Patreon e il mecenatismo 2.0: come ti salvo il creativo squattrinato

Bazzicando online si può notare come ci siano cose che non cambiano mai nella storia dell’uomo, e una di queste è lo stereotipo dell’artista squattrinato. Che poi, tanto stereotipo non lo è mai stato. La cruda realtà è che con la cultura e la creatività nel loro senso più stretto si è sempre fatta una gran fatica – nella stragrande maggioranza dei casi – a mettere il pane in tavola. Fortuna che ci son sempre stati anche degli “investitori” a tenere a galla gli intellettuali e i creativi, e che ci sono ancora oggi: se ieri c’era il mecenatismo, oggi c’è Patreon e il mecenatismo 2.0!

Il primo grande patrono: Mecenate

Proprio perché è sempre esistito questo problema per artisti, pensatori, letterati e creativi di ogni epoca, una soluzione proverbiale è emersa fin dagli albori dell’impero romano. Gaio Cilnio Mecenate è diventato allo stesso tempo il proverbiale angelo custode di tutti gli intellettuali e il diavolo con cui molti liberi pensatori sono dovuti scendere a patti.

Busto Gaio Cilnio MecenateBusto di quello spin-doctor ante litteram che chiamiamo Mecenate

Mecenate, braccio destro dell’imperatore Ottaviano Augusto per quanto riguarda il marketing del nuovo ordine politico, era un uomo dal portafoglio cicciotto quanto dal gusto artistico spiccato. Nella sua cerchia di artisti stipendiati si contano pezzi da novanta come Virgilio e Orazio, gente che oggi studiamo nei libri di letteratura latina e che aleggia sui wannabe-poeti di ogni epoca. 

Il braccio armato di penna di Augusto ha fatto scuola, entrando nel vocabolario comune e riecheggiando nella storia dei regimi politici, dai più innovativi e illuminati – vedi la Firenze dei Medici – ai più reazionari e totalitari – sarà mica un caso che il vice di Hitler alla fine della guerra fosse Goebbels, capo della propaganda nazista?

Per questo motivo oggi pensare a un artista direttamente stipendiato dallo Stato fa un po’ specie, e anzi i più grandi letterati del secondo Novecento sono stati o intellettuali “impegnati” e affiliati a un partito – storicamente più a sinistra che a destra – o liberi pensatori che di politica non si interessano.

Ma le vie del mecenatismo si sono evolute assieme ai creativi… O, forse, è meglio dire, assieme ai creators.

Cosa diavolo è quindi Patreon?

Fondato nel 2013 proprio da un artista squattrinato – il musicista Jack Conte – Patreon è una piattaforma di crowdfunding per creators che rilasciano contenuti su base regolare e hanno bisogno di un sostegno economico altrettanto regolare, che sfugga alle logiche dell’advertising.

Offrendo tre diverse modalità di sostegno via sottoscrizione, con tre livelli di reward proporzionali, permette al creator stesso di definire i vincoli che si pone affiliandosi ai suoi patron, nient’altro che suoi fan talmente affezionati da volerlo stipendiare in cambio di un livello di relazione più intimo col loro idolo e di contenuti esclusivi. Una specie di posto fisso all’italiana.

Su Patreon si trovano podcaster, videomaker e youtuber, musicisti, artisti, onlus, scrittori, giornalisti, sviluppatori di videogames e più in generale creativi di ogni genere e tipo che hanno in comune la caratteristica tipica dei creativi di ogni genere e tipo: il portafoglio con le ragnatele dentro e il malcelato desiderio di un modello di business sostenibile.

Dal 2013 a oggi sono sbarcati su Patreon diversi progetti di notorietà mondiale, dai creatori del fumetto Cyanide & Happiness all’equivalente YouTube di un mix tra Marie Kondo e un santone tibetano, ovvero i The Minimalists, passando per progetti superbellissimi tipo Humans of New York e progetti NSFW che vanno dallo sviluppo di adult games alla creazione di arte molto vicina al softcore porn. Tutto bello questo sottobosco eh?

Ok, ma in Italia?

In Italia come sempre arriviamo dopo, ma arriviamo.

Il Patreon italiano che ha fatto più rumore nella community è probabilmente quello di Breaking Italy, uno show infotainment quotidiano su YouTube guidato da Shooter Hates You, pseudonimo di Alessandro Masala.

L’esempio di SHY è probabilmente il più interessante perché conferma il potere contrattuale del creator su Patreon: SHY non ha assolutamente svenduto la sua onestà intellettuale o la sua libertà di trattare un argomento piuttosto che un altro, creando invece un modello di business sostenibile che lo salvasse dalla demonetizzazione continua dei suoi video post-Adpocalypse. 

Degno di nota è anche il Patreon di Rick DuFer, youtuber, podcaster e divulgatore filosofico, o – storicamente – quello di Nelson Venceslai, youtuber ma anche cantante dei rovere, ora in standby proprio a causa della moltitudine di impegni che gli impediscono di proseguire il rapporto di qualità coi suoi patrons.

Insomma, in un mondo in cui gli algoritmi ti tagliano le gambe non appena fai qualcosa di diverso dai gameplay – vedi di nuovo l’Adpocalypse su YouTube – o in cui è chiaramente monetizzabile solo il bel faccino per fare l’influencer – senza considerare ormai la saturazione del settore tra nano, micro, macro, mega e supermegaGesùmiinvidia e con le dovute eccezioni tipo Imen Jane -, avere una nicchia nella nicchia a cui offrire contenuti esclusivi e di qualità in cambio di un sostegno monetario sicuro e fisso può salvarti la vita da creator e svincolarti dalle restrizioni delle piattaforme di distribuzione.

Oggi i mecenati sono tremendamente punk, altro che asserviti all’impero.

Thomas Siface