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Tra i ragazzi si registra la peggiore povertà educativa degli ultimi 15 anni

All’aumento della povertà economica si aggiunge il ‘learning loss’, la perdita in termini educativi, subito dai minori a causa della chiusura delle scuole. Secondo alcune indagini svolte a livello internazionale, si stima che circa un miliardo e mezzo di bambini e adolescenti in più di 190 paesi al mondo (il 94% della popolazione studentesca mondiale), abbia subìto un’interruzione educativa, vanificando i traguardi conseguiti negli ultimi decenni per garantire l’accesso all’educazione di base per tutti. Nel nostro Paese già prima della pandemia la povertà educativa conosceva livelli molto alti. Basti pensare che circa il 13.5% dei minori abbandonava prematuramente gli studi e uno su quattro non raggiungeva le competenze minime in matematica, lettura e scienze.

Sono i 13enni italiani, protagonisti della prima indagine pilota sulla povertà educativa digitale realizzata da Save the Children, in collaborazione con il Cremit, su un campione di 700 adolescenti di undici città.

Particolarmente colpiti sono i minori che vivono in famiglie svantaggiate dal punto di vista socio-economico, in abitazioni sprovviste di connessione veloce, o affollate, dove quindi è più difficile studiare in tranquillità. Oltre alla perdita di apprendimento, la chiusura delle scuole ed il confinamento a casa hanno inciso negativamente su altri aspetti, spesso poco considerati, che caratterizzano la povertà educativa, legati allo sviluppo fisico e al benessere psicosociale.

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Il ricorso alla didattica a distanza ha messo in evidenza gravi ritardi nello sviluppo delle competenze digitali sia tra i docenti che tra gli studenti. L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa a non essersi dotato di un sistema di valutazione delle competenze digitali e ancora limitata, nel curriculum, è l’educazione alle nuove tecnologie. Le competenze digitali riguardano, da un lato, la capacità di utilizzare le nuove tecnologie per l’apprendimento, dall’altro la capacità di interagire con le nuove tecnologie al fine di rafforzare la conoscenza e quindi la relazione positiva con se stessi, gli altri e la complessità del mondo in cui i minori crescono.

Alle ristrettezze economiche subite da molte famiglie, si sono aggiunte, per i bambini, le difficoltà incontrate nell’ultimo anno a causa della ripetuta chiusura delle scuole. Nel nostro Paese infatti, secondo l’ISTAT, il 12,3% dei minori tra i 6 e i 17 anni non ha avuto a disposizione durante la pandemia né pc né tablet, strumenti fondamentali per restare al passo della didattica a distanza.

In alcune regioni del Mezzogiorno, la percentuale arriva al 19%. Inoltre, nel nostro Paese circa il 41,9% dei minori ha vissuto il periodo di lockdown in abitazioni sovraffollate. Se si guardano ad esempio i dati relativi alla dispersione scolastica, la percentuale degli ‘Early School Leavers’, ovvero i giovani che sono arrivati alla maggiore età senza aver conseguito il diploma superiore e avendo lasciato prematuramente ogni percorso di formazione, oscilla da almeno 5 anni attorno al 14%17, con punte del 19% e del 22.4% per alcune regioni del Sud e delle Isole rispettivamente (tra i più elevati tassi di dispersione in Europa).

I risultati indicano che un quinto dei ragazzi (il 22% contro il 17% delle ragazze) non è in grado di rispondere correttamente a più della metà delle domande proposte per valutare le competenze sugli strumenti digitali, né tanto meno eseguire semplici operazioni, del resto quasi 1 ragazzo su 3 del campione non ha un tablet a casa e 1 su 7 neanche un Pc; l’82% spiega di non aver mai utilizzato prima della pandemia il tablet a scuola. Quasi un terzo (31,1%) pensa che l’età minima per avere un profilo sui social, ad esempio TikTok o Instagram, sia inferiore ai 13 anni. Circa il 7% è convinto che l’età per poter accedere ai social sia 10 anni o meno.

Studenti che in un anno di Dad, davanti ai loro pc, secondo Save the Children si sono sentiti spesso spaesati e soprattutto “invisibili al mondo degli adulti e non ascoltati”. E proprio far ascoltare la loro voce che Save the Children rilancia la campagna “Riscriviamo il Futuro”, che quest’anno vede proprio bambine, bambini e adolescenti come protagonisti assoluti, attraverso un Manifesto elaborato con il contributo dei ragazzi del Movimento Giovani Sottosopra, all’interno del quale si chiede agli adulti di provare finalmente a guardarli. E gli occhiali rossi sono proprio il simbolo della campagna che chiede a tutti di indossarli “per veder finalmente meglio i bisogni, le esigenze e i desideri dei ragazzi”.

Claudia Ruiz