Stigmata: la storia del tatuaggio a Bologna

Dal 29 marzo, se non si hanno particolari programmi pomeridiani, si potrà fare una tipica “vasca in centro” per via Indipendenza, prendere un gelato da Gianni – una delle più buone gelaterie della città – e concludere in bellezza con una visita alle sale del Museo Civico di Bologna. Dal 29 marzo al 30 aprile, infatti, sarà allestita la mostra Stigmata – La tradizione italiana del tatuaggio, che ripercorre la storia di questa tipologia simbolica, nello specifico suddivisa in tre sezioni: i tatuaggi degli artigiani, dei cristiani e pellegrini, e dei criminali.

La storia del tatuaggio è lunga e travagliata, e nel corso degli anni si è sempre contraddistinta per una forte carica simbolica ed esoterica. Lo stesso Otzi – il più famoso esemplare di homo sapiens mummificato appartenente all’Età del Rame – contava sul suo corpo all’incirca 61 tatuaggi, alcuni dei quali – quelli sulla schiena – ricordavano addirittura una rudimentale tecnica di agopuntura.

“I tatuaggi di Otzi, a dispetto di quello che si potrebbe pensare, non costituiscono dei messaggi sociali perché si collocano in zone del corpo molto nascoste, come le caviglie e la spina dorsale” ci racconta la curatrice della mostra, la dott.ssa Luisa Gnecchi Ruscone; è curioso come, a distanza di 1500 anni, gli stessi tatuaggi sulla spina dorsale siano stati rinvenuti anche sul corpo di un guerriero Pazyryk, della cultura Scita in Siberia. Guerrieri, pastori, artigiani, addirittura i Crociati: il tatuaggio è stato un elemento che ha contribuito alla formazione sociale e storica dell’individuo; elemento distintivo, di appartenenza – come per esempio l’appartenenza ad una gang criminale – o di discriminazione, il tatuaggio, quelle poche linee di inchiostro incise nella carne, ha da sempre rappresentato un marchio indelebile di forte coralità. Ad oggi però il suo significato è molto mutato; è subentrata – se non addirittura ha prevalso – la componente estetica. La ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità assieme all’Istituto di ricerche e analisi di mercato IPR Marketing, ha potuto analizzare – attraverso un campione di 8000 candidati dai 12 anni in su – il valore odierno del tatuaggio.

Lo studio ha rivelato come siano più diffusi tra le donne (13,8% delle intervistate) rispetto agli uomini (11,7%) e come le caviglie, i piedi e la schiena siano le zone preferite dalla componente femminile, rispetto a quelle maschili delle braccia, spalle e gambe. I tatuaggi seguono un trend, come la moda, e dunque come la moda cambiano tendenze di stagione in stagione e – come la moda – hanno degli evergreen che non tramonteranno mai. Alberto Renzoni – esperto dell’Istituto Superiore di Sanità che ha coordinato l’indagine – ha spiegato infatti come i disegni maori e giapponesi continuino ad essere un must, ma che quest’anno le linee saranno più spesse e i colori più luminosi.

Stigmata è sicuramente una mostra anticonvenzionale, come anticonvenzionale è il suo tema. Molti saranno scettici (il tatuaggio non ha mai goduto di buona fama…) ma sarà un’occasione per riscoprire una tradizione che ha accompagnato lo sviluppo della nostra civiltà dagli albori, e magari, perché no, per scoprire che in realtà la fantasia maori su tutto un braccio non è poi così male.

Camilla Antonioni