The Nun. La vocazione del male. Spin off di The Conjuring, tra horror e dark fantasy

Visto al Cinema Planet di Catania, nella Sala Pegaso, dotata di un nuovo sistema audio, il 2D Dolby Atmos, in grado di riprodurre i suoni con grandissima qualità nella sala cinematografica, immergendo lo spettatore a 360 gradi, The Nun, ambientato in una misteriosa e oscura Romania, che rievoca volutamente quella di Dracula di Bram Stoker, è un horror coinvolgente e ben scritto che, a differenza dei capitoli precedenti della saga (di cui rappresenta un prequel), assume a tratti i contorni di un dark fantasy, una fiaba oscura e malvagia, in cui il bene deve disperatamente lottare contro il male. 

Si tratta di un male infestante e dilagante, violento, concreto, ma allo stesso tempo subdolo, ingannatore e tentatore, talmente forte da avvinghiare a se un intero castello, che un tempo era un monastero. Il demoniaco Valak, il profanatore, entità malefica presente anche in The Conjuring 2, appare qui in tutta la sua potenza: un signore oscuro in grado di plasmare nuove realtà e di dare vita agli incubi più terribili che albergano nell’animo umano. 

Un sacerdote, padre Burke (un ombroso Demián Bichir), esperto in esorcismi, viene inviato dal Vaticano a fare luce sul suicidio di una suora, avvenuto in un remoto monastero della Romania. Ad affiancarlo una novizia, Irene (una carismatica Taissa Farmiga, sorella di Vera Farmiga, attrice protagonista di The Conjuring 2), che non ha ancora preso i voti. 

Non senza difficoltà i due arrivano al Castello-monastero, accompagnati da Il Francese ( un giovane del luogo). In un escalation di orrori sempre più agghiaccianti i tre si ritroveranno ad affrontare una potenza demoniaca dal potere devastante. 

Agli spazi angusti che prevalgono negli altri episodi di The Conjuring, in The Nun, si alternano paesaggi vasti, per lo più desolati: boschi, corridoi, ali del castello, in cui le figure umane si muovono come se fossero delle pedine impotenti, di cui il male può prendersi facilmente gioco.  

E’ così un prete dal passato tormentato, che ha molti dubbi sulla sua capacità di estirpare il demonio; una suora novizia, che ancora non si è consacrata a Dio, e un giovane semplice ma coraggioso si addentrano nella tana di una mostruosità dirompente, che aspetta solo di possedere e sconsacrare. 

Il male è potente come in un dark fantasy. Concreto e multiforme, è anche infido come un serpente e tenta di infiltrarsi nella mente e nell’anima degli uomini per divorarli dall’interno. L’insicurezza dei protagonisti li rende ancora più vulnerabili a tale minaccia, ma, allo stesso tempo più forti, nel loro riscoprire il bene all’interno della fortezza di tale enità malvagia dalle spropositate proporzioni (il che rievoca molto da vicino Dracula di Stoker, come si diceva).

Una sceneggiatura solida quella di The Nun, che a dinamiche horror variegate e ad un ritmo sostenuto e incessante, aggiunge, con le giuste dosi, spunti narrativi ben intrecciati, in cui il demoniaco mostra tutte le sue forme e si presenta oltre che nella sua forza dirompente e mostruosa, anche nel suo ossessivo bisogno di corrompere. 

Non a caso Valak assume l’aspetto di una orripilante suora (the nun), perché il suo vero intento è fare proseliti e aumentare la schiera di propri adoratori. E’ proprio in questa trappola che cercherà di far cadere diabolicamente i suoi avversari…

E’ così che il titolo “La vocazione del male” appare più che mai azzeccato. Perchè cosa può esserci di più orrendo se non la corruzione di qualcosa che prima era puro, spingendolo verso una vocazione al demonio, piuttosto che in direzione della vocazione verso Dio?

Sullo sfondo The nun pone anche questi temi, senza negare una forte componente horror. Diverse infatti le scene memorabili. Certo, la scelta di spazi aperti e la cornice ottocentesca e gotica, forse, fanno diminuire lo spavento rispetto ai precedenti episodi, perché si entra in una dimensione più fiabesca che realistica, come invece l’horror domestico di The Conjuring 1 e 2, basato su vicende reali. Si tratta di una scelta da parte del regista Corin Hardy, tra l’altro un autore diverso da quello dei primi due episodi (James Wan), che diversifica il prodotto horror e lo indirizza leggermente verso nuovi percorsi, mantenendo comunque un buon livello di suspance, coinvolgimento e paura. 

Francesco Bellia