Chiunque si sia imbattuto in lui la prima volta l’ha sicuramente visto con il viso imbronciato, i capelli con la sfumatura alta e un vecchio cappotto militare.
Lo definì inafferrabile, indefinibile, incasellabile tanto che a molti venne voglia di saperne di più.

Eduard Veniaminovich Savenko, il suo vero nome, era nato da una famiglia piccolo borghese russa ed era cresciuto in Ucraina poco prima della morte di Stalin. La sua fu un’adolescenza turbolenta tra alcool, droga e frequentazioni a dir poco discutibili. Appena poté, scappò per trovare fortuna a Mosca e poi a New York.
Qui la sua vitalità, non solo creativa, esplode. Qui diventa un personaggio.
Da senza tetto e senza una lira in tasca arriva a servire come maggiordomo a casa di ricchi. Entrò così in contatto con gli ambienti culturali e avanguardisti più variegati e scrisse e pubblicò il suo primo romanzo. La casa editrice italiana lo tradusse come “Il poeta russo preferisce i grandi negri”, facendo riferimento alle sue esperienze omosessuali.
La sua scrittura è sempre stata provocatoria, tagliente, a volte cruda.

A Parigi diventò ufficialmente un intellettuale d’assalto. Prese la cittadinanza francese e divenne famoso come provocatore fascio-comunista e infatti al ritorno in Russia fondò con il filosofo Aleksandr Dugin il Partito Nazional Bolscevico. Si tratta di una formazione politica che porta come stendardo agli occhi del mondo una bandiera a metà tra quella comunista e quella nazista.
Era diventato oramai un intellettuale affermato, non aveva più bisogno dei salotti e degli agi dei ricchi.

Nel 2001 venne condannato a quattro anni di prigione per attività terroristica, ridotti poi a due per buona condotta.E nel 2010 fondò il partito “L’altra Russia” con l’ex campione mondiale di scacchi Garry Rasparov.

I suoi libri sono tutti disturbanti, volgari, rivoluzionari, incentrati sulla tragedia di un uomo sulla terra. I suoi romanzi, scritti tutti in prima persona, compongono un esuberante diario della sua vita.

A partire da il “Libro sull’acqua” nel 2004, in cui racconta la sua detenzione nel carcere-fortezza di Lefortovo. Lo scrive non sull’acqua come metaforicamente fa intuire il titolo, ma intorno all’acqua di cui il nostro pianeta si compone del 70%. L’eccesso è per Limonov metodo e obiettivo: guerra e donne. Non si trova altro.
Nello stesso anno scrive “Diario di un fallito”, in cui inserisce tutta la rabbia, la volontà di rivolta mai sopita di un talentuoso messo all’angolo da un’esistenza da riparare.

L’anno successivo pubblica “Eddy- baby ti amo”, il cui titolo originale, (decisamente migliore) è “L’adolescente originale”. E’ un romanzo autobiografico sull’adolescenza e i suoi infiniti problemi, sulle avventure di un piccolo delinquente e le prime pulsioni sentimentali. Esce fuori una parte sconosciuta ma che racconta sempre a modo suo.

Come ogni autobiografia ha un inizio e una fine.
L’ultimo capolavoro di Limonov è “Zona industriale” che si presenta come nient’altro che il tentativo di stesura del volume zero della propria vita. L’autore lo definisce romanzo moderno; svolge riflessioni di ordine spirituale e metafisico, fa interpretazioni personali sulla Bibbia e sull’universo femminile e richiama addirittura la figura della mamma.

Era un poeta, era un teppista. Sapeva raccontare lo strazio della vita e dell’amore. Lo faceva con la delicatezza di un bambino, spesso usando parole luride, fin troppo. Ma siamo certi di una cosa: continuerà ad affascinare generazioni di giovani dell’estreme periferie dell’Est e dell’Ovest, che lottano dalla parte dei deboli.

Rachele Pezzella