Intervista ai The Winstons: il potente trio psichedelico torna con “Smith”

“Smith” è l’ultimo album di The Wistons, trio musicale formato da tre cantanti, polistrumentisti e musicisti: Enro Wistons , alias Enrico Gabrielli (componente dei Calibro 35 e dei Mariposa, anche scrittore di fantascienza), Rob Wistons, alias Roberto Dell’Era (anche bassista degli Afterhours), e Linnon Wistons, alias Lino Gitto (eclettico batterista degli Ufo). Dopo le valutazioni positive della critica sul loro primo album The Wistons (2016), tornano con il nuovo disco Smith e il relativo tour.

Roberto Dell’Era aka Rob Winstons (voice & bass)
Lino Gitto aka Linnon Winstons (voice, Keyboard & drums)
Enrico Gabrielli  aka Enro Wistons (voice, keyboards & sax)

Questi i ruoli musicali all’interno del gruppo, ma la completezza di questi tre artisti, la loro versatilità musicale, sonora e l‘eclettismo strumentale fa sì che il concetto di ruolo sul palco venga superato: già perché assistere ad un concerto dei The Wistons (non a caso definito da alcuni come “un Super gruppo”), come abbiamo fatto noi di Social up all’Apollo di Milano durante la Milano Music Week 2019, significa immergersi nella musica a trecentosessanta gradi. I tre componenti della band dialogano tra loro di continuo, scambiandosi con disinvoltura i ruoli, improvvisando con armonie e fasi prog-psichedeliche e jazzy che fanno del loro lavoro e del loro nuovo album qualcosa di davvero potente da ascoltare, per la varietà, la conoscenza e l’armonizzazione di molteplici sonorità. Appassionati, ironici, psichedelici e scatenati nel live, abbiamo avuto il piacere di intervistarli nel pre-concerto.

Siamo qui all’Apollo di Milano, nella Milano Music Week 2019, dove tra poco vi esibirete per presentare il vostro nuovo disco “Smith”, che in qualche modo è legato anche al protagonista di 1984. Qual è il vostro legame con l’opera di Orwell e con la Fantascienza?

Enro Wistons: Beh io sono un grande lettore di Fantascienza (sono anche autore di un romanzo fantascientifico). Diciamo che siamo partiti da quello, da un working title e da assonanze (tra Wiston, il protagonista di 1984 e le sigarette Wistons ad esempio) per poi passare ad altro. Noi lavoriamo spesso in questo senso: facciamo una cosa che apparentemente ha un significato, poi ne facciamo un’altra che ne aggiunge uno nuovo  rispetto a prima e così via. E’ da lì che poi si creano delle congiunzioni naturali e poi, quando è tutto completo, lasciamo che sia l’ascoltatore a creare associazioni per conto suo.

L'immagine può contenere: una o più persone
Enro Wistons live all’Apollo di Milano

Come definireste “Smith” il nuovo album? Quali sound possiamo trovare all’interno? Come si colloca rispetto al primo disco? 

Linnon Wistons: Rispetto al primo disco è molto più glam rock, ma non come i Kiss, un po’ più anni 7o’, England, un po’ Roxy Music, più o meno. Sempre con quelle venature lì, ispirate alla Scena di Canterbury, non diciamo proprio prog, ma jazzy, sì usiamo questo termine. E’ molto più cantato, molto più scritto e tratta di tematiche relative alla vita quotidiana: fare la spesa, il traffico, la lavatrice (ride), la disperazione, il tempo che se ne va. Il primo disco era meno concreto, più onirico e …”gargarismico” – dice ridendo e osservando Rob Wistons che nel frattempo fa i gargarismi con la propoli prima del concerto – Dicevo, quindi, che il primo album era molto più strumentale, c’era molto più organo che creava un’atmosfera un po’ fiabesca; Smith invece è molto più pianistico e la scrittura è diversa armonicamente e “accorditamente” , vista la prevalenza del piano (ride).

Linnon Wistons live all’Apollo di Milano

Enro Wistons: A proposito del titolo, “Smith“: Se il personaggio Smith del 1984 di Orwell è incastrato in una quotidianità tristissima e asfissiante, in un certo senso in questo disco noi parliamo di piccole vicende quotidiane che in molti casi risultano più drammatiche di quelle epiche, insomma. Però questo è un incipit, un pretesto per fare musica, poi ognuno trova i propri spunti ascoltando i brani… 

Cambiando discorso, non capisco cosa sia la roba che sta bevendo Robby, sembra di una bruttezza catastrofica. Che stai bevendo un ragno morto? (n.d.r. ride)

Rob Wistons:  E’ propoli, di una decina d’anni…

(Si dibatte su quanti anni abbia la propoli “gargarismica”). Al termine del dibattito interviene anche Rob Wistons per rispondere alla domanda.

