Tale padre, tale figlio: ritrovate a Napoli le opere dei due Seneca

Questo mese di  maggio è stato fortunato per la nostra letteratura. Nella città di Napoli sono infatti rinvenuti alla luce, a pochi giorni uno dall’altro, due importanti manoscritti: un codice miniato delle tragedie del filosofo Lucio Anneo Seneca e un papiro con un’opera storica del padre, Seneca il Vecchio.

“HISTORIAE AB INITIO BELLORUM CIVILIUM”, OVVERO SENECA IL VECCHIO

La scoperta dell’opera storica di Seneca il Vecchio, ad opera della filologa Valeria Piano, può essere considerata come un vero miracolo letterario: si riteneva infatti che l‘Historiae ab initio bellorum civilium fosse andata completamente perduta e che non ne fosse rimasto neanche un frammento. Gli studiosi hanno sempre conosciuto il lavoro di Seneca il Retore per tradizione indiretta, ossia per citazioni e riferimenti nelle opere di altri autori. Oggi abbiamo finalmente una testimonianza scritta sul papiro di Ercolano n.1067, conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Si suppone che l’opera risalga agli anni immediatamente precedenti al  37 dopo Cristo, data della morte dell’autore. Essa ci regala una panoramica storica delle vicende della primissima  Roma imperiale, sotto gli imperatori Augusto e Tiberio.

LE TRAGEDIE DI SENECA

Manco a dirlo, nelle stesse settimane della scoperta del papiro di Seneca il Vecchio è stato rinvenuto un manoscritto con le tragedie del figlio Lucio Seneca, uno dei filosofi più importanti dell’antichità. La straordinaria scoperta è avvenuta nella Biblioteca dei Girolamini, la più antica biblioteca di Napoli e la seconda più antica d’Italia. Essa è straordinariamente ricca e protegge al suo interno più di centocinquanta mila volumi, nonostante negli ultimi anni sia stata vittima di furti e razzie e per
questo chiusa al pubblico. Tra le opere sfuggite alla rovina, il preziosissimo codice miniato del 1300 con all’interno le tragedie del famoso drammaturgo e uomo politico, vissuto nel I secolo dopo Cristo. Il codex è stato trovato dagli studiosi della Federico II di Napoli, ai quali il MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) ha affidato il futuro della Biblioteca. Il manoscritto è una vera meraviglia filologica: non è usuale che un codice del ‘300 venga ritrovato completamente intatto, risparmiato da secoli di possibili usure e riscritture. La pergamena era cara, spesso gli scritti di un codice venivano raschiati via e cancellati e per scriverci sopra altre opere, al fine di spendere meno denaro possibile. Per giunta, non era raro che un copista del medioevo, proprio per risparmiare materia prima, trascrivesse l’opera che gli interessava su un manoscritto già “occupato”! Per questo il codice ritrovato a Napoli è una vera rarità: la grafia è ordinata, la pergamena è priva di danneggiamenti, le miniature sono di un’accuratezza unica, i colori luminosi come se fossero stati appena impressi. Il fac-simile dell’opera è stato dato alle stampe, le quali distribuiranno 299 copie perfettamente fedeli all’originale.

Queste scoperte rivelano tutto il fascino di una materia magica come la filologia e danno una speranza in più riguardo il futuro della ricerca nel nostro Paese, la quale continua a regalarci tesori di inestimabile valore.

Monica Valentini