Si celebra ogni 20 giugno La giornata Mondiale del Rifugiato, cosa significhi lasciare la propria vita e i propri cari per rincorrere il sogno di una vita migliore noi l’abbiamo dimenticato. Sono spesso donne e bambini, giovani uomini che vivono guerre e carestie nei loro paesi di origine e che nel loro cuore hanno un sogno di costruire una vita migliore anche se lontano da casa.
Tutte le persone costrette a fuggire hanno il diritto di essere protette e a ricostruire le loro vite, senza distinzioni.
In Italia sei comuni – Bari, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino – hanno redatto e sottoscritto la Carta per l’integrazione dei rifugiati, elaborata insieme a UNHCR per potenziare la collaborazione fra le città sull’integrazione di chi è stato costretto a fuggire da guerre, violenze, persecuzioni e abusi dei diritti umani per cercare sicurezza in un altro paese, favorendo lo scambio di pratiche, esperienze, strumenti e sviluppando i servizi già disponibili sui territori.
A livello globale, la campagna Cities #WithRefugees dell’UNHCR invita le città e le autorità locali a firmare una dichiarazione di solidarietà verso i rifugiati. In Italia otto città hanno aderito: Alba, Bergamo, Bologna, Lucca, Milano, Napoli, Palermo e Torino.
Per imparare da accettare, per conoscere l’altro e per aprire la propria mente ad un fenomeno quanto mai attuale a seguito della guerra in Ucraina vi consigliamo alcuni titoli di libri non convenzionali da leggere, consultare e condividere per saperne un po’ di più.
Migrazioni e intolleranza – Umberto Eco
Iniziamo la nostra rassegna con un panflet di poco più di 70 pagine di Umberto Eco. Dopo “Il fascismo eterno”, una nuova illuminante riflessione civile, contro ogni pregiudizio e intolleranza. “Eliminare il razzismo non vuol dire mostrare e convincersi che gli Altri non sono diversi da noi, ma comprendere e accettare la loro diversità”. Una lettura veloce e necessaria per comprendere le basi del concetto di integrazione e le radici delle intolleranza.
Questa terra è la nostra terra. Manifesto di un migrante -Mehta Suketu
«Siamo qui perché voi siete stati lì»: è così che rispondeva il nonno di Mehta a chi gli chiedeva perché avesse lasciato l’India per l’Inghilterra. Una risposta semplice, diretta, così come è diretto Mehta nell’affrontare l’argomento in “Questa terra è la nostra terra”. Partendo dalla sua esperienza personale – lo scrittore è emigrato ragazzo da Bombay a New York con la sua famiglia -, Mehta fa il giro del mondo per delineare il quadro della situazione in Occidente: dalla frontiera tra Messico e Stati Uniti, alla recinzione che separa il Marocco da Melilla, alle politiche islamofobe di molti governi europei, il sentimento prevalente è la paura. Perché le storie di chi ogni giorno lavora e lotta duramente per conquistare diritti che dovrebbero essere scontati sono offuscate dai discorsi altisonanti pieni di retorica populista. E allora tutti a difendersi, chiudersi, respingere invece di accogliere. È un errore, e Mehta lo racconta in questo vero e proprio manifesto a favore dell’immigrazione: non si può che trarre vantaggio dall’apertura, dall’accoglienza, dallo scambio. Appassionato, intenso, tenero, pieno di storie e personaggi memorabili, “Questa terra è la nostra terra” è una lucida lettura del presente, e un incoraggiamento a cambiare il futuro.
Vite sospese. Migranti e rifugiati alle frontiere d’Europa – Albinati Edoardo; D’Aloja Francesca
Madre piccola – Ubah Cristina Ali Farah
Barni e Domenica Axado sono cresciute insieme a Mogadiscio. La loro è un’infanzia spensierata, all’interno di un ambiente familiare unito e protetto. Allo scoppio della guerra civile, però, sono costrette a separarsi.
Barni trova a Roma un faticoso equilibrio grazie al lavoro di ostetrica e riesce a circondarsi di nuovi affetti. Domenica Axado, invece, sradicata e trapiantata in un contesto diverso, inizia a peregrinare senza meta. Solo un decennio dopo, in attesa di un figlio, si ricongiungerà alla cugina: Barni sarà la habaryar, «madre piccola», del bambino, e grazie alla nascita di Taariikh – che significa «Storia» – le due donne potranno finalmente riannodare quei fili che sembravano sciolti per sempre.
Alle loro voci che si alternano nella narrazione, e hanno il sapore di un racconto orale, si unisce quella di Taageere, marito di Domenica Axado. I ricordi frammentati piano piano si ricompongono e le esistenze disperse delle persone che hanno fatto parte delle loro vite tornano finalmente a formare un quadro unico.
In un mix linguistico affascinante, di intensa poeticità, dove l’italiano si mescola e segue il ritmo del somalo.