Rob Wistons live all’Apollo di Milano

Rob Wistons: Beh diciamo che in Smith ci interroghiamo sull’eterna ricerca, per sapere se dall’altra parte del “Muro” ci sia un’altra realtà o no. Queste domande ce le poniamo tutti: siamo un po’ tutti Wiston Smith di Orwell, questo è un po’ il concetto del disco. Visto che non è comunque un concept album: non ha una narrativa che poi verte sempre e direttamente sul personaggio. E’ un disco sulla quotidianità, come si diceva.  Per farti un esempio tra i brani ce n’è uno  “No dosh for parking lot“,  “Non ho i soldi per il parcheggio”- Racconta di me che ogni mattina devo andare a prendere la bimba a scuola e poi il treno per andare a suonare e non trovo parcheggio. Piccoli grandi drammi quotidiani.

Parliamo dei due video musicali di “Ghost Town” ed “Around the boat”, i primi due singoli estratti dall’album “Smith”: sono anche stati definiti come visual poems. Cosa potete dirci al riguardo?

Enro Wistons: I video li abbiamo girati con gli Hypnos Studios, che sono un trio, quartetto, quintetto di videomakers che sono sulla nostra stessa e identica linea d’onda, per cui partendo da degli spunti iniziali, hanno svolto il loro compito strepitosamente, lavorando di associazioni mentali e pindariche: per cui in realtà è venuto fuori qualcosa di diverso da un solito videoclip. Non sono videoclip tout-court, ma sono piuttosto dei piccoli film musicali (da qui il termine inglese visual poems), come The Wall di Alan Parker, in miniatura.

Rob Wistons: per quanto riguarda i video, beh,  loro ci hanno mandato una traccia e poi ci siamo ritrovati sul set. Una suggestiva vallata vicino al Fiume Mornasco. Inutile precisare che nessuno di noi aveva mai aperto le email per guardare lo script (n.d.r. ride) e abbiamo improvvisato su un canovaccio, un po’ come succede quando si suona dal vivo. Questo gioco qui è perfettamente in linea col nostro stile: non spesso ti capita di fare dei prodotti video che sono in linea con quello che tu fai. E’ divertente per noi, ci fa sentire a nostro agio, perché non è studiato a tavolino, ma frutto di creatività e improvvisazione.L'immagine può contenere: 3 persone, persone in piedi e testo

Musica psichedelica, forte richiamo agli anni 60′ e 70′. Verso quali immaginari sonori e visivi sono diretti i The Wistons? 

Enro Wistons: Noi teniamo fede ai nostri gusti musicali che sono in qualche maniera ancorati ad un’epoca anni 60′ e 70′. Siamo  convinti che ci voglia qualcuno nel panorama musicale contemporaneo che faccia quella musica lì, anche perché si sta perdendo tantissimo il concetto di suonare con strumenti reali, anche di cantare con voce reale: è un periodo un po’ complesso per cui in realtà noi facciamo musica non pensando al tempo in cui siamo; non pensando al tempo passato ma sicuri e certi che il nostro sia un avamposto importante per chi ama certe cose; gli diamo la possibilità di ascoltare quel tipo di musica, oggi, a chi la ama.

Credo che il nostro stile sia meno sperimentale di quanto possa sembrare in apparenza. Sopratutto in questo nuovo album siamo molto pop. A mio parere si è deformato il concetto di popolar music, per cui risultiamo sperimentali, ma è una falsa traccia a mio avviso.

Rob Wistons: Smith è un disco di canzoni, a prescindere dal genere e dei cassetti musicali: non siamo inquadrabili come gruppo in un’unica etichetta, anni 60′ e anni 70′. Siamo ben più di questo. La parte più sperimentale è quella che si improvvisa durante il live sul palco, per il resto le canzoni sono ben strutturate e quindi abbastanza pop.

Dove vi porterà il tour del nuovo disco? 

Enro Wistons: Faremo date selezionate: dopo Milano, Bologna, Cagliari e poi a Gennaio riprenderemo. Il 25 Gennaio saremo al Culture Club – Serraglio Milano.

Grazie per questa intervista.

Francesco Bellia