Venezia 74 Orizzonti. Under the tree: la recensione in anteprima mondiale

Anche noi di Social up Magazine seguiremo i film in concorso alla “74 Edizione del Festival di Venezia“. Ecco qui la recensione di “Under the tree” in antemprima mondiale.

In concorso nella sezione Orizzonti della 74 Edizione del Festival di Venezia,  “Under the tree” del regista islandese  Hafsteinn Gunnar Sigurðsson è uno dei due  film della categoria “Orizzonti”  che sono stati proiettati nella giornata del 31 agosto.

Tema principale della pellicola è senz’altro quello della disgregazione dei legami familiari (che sembra un po’ il tema di Orizzonti del 31 agosto) che il regista sceglie di raccontare attraverso due storie strettamente connesse tra loro. La prima storia  riguarda una “lite di vicinato” che si origina a causa di un albero piantato nel cortile di una coppia di coniugi ,Inga e Baldvin,  che fa ombra nel terrazzo dei loro vicini, Eybjorg e Konrad.

Nonostante le lamentele di quest’ultimi, gli altri due non sono intenzionati a intervenire. La moglie di Baldvin, Inga, in particolar modo, cova rabbia e invidia nei confronti dei vicini  e considera la  loro volontà di far abbattere l’albero come un atto di prepotenza inaccettabile. La donna, con disagi psichici, che man mano si dimostreranno essere sempre più forti, causati anche dalla mancata accettazione della scomparsa di uno dei suoi due figli, comincia quindi un feroce braccio di ferro con i vicini rivali, destinato ad acuirsi sempre di più.

 La seconda storia, invece, è quella di Atli, l’altro figlio di Inga e Baldvin, che sorpreso dalla moglie a guardare un video amatoriale da lui stesso girato, che lo ritraeva durante un rapporto sessuale con un’altra donna, viene lasciato dalla moglie. L’uomo si ritrova a dover affrontare la crisi familiare e l’allontanamento dalla figlia, mentre la rottura con la moglie appare sempre più profonda e definitiva. 

L’accostamento delle due storie è ben diretto dal regista islandese che con una fotografia fredda e pulita, si muove inizialmente bene nell’intessere le dinamiche tra vicinato e quelle di coppia. Il percorso del divorzio, il rapporto tra coniugi, la mancata accettazione del lutto da parte della madre Inga, il suo crescente squilibrio, i sospetti persecutori contro i vicini sono credibili e ben supportate dagli attori.

Interessante anche la metafora che il regista sembra abbozzare durante il film. Come l’albero ,che rappresenta un po’ il figlio scomparso e mai tornato a casa, da cui non ci si vuole separare, il video amatoriale girato da Atli con un’altra ragazza (a cui lui teneva più della sua attuale moglie) non è stato cancellato\abbattuto, nonostante potesse creare ombra o impaccio. E’ stato conservato, sembrerebbe quasi per farsi del male, per rifugiarsi nel passato, pur sapendo che la sua ripetizione è del tutto impossibile. E’ così che sotto quello che per antonomasia dovrebbe essere il simbolo della famiglia: l’albero, che con le sue radici sorregge il peso degli affetti più cari, si consumano invece rotture, screzi, e spaccature sempre più forti.

Durante gran parte del film il regista dà l’impressione di voler creare questa metafora, per rievocare indirettamente l’albero che ha scelto come titolo del suo film; ma poi nel finale, quasi non fosse pienamente convinto di questa idea, decide di prendere un’altra strada decisamente meno simbolica. Sono gli ultimi dieci minuti della pellicola a rappresentare una caduta di stile inattesa nell’opera di Sigurðsson. Il vicinato “impazzisce” e le minacce che erano state così efficaci durante il film conferendogli anche qualche venatura thriller, vengono attuate a catena,facendo perdere al  racconto la rotta. Con queste scene finali viene davvero affossato quanto abilmente costruito in precedenza, quasi nel tentativo estremo di trovare un colpo di scena , in un film che non si prestava a questa soluzione, data la possibilità di metafora, che poteva benissimo bastare a se stessa, essendosi fondato fino a quel momento soprattutto sui dialoghi.

Per tutti questi motivi “Under the tree” è un buon film al livello tecnico, che però sconta pesantemente i minuti finali, che finiscono per banalizzarlo. Bravi comunque gli interpreti, a partire da Edda Bjorgvinsdòttir nei panni di Inga.

Francesco Bellia