The Oak Room: al TFF 38 una trappola postmoderna di racconti

The Oak Room per la regia di Cody Calahan, è uno dei film presentati in anteprima al TFF38 (Torino Film Festival), edizione on line ospitata sulla piattaforma digitale My Movies.

Film canadese, dalla sceneggiatura abbastanza intrigante e stratificata, The Oak Room è una convincente pellicola, che fa leva sulla parola, sui dialoghi, sul racconto e le modalità con cui i personaggi protagonisti narrano le loro storie, delle storie inquietanti, degli strani aneddoti da bar che, pur sembrando all’inizio totalmente disconnesse tra loro, finiranno invece per delineare un quadro comune: una misteriosa storia che li racchiude tutti.

Dall’impianto quasi teatrale, la trama del film si sviluppa logisticamente in due bar-pub, quasi l’uno la continuazione speculare dell’altro, dei quali uno è proprio quello indicato dal titolo:  The Oak Room.

Tutto comincia con Steve, un giovane spiantato il quale,dopo molto tempo torna nella sua città d’origine e a notte fonda, mentre fuori è in corso una bufera, entra in un bar. Accolto malamente dal proprietario, che sta per chiudere il locale, il quale tra l’altro  lo conosce e non nutre per niente stima nei suoi confronti, il ragazzo, per pagare dei debiti che egli ha accumulato verso l’uomo, gli promette in cambio una storia, verificatasi appunto al The Oak Room, che, a suo dire, avrebbe il potere di sdebitarlo…

Può una storia avere un potere d’acquisto ed un valore tali da superare il denaro ? Questa una delle domande cardine del film. 

Il racconto ben presto comincia e costituisce di fatto tutto il film, in quanto si tratta di un aneddoto che a sua volta contiene altri aneddoti, legati non alla medesima persona, Steve, ma a persone diverse tra loro. Racconti di racconti, insomma, che costituiscono quasi una sfida, un “agone drammatico” (e thriller) tra il ragazzo e il vecchio barista, che di storie ne ha sentite e raccontate a bizzeffe.

Attraverso un arguto, incalzante e divertente gioco di matrioske narrative il regista riflette sul potere del racconto, sfruttando il bar come luogo fisico (qui cinematografico)  in cui le memorie segrete e inquietanti di coloro che lo frequentano possono essere in qualche modo custodite. Ancora più inquietante scoprire che esse possano essere tutte collegate tra loro…

Il barista è colui che ascolta, ma anche colui che racconta ad altri ciò che ha sentito. Attraverso dialoghi frizzanti e un buon livello interpretativo da parte di tutti gli interpreti, The Oak Room è brillante lì dove riesce a creare tensione sui dettagli di ogni singolo aneddoto che contraddistingue il film.

Si tratta in fondo di aneddoti semplici, che però la regia riesce a caricare di espressività attraverso luci soffuse, flashback e inquadrature strategiche di dettagli scenici, oltre che su focus dedicati ai narratori delle singole storie.

La storia “a singhiozzi” che Steve cerca di raccontare, venendo puntualmente interrotto dal barista, il quale a sua volta narrerà altre storie, ricorda un pò la riflessione metanarrativa di Italo Calvino in “Se una notte d’inverno un viaggiatore…“, più in generale, sembra un richiamo al postmodernismo, in cui il percorso e le storie di passaggio sono quasi più importanti del termine del racconto.

Inquadrato in questo contesto The Oak Room può essere considerato come una “piece cinematografica postmoderna che denota garbo, intelligenza e acutezza nello script e nella direzione della macchina da presa. La dinamica thriller dà una piacevole tensione narrativa e comunque (e questo è un pregio) il film ha un finale compiuto, sebbene allusivo.

Tutti noi abbiamo memorie segrete di qualche turbamento che ha segnato la nostra vita, sembra voler dire il regista. Per alcuni si tratta di segreti più distruttivi di altri, ma essi sono sempre in agguato, pronti per essere ascoltati e raccontati nuovamente da qualcuno.

Una piacevole sorpresa dunque questo film canadese in cui oltre a regia e sceneggiatura (quest’ultima di Peter Genoway), vanno lodati gli attori (Rj Mitte, Peter Outerbridge, Ari Miller, Nicholas Cambell, Martin Roach). 

Prova comunque degli interessanti film proposti anche quest’anno dal Torino Film Festival TFF 38 edizione, in cui, ricordiamo è stata premiata come vincitrice per Miglior Film e Sceneggiatura la pellicola Botox di Kaveh Mazaheri.

Francesco Bellia