Star Wars: L’ascesa di Skywalker – Abrams ricuce lo strappo nella forza

Non era facile riprendere le fila dopo le enormi lacune lasciate e gli innumerevoli dubbi lasciati da Star Wars: gli ultimi Jedi, di Rian Johnson. Con Star Wars: L’ascesa di Skywalker (visto in anteprima al Cinema Orfeo di Milano) J.J. Abrams ritorna alla regia. Già autore del primo episodio della nuova saga (settimo episodio) il regista  mostra di non essere proprio l’ultimo arrivato. Con arguzia e mestiere rimette mano alla sceneggiatura e “pinzetta” la storia, lì dove è possibile, riallacciandosi al minimo col disastroso episodio precedente, continuando invece il discorso da lui cominciato con Il risveglio della forza

Fin da subito si concentra sul dualismo-attrazione tra Rei (Daisy Ridley), la jedi dalle origini sconosciute che ha scoperto in se un potere immenso che ancora non sa gestire e Kylo Ren (Adam Driver), il figlio di Ian Solo e di Leyla Skywalker. passato però dalla parte dei Sith (il lato oscuro della forza) dopo aver compiuto una terribile azione.

Tralasciando le faraginose dinamiche interstellari (poco credibili in realtà in tutti e tre gli episodi della nuova serie, al contrario, Lucas era molto più tecnico e dettagliato nello scrivere le introduzioni, gli intrighi e la sceneggiatura) Abrams puntella la sua storia poggiandosi sui due protagonisti e sulle loro facoltà speciali. Cerca di adottare il loro punto di vista e scommette sul loro dialogo scontro, sulle loro reciproche fragilità. Star Wars: L’ascesa di Skywalker è il film della nuova trilogia con più duelli di spada laser, tra l’altro ben girati, in belle location, suggestive, che avvengono sempre tra Rei e Kylo Ren, che si rincorrono per tutto il film cercando l’uno la debolezza psicologia dell”altro, in quanto cercano di convertirsi reciprocamente e non possono fare a meno di essere attratti l’un l’altro come fossero legati dal campo magnetico di due poli opposti tra loro.

Sono i loro poteri psichici, il loro legame a distanza e ravvicinato a caratterizzare la parte più convincente del film. Belle anche le dinamiche degli scontri e i nuovi poteri di “materializzazione” che essi scoprono di avere solo quando lottano tra loro. In quel momento lo spazio si annulla, come se si trovassero in una dimensione a se stante (questa una delle innovazioni più interessanti del film). Daisy Ridley e Adam Driver danno tutto quello che possono pur di far riemergere la storia dalla confusione in cui era precipitata nel secondo episodio e riescono dare corpo ed espressività alle loro figure. Poi Abrams ci mette molto del suo mestiere.

Per costruire la sua storia e tenere altra l’attenzione dello spettatore egli si inventa una “caccia al tesoro“, replicando il meccanismo narrativo da lui già utilizzato in Il risveglio della Forza: se lì Rei doveva cercare gli indizi che l’avrebbero portata nell’isola in cui stava Luke Skywalker, suo futuro mentore, qui, invece la meta da raggiungere è un altra. Si tratta del luogo in cui risiede la vera essenza del lato oscuro della forza, dove un antico e potentissimo nemico attende che si compia il destino di Rei.

Con queste premesse eclatanti, promettendo un’epica meta finale agli spettatori e sconvolgenti rivelazioni, il regista scandisce le tappe del viaggio che sono intervallate di continui scontri, fughe, oggetti da trovare per andare avanti. Stesso ritmo dinamico e veloce di Il risveglio della Forza. In molti passaggi il film è superficiale, ma Abrams svia abilmente l’attenzione con luoghi esotici, pianeti sconosciuti, mostri bizzarri, citando sotto questo aspetto la vecchia saga di Lucas.

Certo, i difetti di trama non mancano: ci si inventa dal nulla un cattivo, un pianeta, una schiera di seguaci, queste solo alcune delle idee tirate fuori dal cilindro. A guardare con attenzione si capisce che sono state inserite all’ultimo momento per rattoppare un’intreccio con parecchi buchi; ma Abrams fa del suo meglio e compie l’intelligente scelta di introdurre molti personaggi nuovi e utilizzarli subito per tenere accesa la miccia dell’attenzione. Mossa intelligente anche quella di trascurare personaggi secondari che magari erano stati introdotti nel secondo episodio di questa nuova trilogia, che pur comparendo non davano niente alla trama e vengono per questo scartati. A ben vedere è come se il film di Rian Johnson non esistesse. Praticamente non viene preso in considerazione, tanto che si può consigliare, a chi si accinge a guardare adesso la nuova saga dall’inizio, di saltare l’episodio di mezzo, assolutamente inconcludente al livello di trama, tranne che per pochi scarni avvenimenti. La stessa figura di Luke Skywalker come guida è più convincente in questo terzo episodio, che non in quello precedente, in cui sarebbe dovuta essere cruciale. In questo film Abrams ripropone il tema della tentazione del lato oscuro, nonché quello dei legami di sangue (in questo cita l’Impero colpisce ancora). Il dialogo a distanza tra Kylo e Rei tra l’altro somiglia a quello tra Luke e Darth Vader.

Come si diceva L’ascesa di Skywalker non è particolarmente originale o dirompente, ma Abrams porta a casa il risultato: riesce “ricucire lo strappo nella forza” e a confezionare un film che tutto sommato scorre. Si poteva fare di più? Non vi sono dubbi. Se l’Ascesa di Skywalker è il migliore film della nuova trilogia, bisogna ammettere che complessivamente la saga poteva essere costruita meglio fin dall’inizio. Il secondo film ad esempio avrebbe potuto introdurre molti più elementi, in vista del secondo, anticipando e introducendo a poco a poco fasi, concetti e svolgimenti di trama che in questo terzo film vengono buttati dentro tutti insieme, quasi a stordire lo spettatore far sì che non si renda conto che ci sono parecchie cose che non vanno nella storia.

La figura di Lord Snoke ad esempio appare a posteriori assolutamente inutile e pretestuosa. In fondo Abrams mantiene la cautela del primo episodio e rimane coerente con il Risveglio della Forza. Molti si aspettavano brio e creatività da parte di Rian Johnson nel secondo episodio, elementi che sono mancati in Gli ultimi Jedi, in cui si crea un gran caos con stravolgimenti di fronte improbabili e repentini (suggestiva solo la battaglia sul campo di sale).

In conclusione cerchiamo di rispondere alla domanda che tutti si stano ponendo: vale la pena vedere L’ascesa di Skywalker? La nostra risposta è sì, perché è il miglior film della nuova saga. Soprattutto segna un ritorno, sebbene forzato e “furbastro”, alla coerenza: un ritorno ai personaggi di questo nuovo universo. Lo sforzo da parte di Abrams c’è stato. Non sarà lo Star Wars che ci aspettavamo, ma segna comunque una conclusione che può dirsi sufficientemente accettabile e riporta alla memoria, a tratti, il sense of wonder della storica saga che tutti noi conosciamo, anche se come si diceva il settimo, l’ottavo e il nono episodio rimarranno sempre i meno convincenti dell’epopea di Star Wars, per molti aspetti un corpo ad esso estraneo.

Sarà interessante seguire il corso degli spin off, che potrebbero mostrare nuove sorprese, come lo sono stati Rogue One e Star Wars: A Solo Story (sebbene non molto apprezzato dal pubblico).

Francesco Bellia